In materia di distanze dai confini si applica lo jus superveniens

04 Feb 2014
4 Febbraio 2014

Cosa succede in una causa civile riguardante la distanza di una costruzione dai confini se nel frattempo cambiano le regole del PRG sulle distanze dai confini?

La Suprema Corte di Cassazione, sez. II, nella sentenza del 09.08.2013 n. 19142 afferma che l'art. 9, comma 1, punto 06 - Distanza dai Confini - delle NTO del P.I. di Verona  deve essere interpretato ed applicato alla luce del principio dello jus superveniens (tale articolo delle NTO stabilisce che: “Distanza dai confini: rappresenta la lunghezza minima tra il filo di fabbricazione di una costruzione e la linea di confine della proprietà; è rappresentata dal raggio della minima circonferenza avente centro in uno dei due elementi e tangente all’altro. Ai fini della presente norma, il filo di fabbricazione, è dato dal perimetro esterno delle pareti della costruzione, con esclusione degli elementi decorativi, dei cornicioni, delle pensiline, dei balconi e delle altre analoghe opere, aggettanti per non più di 1,50 m; sono inclusi nel perimetro anzidetto i "bow window", le verande, gli elementi portanti verticali in risalto, gli spazi porticati, i vani semiaperti di scale ed ascensori. Tale valutazione si applica anche ai piani interrati, nel caso in cui sia stabilita, per questi, una distanza ai sensi delle presenti disposizioni. 

Salvo che non sia diversamente stabilito dalle presenti norme, tale distacco viene fissato in via generale, ad esclusione della Città storica, in mt. 5,00. 

Salvo che non sia esplicitamente escluso o diversamente disciplinato dalle presenti norme o dai PUA, fermo restando, salvi i casi puntualmente disciplinati dal PI e dai PUA, il rispetto delle distanze minime inderogabili tra fabbricati previste dal D.M. 1444/68, è sempre ammessa l’applicazione delle norme civilistiche sulla distanza dai confini, sulla sopraelevazione e sulla prevenzione ai sensi degli artt. 873 e ss. c.c., con la conseguenza che è consentito al preveniente costruire sul confine, ponendo il vicino, che intenda a sua volta edificare, nell'alternativa di chiedere la comunione del muro e di costruire in aderenza (eventualmente esercitando le opzioni previste dagli art. 875 e 877, comma 2, c.c.), ovvero di arretrare la sua costruzione sino a rispettare la maggiore intera distanza imposta dallo strumento urbanistico”) 

Nello specifico si legge che: “L'art. 885 cod. civ. è volto a consentire al proprietario che vi abbia interesse la facoltà di utilizzare il muro comune e costituisce una lex specialis nel senso che introduce una deroga sia al normale regime della comunione sia al normale regime della accessione; infatti, l'esercizio di detta facoltà, non essendo subordinata al consenso dell'altro comproprietario del muro, da luogo ad una proprietà separata ed esclusiva della sopraelevazione, la quale appartiene al comproprietario che per primo abbia innalzato il muro comune. Tale disposizione non interferisce con (e non deroga alla) disciplina dettata in materia di distanze legali che ha la funzione di evitare intercapedini dannose tra fabbricati (normativa codicistica) e anche di tutelare l'assetto urbanistico di una data zona e la densità degli edifici in relazione all'ambiente (disciplina regolamentare, richiamata dall'art. 873 cod. civ.)” (...) “La previsione, consentendo espressamente l'edificazione in aderenza, deroga, evidentemente, per il suo carattere di specialità, alla generale disciplina in materia di distanze dal confine, escludendo l'applicabilità, quando esistano fabbricati sul confine, della norma generale della variante” nonché: “L'art. 9 comma primo 06 del Piano di intervento approvato dal Comune di Verona, con Delib. C.C. 23 dicembre 2011, n. 91 in attuazione di quanto previsto dalla L.R. n. 11 del 2004, art. 17, lett. C) stabilisce, in tema di distanza dai confini, fra l'altro, ...". Salvo che non sia esplicitamente escluso o diversamente disciplinato dalle presenti norme o dai PUA, fermo restando, salvi i casi puntualmente disciplinati dal PI e dai PUA, il rispetto delle distanze minime inderogabili tra fabbricati previste dal D.M. n. 1444 del 1968, è sempre ammessa l'applicazione delle norme civilistiche sulla distanza dai confini, sulla sopraelevazione e sulla prevenzione ai sensi dell'art. 873 c.c. e segg., con la conseguenza che è consentito al preveniente costruire sul confine, ponendo il vicino, che intenda a sua volta edificare, nell'alternativa di chiedere la comunione del muro e di costruire in aderenza (eventualmente esercitando le opzioni previste dall'art. 875 c.c. e dall'art. 877 c.c., comma 2), ovvero di arretrare la sua costruzione sino a rispettare la maggiore intera distanza imposta dallo strumento urbanistico".

A stregua di tale normativa, deve comunque ritenersi legittima la costruzione del terzo piano, edificata dai convenuti in soprelevazione del preesistente manufatto realizzato in aderenza (oggetto della domanda di cui al capo 1 dell'atto di citazione indicato nell'esposizione della sentenza impugnata), giacche assume rilievo decisivo la verifica della conformità della costruzione alle previsioni urbanistiche attualmente vigenti, eventualmente più favorevoli di quelle esistenti al momento della realizzazione del manufatto.

Se, d’altra parte, anche i resistenti hanno convenuto sulla legittimità delle edificazione in base a tale normativa , appare del tutto inutile verificare la denunciata illegittimità della costruzione alla luce della pregressa normativa, posto che non è stata pronunciata alcuna domanda di risarcimento del danno conseguente alla suddetta sopraelevazione”. 

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza Cassazione Civile 19142 del 2013

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