Se un’opera va demolita per il vincolo paesaggistico, non si può salvare applicando la monetizzazione prevista dagli artt. 33 e 34 del DPR 380 in materia edilizia
Lo precisa la sentenza del TAR Veneto n. 54 del 2013.
Il caso esaminato dal TAR è quello di una veranda che:
- è stata realizzata senza alcun titolo abilitativo in area sottoposta a vincolo paesaggistico;
- con provvedimento del 15 ottobre 2010 è stata esclusa dal condono, in quanto realizzata oltre il 1° ottobre 1983;
- con provvedimento dell’8 agosto 2011 ne è stata ordinata la demolizione ai sensi del 1° comma dell’art. 167 del D.lgs. n. 42/2004;
- con provvedimento del 12 giugno 2012 ne è stata negata la compatibilità paesaggistica, costituendo la stessa aumento di volume;
- con provvedimento del 12 giugno 2012 è stata ritenuta non sanabile, anche per contrasto della stessa con le NTA del PRG;
- è stata oggetto di un nuovo ordine di demolizione del 18 luglio 2012.
Scrive il TAR: "Ne consegue che ai ricorrenti non può che essere applicata la sanzione della rimessione in pristino, ai sensi dell’art. 167, comma 1, del D.lvo n. 42/2004, non essendo prevista una sanzione pecuniaria in alternativa alla demolizione, bensì soltanto la “rimessione in pristino” a spese del trasgressore, sanzione alla quale quest’ultimo è sempre tenuto in caso di violazione degli obblighi e degli ordini disciplinati dalla legge di tutela del vincolo paesaggistico. Per contro, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria è prevista, dal comma 5 dell’art. 167 del D.lvo n. 42/2004, come mera eventualità con riferimento all’ipotesi in cui, a seguito di specifica istanza formulata dal soggetto interessato, l’amministrazione accerti la “compatibilità paesaggistica” degli interventi effettuati. Nel caso in esame, l’autorizzazione paesaggistica è stata necessariamente negata, ai sensi dell’art. 167 comma 4 lett. a), avendo la nuova costruzione determinato un aumento di volume. Per quanto riguarda la violazione dell'art. 33 D.P.R. n. 380 del 2001 e la dedotta impossibilità di demolire senza danneggiare la restante parte del fabbricato, il Collegio rileva come tale norma si applichi ai casi di "interventi di ristrutturazione edilizia realizzati in assenza di permesso di costruire o in totale difformità" e non sia in alcun modo applicabile alle misure demolitorie ordinate ai sensi dell'art. 167, comma 1, D.Lgs. n. 42 del 2004. Pertanto, poiché l’unica sanzione applicabile alla fattispecie era quella del ripristino dello stato dei luoghi, è evidente che la richiesta dei ricorrenti di una istruttoria tecnica, diretta a verificare la sussistenza delle condizioni per l’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria, non poteva trovare ingresso".
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