DIA edilizia illegittima: cosa può fare il Comune dopo il 30° giorno

20 Nov 2012
20 Novembre 2012
Segnaliamo la sentenza del Consiglio di Stato n. 5751 del 2012.

Scrive il Consiglio di Stato: "Il modello della d.i.a. edilizia è ‘a legittimazione differita’, sicché l’attività denunciata può essere intrapresa, con contestuale comunicazione, solo dopo il decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione.

Ai sensi dell’art. 23, comma 6, d.P.R. n. 380/2001 l’amministrazione competente, in caso di dichiarazione presentata in assenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, può esercitare il potere inibitorio nel termine di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione, che, a sua volta, deve precedere di almeno trenta giorni l’inizio concreto dell’attività edificatoria. Decorso senza esito il termine per l’esercizio del potere inibitorio, la pubblica amministrazione dispone del potere di autotutela ai sensi degli articoli 21 quinquies e 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Restano inoltre salve, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 241/1990, le misure sanzionatorie volte a reprimere le dichiarazioni false o mendaci, nonché le attività svolte in contrasto con la normativa vigente, così come sono impregiudicate le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo previste dalla disciplina di settore.
Come ha chiarito di recente l’adunanza plenaria (nel risolvere un conflitto sulla natura provvedimentale o meno della d.i.a.), con tali disposizioni in materia di autotutela il legislatore, lungi dal prendere posizione sulla natura giuridica dell'istituto a favore della tesi del silenzio-assenso, ha voluto solo chiarire che il termine per l’esercizio del potere inibitorio doveroso è perentorio e che, comunque, anche dopo il decorso di tale spazio temporale, la p.a. conserva un potere residuale di autotutela.
Tale potere, con cui l’amministrazione è chiamata a porre rimedio al mancato esercizio del doveroso potere inibitorio, condivide i principi regolatori sanciti, in materia di autotutela, dalle norme citate, con particolare riguardo alla necessità dell’avvio di un apposito procedimento in contraddittorio, al rispetto del limite del termine ragionevole, e soprattutto, alla necessità di una valutazione comparativa, di natura discrezionale, degli interessi in rilievo, idonea a giustificare la frustrazione dell’affidamento incolpevole maturato in capo al denunciante a seguito del decorso del tempo e della conseguente consumazione del potere inibitorio (Cons. St., ad. plen., 29 luglio 2011 n. 15).
In sintesi la citata decisione della adunanza plenaria n. 15/2011, pur aderendo alla tesi della natura non provvedimentale della d.i.a., ha ritenuto che, a tutela dell’affidamento dell’autore della d.i.a., decorso il termine di trenta giorni dalla sua presentazione, l’amministrazione che intenda esercitare i poteri di inibizione e controllo non esercitati tempestivamente entro trenta giorni, può farlo a condizione del rispetto del modello paradigmatico del procedimento e dell’atto di autotutela.
Dunque non è contestabile che l’amministrazione conservi poteri di controllo, di inibizione e sanzionatori, se difettano i presupposti per la d.i.a., tuttavia tali poteri vanno esercitati nelle forme dell’autotutela".
 

Esempi di interventi funzionali a una azienda agricola che richiedono il permesso di costruire

19 Nov 2012
19 Novembre 2012

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 1357 del 2012.

I ricorrenti sono proprietari di alcune aree in zona agricola “E”, sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi della L. n.1497/39,  in parte su fascia di rispetto stradale e fluviale. A seguito di un accertamento il Comune verificava la realizzazione delle seguenti opere: a) basamenti in cemento e soprastanti cisterne in acciaio di deposito per vino; b) tettoie in ferro/lamiera; c) deposito di attrezzi agricoli costituito da base in cemento e struttura in ferro/lamiera, opere realizzate in assenza del titolo edilizio ed in assenza della prescritta autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 e, in quanto tali, ritenute abusive.

Gli interessati hanno impugnato l'ordine di demolzione sostendendo, tra l'altro, che le tettoie e i tubi di ferro sono stati acquistati allo scopo di proteggere i materiali e che sarebbero state rimosse quando la regione approverà il piano ai sensi dell’art. 44 comma 3° della L. reg. 11/2004, e  che si tratterebbe di opere necessarie per il normale deposito del fondo agricolo e per evitare pericoli alle persone che non intaccano il paesaggio e il panorama circostante.

