Tipologie e caratteristiche della VIA postuma
Il TAR Napoli ha affermato che la VIA presuppone la fedele rappresentazione da parte del richiedente che fotografi lo stato dei luoghi prima della progettata trasformazione, al fine di consentire alla P.A. di valutare adeguatamente gli effetti significativi derivanti dalla realizzazione e dall’esercizio del progetto sui fattori ambientali.
In materia di cd. VIA postuma ex art. 29, co. 3 d.lgs. 152/2006 può distinguersi tra VIA postuma “patologica” e “fisiologica”: la prima riguarda i casi di realizzazione di un progetto senza la previa VIA, pur essendo questa prescritta dalla legge applicabile ratione temporis; la seconda attiene ai casi in cui il progetto era realizzato nella vigenza di un contesto normativo che non imponeva lo svolgimento della VIA che, tuttavia, è poi richiesta in caso di modifica dell’opera o di rinnovo del relativo titolo autorizzativo. Sulla differenza tra i due tipi di VIA postuma, si veda anche la nota del Ministero della transizione ecologica, Direzione generale valutazioni ambientali, prot. n. 43387 del 04.04.2022.
La VIA postuma consente di portare a conclusione una fase già avviata, realizzando il bilanciamento di interessi rispetto a quella parte dell’intervento che ha già determinato una modifica sull’ambiente: essa non può trovare applicazione in caso di inizio di nuove attività. L’istituto della prosecuzione dei lavori o dell’attività in corso del procedimento di VIA postuma assume natura doppiamente eccezionale: in primo luogo, è già eccezionale la possibilità di ottenere la VIA di un progetto successivamente all’avvio della realizzazione del progetto stesso; si configura poi come un’ulteriore ipotesi di eccezione al sistema quella per cui, in corso di ottenimento della VIA postuma, sia consentito al richiedente di proseguire nello svolgimento dei lavori o delle attività già intraprese.
La VIA postuma non può sanare la carenza dei titoli abilitativi eventualmente necessari per la realizzazione di un progetto, in quanto non assegna alla P.A. preposta alla tutela dell’ambiente alcun potere di sostituzione delle autorizzazioni che siano di competenza di altre PP.AA.
Post di Alberto Antico – avvocato
rrent_user_can(access_s2member_level1)] Si legge nella sentenza n. 2861 del 2025: “Il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti sono infondati. Non costituisce oggetto di contestazione l’assoggettamento del progetto alla valutazione di impatto ambientale e, peraltro, tanto risulta dalla determinazione dirigenziale della Regione Campania n. 242 del 18.10.2021 avente ad oggetto un impianto di stoccaggio di rifiuti pericolosi e messa in riserva e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno. In tale provvedimento si legge infatti che il progetto prevede adeguamenti impiantistici finalizzati all’installazione di un impianto di frantumazione dei rifiuti di alluminio con relativo sistema di abbattimento delle polveri emesse in atmosfera ed è prevista, inoltre, la posa in opera di un sistema di trattamento delle acque reflue di dilavamento piazzale da installare nella zona scoperta destinata allo stoccaggio dei rifiuti ferrosi, prima dell’immissione nel collettore fognario comunale con tecnologia di trattamento combinata disoleatore - chimico fisico. Orbene, come noto, la valutazione di impatto ambientale (Via) è configurata dal legislatore come una procedura amministrativa di supporto per l'autorità competente finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un'opera, il cui progetto è sottoposto ad approvazione ed autorizzazione. In linea generale, la Via costituisce un giudizio di compatibilità ambientale naturalmente preventivo che, necessariamente, riguarda un elaborato progettuale non ancora realizzato ed ancora pienamente modificabile in vista del conseguimento dei risultati prefissati dalla disciplina ambientale (Corte cost. n. 209 del 2011; n.120 del 2010). In altri termini, trattasi di un procedimento di valutazione ex ante degli effetti prodotti sull'ambiente da determinati interventi progettuali, il cui obiettivo è proteggere la salute umana, migliorare la qualità della vita, provvedere al mantenimento della specie, conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema, promuovere uno sviluppo economico sostenibile (cfr. art. 3, direttiva n. 85/337/CEE e successive modifiche apportate dalla direttiva n. 97/11/CE; T.a.r. per la