Spetta alla ditta dimostrare che non è privilegiata rispetto alla altre

26 Mar 2014
26 Marzo 2014

 Nella stessa sentenza n. 327/2014 il Collegio sottolinea che la possibile posizione di vantaggio da parte di una ditta che partecipa ad una gara pubblica non esclude ex se la stessa dalla procedura, ma impone soltanto alla medesima la dimostrazione di non essere stata privilegiata rispetto alle altre partecipanti: “L’indicata e teorica posizione di vantaggio, però, non determina una automatica esclusione della concorrente, ma determina, secondo la pacifica giurisprudenza, una inversione dell’onere probatorio, ossia il concorrente “privilegiato” deve dimostrare, in concreto, di non essersi avvantaggiato della sua posizione conoscitiva ai fini dell’offerta (Corte di Giustizia delle Comunità europee 3 marzo 2005 nelle cause riunite C-21/03 e C34/03).

Il principio è stato poi ripreso anche dal Consiglio di Stato che ha precisato la necessità di evitare che vi sia una “differente posizione di partenza” nella partecipazione alla procedura di scelta, che dia luogo ad un indebito vantaggio per l’impresa aggiudicataria ( Cons. St. Sez. V, 10 agosto 2010, n. 5535).

Quindi, appare dirimente, il fatto che l’ing. Zuccolo ha avuto la possibilità di acquisire ed entrare in possesso di una serie di dati ed informazioni necessarie alla predisposizione del piano della sicurezza che, però, non sono state tutte riversate e formalizzate nel piano, o meglio non risultano messe a disposizioni di tutti i concorrenti, né lo stesso ha dichiarato formalmente di non avere ulteriori informazioni in merito all’opera da realizzare, oltre a quelle già indicate nel piano per la sicurezza.

In altri termini, il principio espresso, intende conformare le diverse posizioni dei concorrenti impedendo che una migliore e singolare conoscenza dei dati, comunque attinenti alla gara, assunti per un precedente e particolare rapporto con la stazione appaltante possa, in qualche modo, favorire il concorrente nella predisposizione dell’offerta.

Né si può, ragionevolmente, sostenere che tale principio riguardi esclusivamente il divieto, per chi ha assunto incarichi di progettazione, di partecipare alle gare per la concessione o per gli appalti di lavori pubblici, perché la partecipazione ad una procedura selettiva, di qualunque natura, deve essere informata anche dalle disposizioni di cui all’art. 2 del dlgs 163/2006, volte a garantire la non discriminazione e la par condicio tra i candidati, anche sotto il profilo conoscitivo.

E’ pertanto onere del concorrente che, in qualche modo, ha partecipato a pregressi progetti, comunque attinenti alla gara, quello di dimostrare che le conoscenze pertanto acquisite non hanno pregiudicato la regolarità della stessa né, peraltro, è sufficiente rappresentare la residualità e marginalità del precedente rapporto con la stazione appaltante, perché i dati conosciti ed informativi acquisiti, ma non partecipati, possono ingenerare il sospetto che tali cognizioni hanno avuto un significativo ruolo nell’aggiudicazione della gara.

In altre parole.

E’ necessaria una formale attestazione che i dati eventualmente acquisiti, in ragione di pregessi rapporti con la stazione appaltante, sono stati tutti partecipati agli altri concorrenti, ovvero che non sussiste una tale situazione di vantaggio.

La mancanza di una tale previsione normativa è superata dall’insegnamento giurisprudenziale comunitario riportato che ha ritenuto opportuna una inversione dell’onere probatorio in capo al soggetto che risulterebbe favorito dal precedente rapporto conoscitivo.

Quindi, è necessario considerare che i motivi di esclusione per confusione tra progettista ed esecutore indicati nell’art. 90 dlgs 163/2006, devono essere letti in combinato con l’art. 2 del codice dei contratti, in uno con la riferita inversione dell’onere probatorio.