Il TAR ha respinto il ricorso con le seguenti considerazioni: "L’esame della documentazione prodotta da parte ricorrente permette di rilevare non solo “l’entità” delle opere che – lo si ricorda – incidono su un’area vincolata, ma nel contempo come esse costituiscano dei manufatti non provvisori e non rimuovibili, idonei a permanere nel tempo e, ciò, come peraltro è desumibile dai materiali di cui sono composti i manufatti di cui si tratta e, quindi, prevalentemente cemento, cisterne in acciaio, tettoie in ferro e lamiera ecc..
Si è pertanto in presenza di opere di opere “stabili”, rigidamente ancorate al suolo che sono suscettibili di durare nel tempo, manufatti che, pertanto, determinano una trasformazione urbanistica dello stato dei luoghi e, in quanto tali, necessitano del rilascio del permesso di costruire (per tutti Consiglio di Stato n. 3490/2006).
4. In considerazione di quanto sopra precisato deve ritenersi applicabile quanto previsto dall’ art. 146 comma 1° e 2° del D.Lgs. 42/2004 nella parte in cui prevede che …”I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. .”.
5. Si deve rilevare in ultimo come siano prive di pregio le argomentazioni di parte ricorrente dirette a sostenere che la finalità delle opere realizzate sarebbe volta alla conservazione dei macchinari e delle apparecchiature, argomentazioni queste ultime, non suscettibili di far venire meno l’illegittimità degli abusi realizzati.
6. Altrettanto priva di pregio è l’argomentazione in base alla quale vi sarebbe l’intento di parte ricorrente - intento dichiarato nel ricorso - di rimuovere i manufatti contestati, in conseguenza dell’approvazione del piano aziendale di cui al comma 3° dell’art. 44 della L. Reg. 11/2004.
Com’è noto il piano aziendale sopra citato costituisce un presupposto (e non l’unico) in base al quale possono in una zona agricola essere autorizzati solo alcune tipologie di interventi, in considerazione delle peculiari attività che si svolgono su dette aree.
Non vi è pertanto nessuna connessione tra la presentazione del piano aziendale e la realizzazione delle opere contestate, la cui abusività deve comunque essere confermata e, ciò, unitamente alla legittimità del provvedimento impugnato".

sentenza TAR veneto 1357 del 2012

Circolare 4536 sul Regolamento del codice degli appalti

19 Nov 2012
19 Novembre 2012

E' stata pubblicata sulla G.U. del 13/11/2012 la circolare 30 ottobre 2012 , n. 4536 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, recante "Primi chiarimenti in ordine all'applicazione delle disposizioni di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 in particolare alla luce delle recenti modifiche e integrazioni intervenute in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. (12A11952)".

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

Il Decreto Legislativo per la lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali

19 Nov 2012
19 Novembre 2012

E' stato pubblicato sulla G.U. del 16/11/2012 il Decreto Legislativo 9 novembre 2012 , n. 192, recante "Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell'articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180. (12G0215)"

Le disposizioni del decreto legislativo si applicano alle transazioni commerciali concluse a decorrere dal 1° gennaio 2013.

Decreto Legislativo 192 del 2012

Il parere negativo della Soprintendenza in sede di Conferenza di Servizi non richiede il preavviso di diniego ex art 10 bis L. 241/90

16 Nov 2012
16 Novembre 2012

La sentenza del TAR veneto n. 1349 del 2012 decide un ricorso col quale è stato impugnato il parere reso, nell’ambito della conferenza di servizi decisoria di cui all’art. 12 del D.lgs 387/2003, dalla Sopraintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, in merito alla realizzazione di un impianto fotovoltaico.

Scrive il TAR: "tale parere non doveva essere preceduto dalla comunicazione ex art. 10 bis legge n. 241/1990, come invece lamentato dalla ricorrente, posto che non costituisce l'atto conclusivo del procedimento autorizzatorio di cui all’art. 12 del D.lgs 387/2003, ma solo un parere vincolante, il quale, benché idoneo (avendo anche determinato uno stallo del procedimento) a radicare un interesse alla sua immediata impugnazione, non costituisce e non sostituisce il provvedimento finale, rispetto al quale solo può concepirsi la necessità della comunicazione ex art. 10 bis legge n. 241/1990".

sentenza TAR Veneto 1349 del 2012

La legge anticorruzione n. 190 del 2012

16 Nov 2012
16 Novembre 2012

Entra in vigore il 28 novembre 2011 la legge 6 novembre 2012, n. 190, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalita' nella pubblica amministrazione".

