Le edicole funebri necessitano di un titolo edilizio?

14 Mag 2013
14 Maggio 2013

 L’art. 94, c. 1, D.P.R. 10.09.1990 n. 285 (Regolamento di polizia mortuaria), adottato in esecuzione del R.D. 27.07.1934 n. 1265 (Testo Unico Leggi sanitarie), prevede che: “I singoli progetti di costruzioni di sepolture private debbono essere approvati dal sindaco su conforme parere della commissione edilizia e del coordinatore sanitario della unità sanitaria locale competente”.

 

Di conseguenza, un’interpretazione strettamente letterale della disposizione sembrerebbe escludere per le opere funebri l’applicazione del D.P.R. 380/2001, ritendo sufficiente che il progetto edilizio sia approvato dal Sindaco su conforme parere della commissione edilizia e della ASL/ULSS competente: “L’attività edilizia all’interno dei cimiteri è regolata, in via primaria, non dalla normazione urbanistica, ma dalle norme del regolamento di polizia mortuaria (D.P.R. 10.09.1990 n. 285 e successive modificazioni), e, in via secondaria, non dagli strumenti urbanistici generali, ma dal piano regolatore cimiteriale che. ogni Comune è tenuto ad adottare (cfr. ex multis Cass. Sez. III 02.06.1983 n. 451, TAR Sicilia-Catania 18.02.1981 n. 86, TAR Abruzzo-Pescara 04.12.1989 n. 534, TAR Toscana 03.05.1994 n. 176, TAR Calabria-Reggio Calabria 06.04.2000 n. 304). Pertanto, per lo svolgimento di attività edilizia all'interno dei cimiteri anche da parte dei privati non occorre il rilascio di alcuna concessione edilizia, essendo sufficiente il giudizio da parte del Sindaco di conformità del progetto alle prescrizioni edilizie contenute nel piano regolatore cimiteriale e non dalle norme comuni in tema di edilizia ed urbanistica” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 04.06.2004, n. 9187), confermando quanto già in precedenza asserito dalla Cassazione penale, sez. III, nella sentenza del 10.01.1990 secondo cui: “L'attività edilizia all'interno dei cimiteri, essendo regolata in via primaria dal regolamento di polizia mortuaria e, in via secondaria, dal piano regolatore cimiteriale, non è compresa nell'ambito di applicazione della legge n. 10 del 1977 e successive modificazioni”.

 

Ma è davvero così? In realtà, la citata disposizione del regolamento di polizia mortuaria non sembra escludere ex se la necessità di un titolo edilizio, specificando soltanto la competenza del Sindaco in materia, conformandosi alla normativa prevista negli anni novanta in campo edilizio (questo perché il regolamento risale al 1990).

 

La giurisprudenza più recente, infatti, sembra richiedere uno specifico titolo edilizio in quanto le edicole funebri realizzate dai privati all’interno del cimitero, non sono ex se opere pubbliche e, di conseguenza, non costituiscono attività edilizia libera ex art. 7, lett. c, D.P.R. 380/2001: “Cappelle, edicole e tumuli, invece, come già scritto autonomamente realizzabili dagli assegnatari dei suoli, eventualmente riuniti in confraternite, risultavano privi di siffatta connotazione in quanto primariamente destinati al soddisfacimento di specifici, 'individuati' interessi singolari (quelli degli assegnatari cui la loro realizzazione era affidata), pur avendo, in una prospettiva complessiva e finale, un apprezzabile rilievo sociale: non si trattava, dunque, di opere 'stricto sensu' pubbliche, come tali esonerate dalla necessità di uno specifico titolo edilizio in applicazione dell'art. 7, lett. c), d.p.r. n. 380 del 2001 (a norma del quale <<Non si applicano le disposizioni del presente titolo per: [...] c) opere pubbliche dei comuni deliberate dal consiglio comunale, ovvero dalla giunta comunale, assistite dalla validazione del progetto, ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554>>).

4.3 Legittima, per conseguenza, la valutazione della loro abusività effettuata dal Comune” (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 13.03.2013, n. 575).

