Attenzione a qualificare una demoricostruzione come ristrutturazione edilizia…
Il TAR Milano ha affermato che nella ristrutturazione demoricostruttiva (comprendente interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche) il criterio della continuità costruttiva, in termini di riconducibilità all’organismo preesistente (che si sostituisce a quello, più restrittivo, dell’identità dei fabbricanti ante e post intervento), non incontra il limite della “fedele ricostruzione”, essendo sufficiente la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente quanto a sagoma, superfici e volumi.
Post di Alberto Antico – avvocato
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Si pensi solo al fatto, come differenza sostanziale, che :
– stante al principio ormai consolidato per cui la domanda di sanatoria legittima i soggetti interessati, se effettuata entro dati termini, a seconda che:
• emerga una opera abusiva realizzata senza permesso di costruire o in totale difformità da esso, e in tal caso il termine è quello di 90 giorni dall’ordinanza di demolizione;
• oppure emergano interventi abusivi di ristrutturazione cd. “pesante” priva di permesso o in totale difformità da esso, e in tal caso il termine finale è quello del ripristino degli edifici in conformità alle prescrizioni degli strumenti urbanistico-edilizi entro il congruo termine stabilito dal dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale con propria ordinanza (decorso il quale l’ordinanza stessa è eseguita a cura del comune e a spese dei responsabili dell’abuso, art. 33 comma 1 cit.) e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative.
Per cui solo per primo caso, trascorso il termine di 90 giorni, l’immobile sarà acquisito di diritto al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 31, comma 3 TUE: situazione che preclude in modo definitivo qualsiasi istanza di regolarizzazione.
Non ho detto che la sentenza autorizzi esplicitamente i grattacieli, ma il mio era un modo per sottolineare un fatto: se basta conservare “caratteristiche fondamentali” senza più preoccuparsi della fedeltà ricostruttiva, allora chi stabilisce fin dove ci si può spingere? La linea tra ristrutturazione e nuova costruzione diventa sempre più sottile… e guarda caso, certi interventi mastodontici vengono oggi etichettati come semplici “ristrutturazioni”. Altro che garage: presto basterà un capanno per tirar su un palazzo, in nome dell’interpretazione evolutiva dell’art. 3. A quel punto non serviranno neanche più i piani attuativi: basterà un rendering e una buona narrativa.
E poi ci si stupisce se l’urbanistica finisce nei tribunali…
Certamente- Il Tar dimentica che: il proprietario di un’area non può costruire perché il terreno è destinato a servizi, può vendere il suo diritto edificatorio. Chi compra lo può sommare ad altri diritti fino a raggiungere cubature molto grandi e costruire un grattacielo. Magari con una circolare affermare che non c’è bisogno di piani attuativi, soprattutto nelle aree storiche della città, quelle con una struttura stabile, costruite secondo i piani del passato.
Indirettamente mi pare che il Tar, dia ragione alla progetto di legge “salva milano”, nella interpretazione autentica dell’art. 3, c. 1 , let.d) del Dpr n. 380/2001.
In sintesi, la sentenza afferma che, nella ristrutturazione demoricostruttiva, non è necessario mantenere un’identità perfetta tra l’edificio vecchio e quello ricostruito. L’importante è conservare gli elementi fondamentali, come forma e dimensioni, e non è necessario un intervento di “fedele ricostruzione”.
“Vuol dire che si può passare direttamente da un garage a un grattacielo residenziale, senza valutare le conseguenze di un’operazione simile”; presentando la costruzione di edifici di decine di piani come ristrutturazioni.
Ma ha letto la sentenza ?
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