Ciò non significa una generalizzata e indistinta interpretazione estensiva o analogica a scapito della ritenuta applicazione rigorosa e rigida della norma.

Tale costruzione dommatica deve calarsi e confrontarsi proprio con la concreta evenienza della gara e del suo oggetto così come previsto nel bando.

Nel caso in esame la peculiarità dell’opera urbanistica, cui è collegato il servizio di ingegneria oggetto di gara, comporta che non può essere sottovalutato il momento conoscitivo utilizzato da un concorrente per predisporre il piano di sicurezza di un’opera di significativo impatto sociale”.

 dott. Matteo Acquasaliente

Quando l’aggiudicazione può avvenire con il sorteggio?

26 Mar 2014
26 Marzo 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 13 marzo 2014 n. 327, dichiara che, se in una gara da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa vi è una situazione di parità tra i concorrenti, l’aggiudicazione avviene con il sorteggio: “Preliminarmente il Collegio deve scrutinare l’eccezione di inammissibilità del ricorso, avanzata dalla resistente e dal controinteressato, per difetto di interesse del ricorrente, atteso che lo stesso è risultato graduato al secondo posto, pari merito con un altro concorrente ed il Consiglio di Stato, nell’ordinanza n.4333/2013, è dell’opinione che tale evenienza impedisca, in ogni caso, l’aggiudicazione.

Osserva il Collegio che nel caso di specie deve trovare applicazione l’istituto dell’offerta migliorativa, così come contenuta nel regolamento di contabilità generale dello Stato (R.D. n. 827/1924), tutt’ora vigente, indipendentemente dal suo espresso richiamo nei bandi di gara, perché, la citata norma, non è stata abrogata, né implicitamente, né esplicitamente dalla successiva normativa in materia di appalti.

Conseguentemente, nel caso di offerte valutate con stesso punteggio, nella impossibilità di svolgere l’esperimento migliorativo che, comunque, da un lato meglio risponde al principio generale della libera concorrenza e, dall’altro, consente all’amministrazione di ottenere la prestazione oggetto dell’appalto alle migliori condizioni di mercato - l’art. 77 del R.D. n. 827/1924 esclude tale procedura solo “ove nessuno di coloro che fecero offerte uguali sia presente, o i presenti non vogliano migliorare l’offerta” (TAR Sicilia, Sezione III Palermo, 19 gennaio 2007, n. 165) -, la stazione appaltante deve individuare l’aggiudicatario attraverso il sorteggio (cfr. C.G.A. 19 marzo 2002, n. 144 e 15 febbraio 2005, n. 61).

Quindi, rilevato che la ricorrente è stata graduata ex equo con un’altra concorrente, se al momento dell’aggiudicazione, difettassero offerte migliorative, sarà compito della stazione appaltante procedere al sorteggio per individuare l’aggiudicatario”. 

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 327 del 2014

Il condono edilizio non esclude il pagamento dell’indennità per la violazione paesaggistica

25 Mar 2014
25 Marzo 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 362 del 2014.

Scrive il TAR: "4. E', infatti, noto che il provvedimento sanzionatorio emanato ai sensi dell’art. 15 della L. 1497/1939 trovi fondamento in una normativa diversa da quella prevista nelle leggi sul condono edilizio, inserendosi in un autonomo procedimento in cui intervengono altre Amministrazioni, titolari di interessi diversi, seppur connessi, con quello urbanistico, precipuamente finalizzati alla tutela dell'ambiente, del paesaggio e del territorio, nonché alla repressione di eventuali abusi.