 

Conferma indiretta di ciò deriva anche dalla sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa, sez. giurisd., 10.06.2009, n. 534 che, con riferimento agli oneri di costruzione ex art. 9, c. 1), lett. f.) l. 10/1977 (trasfuso nel vigente art. 17, c. 3, lett. c), D.P.R. 380/2001) afferma la loro debenza non trattandosi di opere pubbliche: “Non è esentato dal pagamento degli oneri di urbanizzazione il titolo edilizio rilasciato ad una Confraternita per la realizzazione di una cappella cimiteriale, poiché difettano i presupposti oggettivi e soggettivi, necessariamente concorrenti, in base ai quali l'art. 9, lett. f) l. n. 10 del 1977 riconosce il beneficio della gratuità, la cui "ratio" è quella di agevolare l'esecuzione di opere destinate al soddisfacimento di interessi pubblici. Dal punto di vista soggettivo, infatti, le confraternite non perseguono un interesse generale ricadente sull'intera collettività, bensì particolare siccome afferente ai propri associati e quindi ad una determinata categoria di persone; dal punto di vista oggettivo, invece, l'opera in questione non è annoverabile tra le opere di urbanizzazione che l'ultima parte dell'art. 9, lett. f) l. n. 10 del 1977 individua come quelle realizzate dal privato in attuazione di uno strumento urbanistico”).

 

Anche il T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, sez. I, nella sentenza del 26.01.2010, n. 26, giunge alle medesime conclusioni seppur con un ragionamento diverso: “Quanto alla necessità del titolo edilizio in ordine al progetto della cappella funeraria, la legittimità del regolamento comunale discende sia dal principio di sussidiarietà, che si è illustrato prima, sia da evidenti considerazioni sistematiche.

Infatti, il tenore della disciplina del DPR 380/01 è tale da attrarre nella sua sfera di applicazione ogni genere di trasformazione edilizia dei suoli e dunque non si vede quale tipo di ragione, in diritto o anche di esigenza di interesse pubblico, dovrebbe comportare una eccezione per gli edifici funerari, peraltro soggetti alla disciplina delle norme tecniche dell’edilizia, in funzione antisismica, che sono disciplinate pur sempre dal medesimo DPR 380/2001 (art. 52 e ss. ed in particolare artt. da 83 in poi).

A ben vedere, l’unica sostanziale ragione secondo la quale parte ricorrente sostiene la estraneità della disciplina in materia rispetto a quella generale, starebbe in una sostanziale specialità del DPR 285/1990, che esaurirebbe in sé la disciplina applicabile, con la conseguenza che l’autorizzazione del sindaco in esso prevista costituirebbe l’unico titolo esigibile per la costruzione del manufatto a servizio votivo dei defunti.

Si deve dare atto che tale argomentazione è fondata sulle conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza più risalente (TAR Sicilia Catania, 18.02.1981, n. 88; Cassazione Penale, sez. III, 02.03.1983) e che, peraltro, anche pronunce recenti hanno mantenuto (TAR Campania, Napoli, 9187/2004).

Tuttavia, il Collegio deve sottoporre a revisione critica l’orientamento appena richiamato: invero, la “specialità” del regolamento di igiene di cui al DPR 285/1990, che trae il proprio vigore dalle norme di cui al testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27.07.1934, n. 1265, artt. da 337 a seguire, non esclude la necessità del titolo edilizio, quando il regolamento locale lo richiede.

Invero, l’art. 94 del DPR 285/1990, che prevede che i singoli progetti di costruzioni di sepolture private debbono essere approvati dal sindaco su conforme parere della commissione edilizia e del coordinatore sanitario della unità sanitaria locale competente, ha ad oggetto l’esercizio del potere di controllo della corrispondenza del progetto con le previsioni del piano regolatore del cimitero di cui agli artt. 54 e ss. del medesimo decreto, e quindi richiama, nella disciplina territoriale, all’esercizio dei poteri di controllo delle attività di trasformazione del territorio che, come si è visto, sono da ritenersi strutturalmente propri delle competenze comunali ai sensi del Dlgs 267/2000, collocandoli all’interno di un quadro generale costituito dalla regolamentazione del piano regolatore cimiteriale.

Ne consegue che l’art. 94 cit. va interpretato nel senso che non istituisce un procedimento tipico o nominato: il Comune, pertanto, ben può riservare, in via regolamentare, l’esercizio del summenzionato potere di controllo alla disciplina procedimentale propria del DPR 380/2001, assicurando uniformità di presupposti, procedimenti e condizioni all’esercizio del potere di controllo delle trasformazioni edilizie del territorio, sia in area cimiteriale che all’esterno di essa, con la conseguenza che è legittima la previsione regolamentare locale che assoggetta l’edificazione nel suolo cimiteriale alle più garantite procedure di autorizzazione proprie della disciplina edilizia generale di cui al DPR 380/2001 ed alla conseguente disciplina (oneri concessori, termini di inizio e fine lavori e così via)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Calabria n. 26 del 2010

TAR Puglia Lecce n. 575 del 2013

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