Legge 190-2012 - norme anticorruzione


Non va escluso il concorrente che presta una cauzione provvisoria insufficiente

15 Nov 2012
15 Novembre 2012

Il T.A.R. Veneto, sez. I, con la sentenza n. 1376/2012 del 14 ottobre 2012, ammette la possibilità di integrare in sede di gara la cauzione provvisoria a corredo dell’offerta ex art. 75 D. Lgs. 163/2006, poiché la “presentazione di una cauzione provvisoria d’importo deficitario non rientra tra le cause di esclusione contemplate all’art. 46, comma 1 bis, del d. lgs. 16372006, e pertanto laddove la cauzione sia incompleta ma non assente, il concorrente dev’essere invitato ad integrarla” (...) “Conseguentemente, non può che ritenersi legittima la decisione della Commissione giudicatrice di riammettere in gara l’offerta presentata dalla società contro interessata, la quale abbia tempestivamente provveduto a integrare la propria polizza fideiussoria”.

 Lo stesso Consiglio di Stato, sez. III, 01 febbraio 2012, aveva già chiarito che: “L'art. 46, comma 1 bis, del codice dei contratti, inserito dall'articolo 4, comma 2, lettera d), del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, ha previsto la tassatività delle cause di esclusione, disponendo che la stazione appaltante può escludere i candidati o i concorrenti solo in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; ma i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione.

L'art. 75, 1° e 6° comma, cod. contr., prescrive l'obbligo di corredare l'offerta di una garanzia pari al due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell'invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell'offerente, a garanzia della serietà dell'impegno di sottoscrivere il contratto e quale liquidazione preventiva e forfettaria del danno in caso di mancata stipula per fatto dell'affidatario.

La norma non prevede, però, alcuna sanzione di inammissibilità dell'offerta o di esclusione del concorrente per l'ipotesi in cui la garanzia in parola non venga prestata; a differenza di quanto prevede, invece, l' 8°comma dello stesso articolo 75, con riferimento alla garanzia fideiussoria del 10 per cento dell'importo contrattuale per l'esecuzione del contratto, qualora l'offerente risultasse affidatario, garanzia che parimenti deve essere presentata unitamente all'offerta.

L'interpretazione giurisprudenziale precedente la novella legislativa era nel senso che, assolvendo la cauzione provvisoria allo scopo di garantire la serietà dell'offerta, essa ne costituisse parte integrante e non elemento di corredo, che la stazione appaltante potesse liberamente richiedere; sicché sebbene non espressamente comminata l'esclusione per il caso di mancato deposito, la ratio della norma così interpretata conduceva a ritenere applicabile la sanzione espulsiva (Consiglio Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3746)

Tuttavia la novella legislativa che ha introdotto il comma 1 bis all'art. 46, impone una diversa interpretazione anche dell'art. 75, che già la giurisprudenza di merito ha fatto propria, valorizzando la diversa formulazione letterale del comma 6, in relazione al comma 8, e rendendo evidente l'intento di ritenere sanabile o regolarizzabile la mancata prestazione della cauzione provvisoria, al contrario della cauzione definitiva, che garantisce l'impegno più consistente della corretta esecuzione del contratto e giustifica l'esclusione dalla gara (TAR Liguria 22.9.2011 n. 1396).

La disposizione dell'art. 75, comma 6, cod. contratti, va, dunque, intesa nel senso indicato dal giudice di primo grado, ovvero nel senso che l'Amministrazione non può disporre l'esclusione del concorrente che abbia presentato la cauzione di importo inferiore a quello richiesto, e in applicazione della regola di cui all'art. 46, comma 1, deve consentire la regolarizzazione degli atti, tempestivamente depositati, ovvero consentire l'integrazione della cauzione insufficiente”.

dott. Matteo Acquasaliente

T.A.R. Veneto, sez. I, 1376 2012

Se scade il termine per la demolizione del’immobile abusivo si verifica l’acquisizione gratuita e non può più essere presentato l’accertamento di conformità

15 Nov 2012
15 Novembre 2012

Lo precisa il TAR Veneto nella sentenza n. 1350 del 2012.