4.1 Detta ricostruzione trova conferma anche in una recente pronuncia del Consiglio di Stato (Sez. IV, 26-11-2013, n. 5615) nella parte in cui ha sancito che, in presenza di abusi edilizi, l'oblazione di cui agli artt. 31 ss., l. 28 febbraio 1985 n. 47, e l'indennità prevista dall'art. 15, l. 29 giugno 1939 n. 1497 trovano disciplina in normative differenti che delineano procedimenti autonomi nei quali intervengono differenti autorità titolari di interessi finalizzati alla tutela dell'ambiente. Si è così previsto che “pertanto l'indennità è dovuta anche in caso in cui sia intervenuto il condono edilizio delle opere abusive ricadenti in zone paesaggisticamente vincolate, per le quali l'autorità preposta alla tutela del vincolo abbia espresso parere favorevole (Conferma della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli, sez. VII, n. 1881/2008)".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 362 del 2014

Spettano al G.O o al G.A. le controversie relative ai contributi pubblici?

25 Mar 2014
25 Marzo 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. III, nella sentenza del 20 marzo 2014 n. 386, con riferimento alla procedura per l’ottenimento di aiuti agli investimenti delle nuove PMI giovanili di cui al bando approvato con delibera della Giunta Regionale Veneto n. 2762 del 2009 afferma che: “In tema di riparto di giurisdizione in materia di sovvenzioni e contributi pubblici, rilevano infatti i normali criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione sulla scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al Giudice Ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca, decadenza, risoluzione, purché essi si fondino sull'asserito inadempimento, da parte del beneficiario, alle obbligazioni assunte a fronte della concessione del contributo.

Il privato vanta invece una situazione soggettiva di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del Giudice Amministrativo, se la controversia riguarda una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, e se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (così Consiglio di stato Ad. Pl. n° 6 del 2014, TAR Veneto III n° 1596 del 2012)”. 

dott. Matteo Acquasaliente

 TAR Veneto n. 386 del 2014

La circolazione dei veicoli è una competenza dirigenziale e non sindacale

25 Mar 2014
25 Marzo 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 19 marzo 2014 n. 352, conferma quanto commentato nel post del 22.04.2013, ovvero che spetta al Dirigente e non al Sindaco l’adozione dei provvedimenti in materia di circolazione dei veicoli: “In tema di disciplina della circolazione nei centri abitati rientrano nelle competenze della dirigenza comunale, ai sensi dell’art. 107 del TU delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (che, appunto, attribuisce “ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale”), i provvedimenti che, adottati in esecuzione degli atti di indirizzo emanati dalla Giunta, siano diretti a regolamentare le aree destinate al parcheggio a pagamento, a nulla rilevando che l’art. 7 del codice della strada attribuisca la predetta materia al Sindaco e che i provvedimenti in questione non risultino specificamente indicati nell'art. 107, III comma del del DLgs n. 267 del 2000, attesa la natura meramente esemplificativa dell'elenco contenuto in tale disposizione: la competenza già del Sindaco in tema di disciplina della circolazione deve, quindi, ritenersi attratta nella competenza propria del dirigente di settore, in quanto si tratta di funzioni di gestione ordinaria (cfr. TAR Veneto, I, 3.4.2013 n. 494; ord. 20.12.2013 n. 683; Cass. civ., II, 9.6.2010 n. 13885)”. 

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 352 del 2014

I commi 2 e 3 dell’art. 9 del DM 1444/68 si riferiscono esclusivamente alle zone urbanistiche contrassegnate come zone “C)” e non alle zone classificate come “B)”

24 Mar 2014
24 Marzo 2014

Il TAR Veneto, con al sentenza n. 364 del 2014 afferma che i commi 2 e 3 dell'articolo 9 del DM 1444 del 1968 si riferiscono esclusivamente alle zone urbanistiche contrassegnate come "C" e non a quelle "B": "5. Deve essere respinto anche quanto contenuto nel sesto motivo nell’ambito della quale si sostiene che risulterebbe violato l’art. 9 comma 3 del DM del 02/04/1968, nella parte in cui prevede la necessità che siano rispettate le distanze minime tra fabbricati, tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli. 

