Se l’immobile è abusivo, la gestione al suo interno di un servizio per conto del comune non crea alcun affidamento
Un immobile in zona agricola viene abusivamente traformato in canile, gestito in convenzione col comune e l'USL, consapevoli dell'abuso edilzio.
Dopo un tira-molla di otto anni (evidentemente comodo anche al comune) il comune ordina la rimessione in pristino.
Il TAR Veneto, con la sentenza n. 1554 del 2012 ritiene corretta l'ordinanza ripristinatoria: "Deve essere rigettato anche il secondo motivo. Con esso si sostiene come l’ordinanza di rimessione incida, sostanzialmente, su un “affidamento” del ricorrente e, in ciò, rilevando come nel caso di specie sia decorso un periodo pari a otto anni
tra la prima ordinanza di sospensione lavori e il provvedimento impugnato con il presente ricorso.
In relazione a quanto affermato da parte ricorrente va evidenziato come la sottoscrizione della Convenzione (e anche le eventuali proroghe) non possono essere poste a fondamento dell’affidamento del privato e, ciò, anche considerando come essa stessa fosse diretta a garantire l’esperimento di un servizio pubblico di fondamentale rilievo per la comunità in cui incide.
Di qui anche laddove risultino provate le successive proroghe della Convenzione di cui si tratta è indubitabile che esse nulla attengano all’abuso edilizio contestato. Sul punto va comunque rilevato come appaia verosimile la tesi del Comune, laddove evidenzia come dette proroghe erano finalizzate all’individuazione di quella soluzione alternativa che avrebbe permesso all’Amministrazione di impedire una qualunque interruzione del servizio così gestito.
Deve essere rilevato, infatti, come il potere dell’Amministrazione di perseguire gli abusi edilizi, sia l’espressione di un potere generale a tutela della collettività di cui all’art. 27 del Dpr 380/2001 e, in quanto tale, impegna in qualunque tempo l’Amministrazione nel perseguire gli abusi riscontrati e, ciò, a prescindere o meno dall’esistenza di rapporti negoziali con le parti coinvolte.
Come insegna un costante orientamento al quale questo Collegio ritiene di aderire (T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 7 maggio 2012, n. 828) “la repressione degli abusi edilizi costituisce un obbligo per l'Amministrazione, non residuando in capo alla medesima alcuna discrezionalità a fronte dell'accertamento della violazione delle relative norme. Pertanto, il provvedimento di demolizione non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione del medesimo con gli interessi privati coinvolti, né una motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendosi neppure ammettere l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione della situazione di fatto abusiva, in quanto la medesima non è suscettibile di legittimazione in ragione del trascorrere del tempo (si veda anche Cons. Stato Sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2592)”.
3. Per un ulteriore orientamento giurisprudenziale, in assenza di un’inerzia che abbia fatto insorgere un effettivo affidamento del privato, l’ordine di demolizione non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi pubblici coinvolti. Il presupposto per l’adozione dell’ordinanza di demolizione è costituito soltanto dalla constata esecuzione dell’opera in difformità del titolo abilitativo od in carenza dello stesso, con la conseguenza che, ove ricorrano tali requisiti il provvedimento è sufficiente motivato (Tar Umbria n. 197 del 30/05/2012)".
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