Campania, Napoli, sez. V, n. 3567/2023). E’ evidente che tale valutazione ex ante presuppone una fedele rappresentazione dello stato dei luoghi da parte del privato richiedente, che fotografi lo stato di fatto dei luoghi prima della progettata trasformazione, al fine di consentire all’amministrazione di valutare adeguatamente gli effetti significativi derivanti dalla realizzazione e dall’esercizio del progetto sui fattori ambientali, così come definiti all’art. 5, comma 1 lettera c), del codice dell’ambiente. Ebbene, l’amministrazione ha documentato che, in sede di prima seduta della conferenza di servizi del 17.1.2022, il tecnico delegato a rappresentare la società ricorrente presentava il progetto “a farsi” con l’ausilio di diapositive in power point (allegato n. 5 alla produzione del 14.6.2023). In quella occasione, come riportato nel verbale della conferenza di servizi del 17.1.2023 (cfr. atti depositati il 14.6.2023), dalle immagini satellitari risalenti al mese di settembre 2022 emergeva che le opere previste in progetto (in particolare, camera insonorizzante e tubazione in acciaio del camino a servizio dell’impianto di trattamento delle polveri) risultavano già realizzate in gran parte, nonostante fosse in corso il procedimento di Paur – Via; in quella sede il predetto incaricato dichiarava peraltro che le opere, sebbene non in funzione, erano state eseguite senza alcuna autorizzazione. La realizzazione pressoché completa dell’impianto veniva confermata da Arpac all’esito del sopralluogo datato 8.2.2023. Non persuade la tesi di parte ricorrente secondo cui la valutazione di impatto ambientale non era dovuta nella fase embrionale in cui si trovava il progetto, in quanto l’impianto in questione non sarebbe stato completato, non risultando collegato agli impianti elettrico ed idrico e, in ogni caso, in quanto non funzionante, ciò che escluderebbe possibili rischi di natura sanitaria, ambientale o per il patrimonio culturale. In senso contrario, va rilevato che, come si legge nella determinazione dirigenziale n. 242/2021 di assoggettamento a Via, la verifica di compatibilità ambientale riguardava sia la fase di realizzazione sia quella di esercizio dell’impianto (cfr. pag. 8: “la modifica all’impianto di trattamento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi …non garantisce che in fase di costruzione e in fase di esercizio non si abbiano potenziali impatti ambientali significativi e negative e le condizioni ambientali, così come proposte ed articolate dal proponente, non risultano sufficienti a garantire il controllo dell’effettivo impatto che il progetto potrà avere sui diversi fattori ambientali coinvolti”). In particolare, alcuni dei profili di criticità evidenziati nella valutazione di screening riguardavano proprio taluni profili strutturali e caratteristiche dell’impianto “a realizzarsi” come di seguito riportati: - pag. 5: “lo studio preliminare ambientale non fornisce una descrizione puntuale delle caratteristiche del progetto e delle macchine e/o attrezzature di nuova installazione, come previsto espressamente dal D.Lgs. n. 152/06 all’allegato IV bis alla Parte Seconda. La descrizione del progetto e delle sue componenti durante la fase di esercizio costituisce di fatto un elemento essenziale e sostanziale ai fini della analisi e valutazione degli impatti del progetto sull’ambiente”; - pag. 5: “l’impianto di trattamento e recupero dei rifiuti (frantumatore metallico) dei rifiuti metallici (alluminio) che la Società intende installare … rientra nella categoria dei mulini a martelli stazionari ed è caratterizzato da un articolato e complesso processo di funzionamento. L’impianto, infatti, si compone di numerose sezioni e sottosezioni, per le quali si ritiene necessario un approfondito studio e successiva valutazione degli impatti sull’ambiente”; a riprova di ciò è sufficiente analizzare la planimetria di lay-out dell’impianto … per rilevare che il predetto sistema di trattamento rifiuti metallici presenta uno sviluppo lineare di circa 80 metri e che è suddiviso in 24 parti tecnologiche che di fatto risultano soltanto indicate nella planimetria, ma non risultano illustrate e/o descritte, né nella planimetria, né nello Studio Preliminare Ambientale”; - pagine 7-8: “le ipotesi poste alla base del calcolo dei livelli sonori generati dall’attivazione dell’impianto (rif. §9 della relazione di valutazione di impatto