5.1 Sul punto risulta dirimente constatare l’inapplicabilità di detta disposizione al caso di specie e, in ciò, considerando come i comma 2 e 3 dell’art. 9 si riferiscono esclusivamente alle zone urbanistiche contrassegnate come zone “C)”, fattispecie pertanto estranea ai
manufatti, come quello in esame, che rientra nell’ambito delle zone classificate come “B)”.

geom. Daniele Iselle

sentenza TAR Veneto 364 del 2014

Differenza tra ampliamento e autonoma costruzione

24 Mar 2014
24 Marzo 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 364 del 2014.

Scrive il TAR: "4. Non possono condividersi nemmeno le argomentazioni alla base del quarto e del quinto motivo, nell’ambito dei quali si sostiene che l’intervento assentito non possa qualificarsi come “ampliamento” di una costruzione preesistente, bensì costituisca un’autonoma struttura non in aderenza o in appoggio all’edificio in precedenza edificato. Come conseguenza della qualificazione del manufatto quale “autonoma costruzione”, parte ricorrente deduce il venire in esistenza del mancato rispetto della distanza di 10 metri, limite sancito dal DM del 02/04/1968.

4.1 Con riferimento a dette eccezioni va in primo luogo evidenziato che, contrariamente a quanto asserito, l’esame degli elaborati del progetto permette di rilevare l’esistenza, non di una pensilina, bensì di una vera e propria terrazza calpestabile, con funzione di unire lastruttura preesistente e quella in costruzione. 

4.2 Detta circostanza, unitamente all’utilizzo di impianti comuni, consente di rilevare l’inesistenza del carattere autonomo del  manufatto da ultimo progettato.

4.3 Va, inoltre, considerato applicabile quell’orientamento giurisprudenziale, già fatto proprio da questo Tribunale (T.A.R. Veneto
Venezia Sez. II, Sent., 07-11-2012, n. 1347), nella parte in cui ha sancito che..” per ampliamento consentito si deve intendere un'estensione materiale del fabbricato preesistente, realizzata, dunque, mediante la costruzione di un corpo edilizio contiguo al preesistente, non importa se in aderenza, in appoggio o in sopraelevazione”.

4.4 Una volta ricondotta l’opera in questione alla fattispecie dell’”ampliamento”, e non all’autonoma costruzione, è possibile ritenere inapplicabili le disposizioni del DM del 1968 sopra citate, nella parte in cui obbligano al rispetto della distanza minima tra edifici pari a 10 metri. Ne consegue come la censura sopra citata possa ritenersi infondata".

sentenza TAR Veneto 364 del 2014

Non è legittimo motivare un diniego di condono semplicemente affermando l’incompatibilità dei materiali impiegati e per le “rilevanti dimensioni della tettoia”

24 Mar 2014
24 Marzo 2014

Continua la serie delle sentenze del TAR Veneto che giustamente dichiarano illegittimi i provvedimenti in materia di vincolo paesaggistico motivati male.

Si legge nella sentenza n. 331 del 2014: "1. Il ricorso può essere accolto, considerando fondato il secondo motivo e con riferimento all’esistenza di un difetto di motivazione dell’atto impugnato.

2. Il Comune di Venezia, nel provvedimento di rigetto impugnato, si è limitato a sancire l’incompatibilità della tettoia per quanto concerne i materiali impiegati e la “rilevante dimensione” dello stesso manufatto, motivazione che non può non considerarsi apodittica e suscettibile di riferirsi ad una generalità indefinita di manufatti. 

3. Sul punto va ricordato che per un costante orientamento giurisprudenziale la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo è diretta a consentire al destinatario di ricostruire l’iter logico-giuridico in base al quale l’amministrazione è pervenuta
all’adozione di tale atto, nonché le ragioni ad esso sottese; e ciò allo scopo di verificare la correttezza del potere in concreto esercitato, nel rispetto di un obbligo da valutarsi, invero, caso per caso in relazione alla tipologia dell’atto considerato (Cons. Stato, sez. V, 4 aprile 2006, n. 1750; sez. IV, 22 febbraio 2001 n. 938, sez. V, 25 settembre 2000 n. 5069). 

