L’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione per le opere pubbliche o di interesse generale, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, ai sensi dell’art. 17 n. 3 lett. C del D.P.R. n. 380/2001

20 Mar 2013
20 Marzo 2013

La questione è esaminata dalla sentenza del TAR Veneto n. 296 del 2013: "viene in discussione la tematica dell’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione per le opere pubbliche o di interesse generale, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, ai sensi dell’art. 17 n. 3 lett. C del D.P.R. n. 380/2001. Lo sgravio contributivo in esame esige il concorso di due presupposti, e cioè, uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale, e l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale, ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico, purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio (Cons. Stato n. 2226/2005).
Il fine dell’applicazione della norma, fondata dunque sul presupposto oggettivo della natura delle opere e su quello soggettivo della qualità dell’ente realizzatore, è chiaramente quello di assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, nel senso che la gratuità della concessione si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente. Va poi evidenziato che la disposizione sopra riportata deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto introduce ipotesi di deroga alla regola generale (art. 16 del D.P.R. n. 380/2001) che assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio, in relazione agli oneri che la collettività, in dipendenza di esse, è chiamata a sopportare. Le opere per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri concessorii devono, dunque, rivelare innanzitutto un carattere direttamente satisfattivo dell’interesse della collettività, di per sè stesse – poiché destinate ad uso pubblico o collettivo – o in quanto strumentali rispetto ad opere del genere anzidetto, o comunque perché immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente realizzatore. Il beneficio della gratuità della concessione richiede poi che l'opera avente le suddette caratteristiche sia realizzata da un soggetto istituzionalmente competente, sia cioè realizzata dall'ente per il perseguimento dei suoi fini istituzionali, e cioè per la cura di quegli interessi a lui affidati e che ne rappresentano la ragion d'essere. Ciò premesso, nel caso di specie, entrambi i requisiti di ordine soggettivo e oggettivo non appaiono sufficientemente integrati. Quanto al requisito di ordine soggettivo, si è detto che il legislatore richiede che le opere – ammesse allo sgravio contributivo - siano realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, con la conseguente necessità che sussista un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie. Deve cioè trattarsi di attività compiuta da un concessionario, o più in generale da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di attività d'interesse generale. Ebbene, nel caso in esame, i permessi di costruire in questione sono stati rilasciati, in attuazione del piano integrato di riqualificazione urbanistica edilizia ed ambientale (P.I.R.U.E.A.), per la realizzazione, a totale cura e spese della Fondazione Cassamarca, in area di sua proprietà, della c.d. “cittadella delle istituzioni”, ovvero di un complesso edilizio composto da edifici di varia destinazione, fra cui, per quanto interessa il presente ricorso, da edifici da destinare ad “uffici di enti p ubblici anche economici, uffici di aziende speciali per la gestione dei servizi pubblici locali, uffici di società di capitali costituite o partecipate da enti pubblici”.
Ora, innanzitutto, la Fondazione Cassamarca, in quanto fondazione, è un soggetto dotato di personalità giuridica di diritto privato, che secondo il vigente ordinamento, sebbene privo di scopo di lucro, non è preposto alla realizzazione di opere pubbliche, persegue interessi non pubblici ma privatistici, e non agisce per conto di alcun ente pubblico, difettando qualsiasi collegamento organizzativo-funzionale o giuridicamente rilevante con l’apparato della Pubblica Amministrazione.  In proposito il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3774/2005, ha stabilito che le fondazioni, per tali ragioni, di regola, non possono beneficiare dell’esonero dal contributo di costruzione a norma dell’art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001. In particolare, poi, la Fondazione Cassamarca persegue, in base al suo statuto, “scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico preminentemente nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte, della sanità, della conservazione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, delle attività culturali..dell’immigrazione”. Considerata la natura degli scopi perseguiti, appare difficile farvi rientrare la realizzazione di opere pubbliche, ed è ancor più arduo cogliere un nesso con la realizzazione di edifici da destinare a sedi di pubbliche amministrazioni. Per cui non risulta che la Fondazione Cassamarca possa vantare una “competenza istituzionale” specifica con riferimento alla realizzazione di opere pubbliche o di opere edilizie del tipo di quelle realizzate nel caso di specie.
Inoltre, tra il Comune di Treviso e la Fondazione Cassamarca non è configurabile l’esistenza di un rapporto neppure latamente assimilabile ad una concessione o ad un appalto di opera pubblica, in quanto, come condivisibilmente osservato dalla difesa dell’amministrazione, la Fondazione non ha ricevuto un previo incarico da parte di un ente pubblico per realizzare per suo conto una nuova sede istituzionale, avendo invece, prima realizzato una determinata volumetria con  destinazione “direzionale pubblico”, in attuazione di un progetto di P.I.R.U.E.A. adottato su sua proposta, e poi ricercato gli occupanti (nel caso di specie, Prefettura, Questura, Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, Polizia di Stato, etc.) ai quali sono stati concessi in locazione i locali. Infine, si osserva che l’applicazione dell’esenzione dal contributo di costruzione al caso in esame, non sarebbe coerente con lo scopo dell’esenzione che, come detto, è quello di non far gravare sulla collettività il peso di tale contributo attraverso un maggior costo dell’opera pubblica. Viceversa, nel caso di specie, il costo dell’opera, compreso il contributo di costruzione, rimane interamente a carico di Appiani s.r.l. e della Fondazione Cassamarca. Non si tratta, dunque, di spese che possono ricadere sulla collettività. Deve concludersi, pertanto, che, quantomeno sotto il profilo soggettivo, non sussiste nel caso in esame il presupposto della speciale qualità dell’ente realizzatore, richiesto dalla legge per la concessione del beneficio invocato".

sentenza TAR Veneto 296 del 2013

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