Scrive il TAR: "Questo T.A.R. ha sempre condiviso l’orientamento maggioritario in giurisprudenza per cui la presentazione di una domanda di accertamento di conformità rende inefficace l’ordine di demolizione impartito. Tuttavia, nel caso in esame tale orientamento non è invocabile, essendo diversa la fattispecie di partenza.
Infatti, premesso che oggetto dei provvedimenti impugnati è un immobile ab origine abusivo, realizzato in zona vincolata senza autorizzazioni paesaggistiche e mai sanato, v’è da osservare che le richieste di sanatoria citate dalla ricorrente sono state presentate ben oltre il termine di 90 giorni previsto per provvedere alla demolizione. Infatti, l’ordinanza di demolizione n. 1893 del 7 marzo 2006, mai gravata, recava il termine di legge di novanta giorni per la sua esecuzione, pena le conseguenze, ivi descritte, dell’acquisizione del manufatto al patrimonio del Comune ai sensi dell’art. 31, comma 3 del D.P.R. n. 380/2001. Tale termine era stato inizialmente sospeso fino alla costruzione del fabbricato autorizzato con il permesso di costruire del 22 febbraio 2005. Tuttavia, una volta annullato tale titolo abilitativo è venuta anche a cadere la condizione sospensiva. Di ciò l’amministrazione comunale ne ha dato correttamente atto con il provvedimento del 12 marzo 2007, anch’esso mai gravato, che ha fatto legittimamente decorrere i termini di novanta giorni per la demolizione dalla notifica del decreto provinciale dell’ 11 luglio 2006 di annullamento del permesso di costruire.
Pertanto, al momento della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità del 2 aprile 2007, i termini per la demolizione erano già ampiamente decorsi, con la conseguenza automatica dell’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune dell’opera abusiva e dell’area di pertinenza. Infatti, l’effetto acquisitivo si verifica ex lege alla scadenza dei novanta giorni fissato per l’ottemperanza all’ordine di demolizione, senza che sia necessaria né la notifica all’interessato dell’accertamento dell’inottemperanza, né la trascrizione, in quanto il primo atto ha solo funzione certificativa dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà, costituendo titolo per l’immissione in possesso, mentre la trascrizione serve a rendere opponibile a terzi il trasferimento a norma dell’art. 2644 c.c. .
Il provvedimento qui impugnato del 25 febbraio 2011, che ha dichiarato irricevibile per mancanza di titolarità la domanda di accertamento di conformità presentata da Agricola Maine, ripercorre puntualmente questi passaggi e si basa sul presupposto inconfutabile della intervenuta acquisizione al patrimonio del Comune dell’opera abusiva e dell’area di sedime. I successivi provvedimenti del 27 aprile 2011, del 20 e del 24 ottobre 2011, si è già visto, hanno invece natura meramente certificativa e dichiarativa degli effetti che si sono già prodotti".

sentenza TAR Veneto 1350 del 2012

Cosa succede dopo che il Presidente della Provincia annulla un permesso di costruire ai sensi dell’art. 30 comma 2, della L.R. n. 11/2004

15 Nov 2012
15 Novembre 2012

Le sentenze del TAR Veneto n. 1347 e n. 1350 del 2012 si occupano di un caso che ha avuto notevole risonanza a Vicenza.

Con un decreto dell’ 11 luglio 2006, la Presidente della Provincia di Vicenza, esercitando il potere conferitole dall’art. 30 comma 2, della L.R. n. 11/2004, aveva disposto l’annullamento di un permesso di costruire, sul presupposto del contrasto di quest’ultimo con l’art. 27 delle n.t.a. del p.r.g. comunale per le zone rurali, avendo l’intervento edilizio ad oggetto una nuova costruzione, come tale vietata dal citato art. 27; inoltre, il permesso di costruire era stato rilasciato in violazione del regime di salvaguardia posto dal Piano d’Area dei Monti Berici, adottato con D.G.R. del 10 marzo 2000.

L'annullamento è intervenuto quando l'edificio era stato quasi completato.

Con la sentenza n. 1347, il TAR respinge il ricorso contro l'annullamento provinciale, esaminando varie questioni interessanti.