3.1 Si è, altresì, precisato che la valutazione discrezionale dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico deve
essere strettamente riferita ai luoghi in cui il manufatto viene ad incidere con un onere dell’Amministrazione di indicare le specifiche ragioni in relazione alle quali le opere edilizie non si ritengono adeguate (si veda TAR Piemonte n. 1024/2013 e TAR Veneto 1394/2013).

3.2 E’, allora, evidente che una motivazione puntuale deve ritenersi necessaria affinchè siano sempre esternate le ragioni che giustificano la determinazione assunta, non potendo la motivazione espressa in essa esaurirsi in semplici, generiche locuzioni di stile.

4. Nel caso di specie non solo non sussiste alcun riferimento alle caratteristiche dell’ambiente circostante e alla effettiva tipologia dei
materiali utilizzati, ma nel contempo non è possibile evincere quali siano i valori di pregio connessi alla tutela paesaggistica da preservare nel caso in esame, risultando presente una valutazione di incompatibilità riconducibile ai materiali impiegati e “alle rilevanti dimensioni della tettoia”.

4.1 E’ forse utile rilevare che l’incidenza del manufatto in area vincolata non comporta automaticamente l’insanabilità dello stesso, ma obbliga l’autorità competente ad una valutazione di compatibilità ambientale strettamente correlata alle caratteristiche del manufatto e all’ambiente circostante in cui esso incide.

4.2 Si consideri, ancora, come una motivazione più pregnante era richiesta in considerazione delle particolarità della fattispecie esaminata, nell’ambito della quale sussisteva una precedente autorizzazione ambientale del 14 Luglio del 2008 che, a sua volta, legittimava la  realizzazione di alcune modifiche al manufatto, parere quest’ultimo poi confluito in un permesso di costruire le cui opere non erano state effettivamente realizzate.

4.3 Ma una motivazione più articolata sarebbe risultata necessaria anche in considerazione di due ulteriori circostanze. Una prima riconducibile al considerevole tempo decorso tra l’istanza di sanatoria e il successivo diniego (circa 27 anni); una seconda relativa al
contesto paesaggistico/ambientale nel quale si colloca il manufatto di cui si tratta e che, in quanto tale, risulta inserito in un ambito laddove sono presenti ulteriori edifici aventi le medesime caratteristiche costruttive.

4.4 E’ allora evidente che una valutazione di incompatibilità così come sopra ricordata si traduce in un giudizio apodittico e generico, di per sé, difficilmente comprensibile".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 331 del 2014

La Giunta Regionale sulle serre tunnel a campata

24 Mar 2014
24 Marzo 2014
Bur n. 32 del 21 marzo 2014

Materia: Agricoltura

Deliberazione della Giunta Regionale n. 315 del 11 marzo 2014, in relazione alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, art. 44, comma 6 bis. Serre tunnel a campata singola o multipla, sprovviste di opere in muratura, con struttura portante costituita da elementi modulari amovibili e coperture in film plastici rimosse stagionalmente. Individuazione delle caratteristiche costruttive e delle condizioni da rispettare per la loro installazione.

Scarica versione stampabile Deliberazione della Giunta Regionale

Circolare della Funzione Pubblica su ambito oggettivo e soggettivo di applicazione delle regole di trasparenza e degli obblighi di pubblicazione in materia di anticorruzione (legge n. 190/2012)

24 Mar 2014
24 Marzo 2014

Si allega la circolare n. 1/2014 con la quale la Funzione Pubblica si esprime in materia di applicazione delle regole di trasparenza e degli obblighi di pubblicazione dei dati contenute nelle disposizioni in materia di anticorruzione (legge n. 190/2012) e nelle nuove norme sulla Trasparenza delle P.A. (D.lgs n. 33/2013).

Ministero Funzione Pubblica_circolare_1_2014_trasparenza

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