In primo luogo il TAR esclude che la legge applicata sia costituzionalmente illegittima: "La ricorrente sostiene che il legislatore regionale, attribuendo al Presidente della Provincia, e dunque ad un organo politico, il potere di annullamento dei permessi di costruire illegittimi, avrebbe violato l’art. 117, comma secondo, lett. p) e comma terzo, unitamente agli artt. 3 e 97 della Costituzione. In proposito, articola il seguente ragionamento: se tra i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale (nel rispetto dei quali le regioni possono legiferare nelle materie di competenza concorrente) va annoverato anche quello relativo alla ripartizione delle competenze tra organi di governo e dirigenti degli enti locali (v. art. 107 del testo unico enti locali approvato con d.lgs. n. 267/2000, nonché art. 4 del testo unico del lavoro alle dipendenze della P.A., approvato con d.lgs. n. 165/2001); se tale principio garantisce il buon andamento e l’imparzialità dell’attività della P.A.; se sulla base di tale principio gli atti di gestione devono essere assunti da organi tecnici, restando attribuiti a quelli politici solo gli atti di indirizzo e controllo politico – amministrativo, allora, contrasta con tale principio di rilevanza costituzionale l’attribuzione, da parte di una legge regionale, ad un organo politico come il Presidente della Provincia, di un potere di amministrazione attiva, come quello di annullamento dei permessi di costruire rilasciati dai comuni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi.
La tesi, pur astrattamente corretta nelle premesse, non appare convincente nelle conclusioni.
Al riguardo si osserva, in primo luogo, che l’art. 39 del D.P.R. n. 380/2001 ha attribuito genericamente alla regione il potere di annullamento dei titoli abilitativi rilasciati dal Comune. La Regione Veneto, in base all’art. 119 2° comma, con l’art. 30 comma 2 della L.R. n. 11/2004, ha poi delegato tale potere alla Provincia, individuando l’organo in concreto competente. In particolare, il legislatore regionale ha scelto di attribuire tale potere all’organo politico di vertice della Provincia.
Non si ravvedono ragioni d’incostituzionalità in tale scelta legislativa. Infatti, va considerato, in primo luogo, che il potere conferito al Presidente della Provincia è un potere straordinario di annullamento per soli motivi di legittimità. Va poi osservato che il modello di organizzazione fondato sulla separazione tra politica e amministrazione non è così rigido da non tollerare contiguità, al contrario, vi possono sempre essere dei momenti di contatto fra le due sfere. In particolare, nella sfera delle funzioni politiche rimesse agli organi di governo, accanto alle funzioni d’indirizzo politico-amministrativo, possono coesistere, in quanto compatibili con esse e con il modello direzionale, anche dei poteri eccezionali di annullamento degli atti dirigenziali per motivi di legittimità. Si tratta, infatti, di funzioni sostitutive o di controllo poste a salvaguardia del principio di legalità, necessarie a preservare l’unità dell’ordinamento, che non comportano l’adozione diretta di scelte di amministrazione attiva. Si pensi al potere ministeriale di annullamento degli atti dei dirigenti per motivi di legittimità, previsto dall’art. 14 comma 3 del D.lgs. n. 165/2001; ovvero, proprio in materia di legislazione sugli enti locali, al potere governativo di annullamento degli atti illegittimi emessi dagli enti locali. Potere, quest’ultimo, che costituisce il corrispettivo, in ambito statale, del potere di annullamento dei permessi di costruire attribuito dall’art. 39 del D.P.R. n. 380/2001 alla Regione.
In conclusione, si deve allora ritenere che l’attribuzione al Presidente della Provincia, da parte dell’art. 30 comma 2 della L.R. n. 11/2004, del potere di annullamento per motivi di legittimità dei permessi di costruire, sia compatibile con i principi fondamentali dell’ordinamento ed in particolare con il modello organizzativo fondato sulla separazione di competenze fra la struttura politica e la struttura gestionale e amministrativa".

La Presidente della Privincia aveva ritenuto esistente un interesse pubblico prevalente alla conservazione dell’integrità della zona e al mantenimento del suo pregio ambientale e storico architettonico, che va oltre il mero interesse al ripristino della legalità violata. Sul punto scrive il TAR: "La ricorrente in proposito sostiene anche che non spetterebbe alla Provincia la competenza ad intervenire per la tutela del bene ambientale e paesaggistico, spettando essa alla Soprintendenza del Ministero per i beni e le attività culturali.
Al riguardo si osserva che la tutela dei beni paesaggistici spetta in cogestione a tutti gli enti pubblici, come previsto dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e paesaggistici), che all’art. 1 stabilisce che siano non soltanto lo Stato, ma anche le Regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale (costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici, art. 2) e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione.
Pertanto è legittimo che la Provincia sia intervenuta per salvaguardare l’interesse alla conservazione del bene ambientale e paesaggistico presente sul suo territorio".

La sentenza 1350 esamina varie questioni collegate al diniego di accertamento di conformità emanato dopo l'annullamento provinciale, all'ordine di demolizione del fabbricato e al verbale di accertamento della inottemperanza. Per una questione di rilevanza generale, pubblichiamo un post separato.

sentenza TAR Veneto 1347 del 2012

sentenza TAR Veneto 1350 del 2012

Direttiva ministeriale su attività commerciali e artigianali in aree pubbliche ed esigenze di tutela del patrimonio culturale

15 Nov 2012
15 Novembre 2012

Segnaliamo la Direttiva 10 ottobre 2012 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, recante "Esercizio di attività commerciali e artigianali su aree pubbliche in forma ambulante o su posteggio, nonché di qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale".

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