acustico) non consentono di escludere che l’impianto, nella sua configurazione di progetto, possa determinare negativi e significativi impatti sulla componente rumore … Ne consegue che la valutazione dell’impatto acustico non è stata condotta sulla base dell’effettivo quadro emissivo di tipo acustico generato dall’impianto oggetto di modifica”. Il riferimento esplicito ai possibili impatti ambientali derivanti dalla “costruzione” (oltre che dall’esercizio dell’impianto) rende evidente l’imprescindibilità della Via nella fase di avvio dell’attività di installazione del macchinario, tenuto conto dei possibili effetti sull’ambiente che potevano derivare fin dall’assemblaggio e dalla messa in opera dell’impianto che, come riferito dallo staff tecnico amministrativo della Giunta Regionale (cfr. relazione depositata il 14.6.2023), presenta notevoli dimensioni (altezza 8 m, larghezza 7 metri, lunghezza 83 metri, con capacità di 22 tonnellate) ed è localizzato a circa 50 cm dal confine del lotto della società ricorrente, pertanto richiedeva adeguata ponderazione in ordine ai disturbi ambientali in corrispondenza dei recettori limitrofi, sia con riguardo al rumore, sia in riferimento alla emissione in atmosfera di sostanze inquinanti. Neppure persuade l’argomentazione con cui la ricorrente afferma di aver già conseguito un parere di compatibilità ambientale favorevole rilasciato con decreto n. 180 del 13.12.2017 che ha indotto in passato lo Staff Valutazioni Ambientali ad escludere la procedura di Via. Come evidenziato dalla difesa dell’amministrazione, il provvedimento del 2017 riguardava il progetto nella sua configurazione iniziale e non la modifica e l’ampliamento di cui si controverte nel presente giudizio e in relazione ai quali è intervenuta la valutazione di screening con assoggettamento a Via (determina dirigenziale n. 242/2021). Al riguardo, va richiamata la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. II, n. 5379/2020) secondo cui gli atti conclusivi della procedura di screening, seppure connotati da un certo grado di provvisorietà, sono immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori, ovvero dal privato che ritenga immotivato l’aggravio procedurale impostogli. La necessità di sottoporre il progetto a Via si fondava quindi su valutazioni tecnico – discrezionali dell’amministrazione procedente compendiate nel decreto dirigenziale n. 242/2021 che non è stato impugnato e le cui conclusioni non possono essere, pertanto, contestate in questa sede. Alla luce di quanto precede, deve quindi convenirsi con l’amministrazione secondo cui l’avvenuta realizzazione dell’impianto per la quasi totalità (con esclusione dei collegamenti elettrici ed idraulici), benché non in funzione, unitamente alla diversa rappresentazione dello stato di fatto e di progetto, hanno modificato in modo sostanziale l’originario stato dei luoghi non consentendo lo svolgimento della valutazione di impatto ambientale e precludendo una genuina indagine in ordine agli effetti significativi derivanti dalla realizzazione e dall’esercizio del progetto sui fattori ambientali, così come definiti all’art. 5, comma 1 lettera c), del codice dell’ambiente. Unitamente a tale profilo, occorre prendere atto della natura abusiva delle opere realizzate in quanto prive di autorizzazione, per le quali la istante presentava una Scia ex art. 37 del D.P.R. n. 380/2001 annullata in autotutela dal Comune di San Marco Evangelista con ordinanza n. 19/2023, recante anche ordine di demolizione e riduzione in pristino (alcun rilievo riveste, viceversa, la precedente Scia del 18.1.2022 che non riguardava l’impianto di cui si controverte). Al riguardo, occorre evidenziare che la legittimità di tale ordinanza esula dall’oggetto del presente giudizio e non può ritenersi superato il carattere abusivo delle opere né possono trarsi argomenti a sostegno della legittimità dell’impianto dalla ordinanza cautelare di accoglimento n. 911/2023 della sez. VIII di questo T.A.R.. Difatti, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale, le ordinanze cautelari, in quanto prive di contenuto definitivamente decisorio, sono insuscettibili di passare in giudicato, analogamente ai provvedimenti istruttori, interlocutori o di rinvio al ruolo ordinario (cfr. Consiglio di Stato, sez. VII, n. 7136/2024; n. 2847/2015). Un provvedimento di sospensione dell'esecuzione dell'atto amministrativo non fa venir meno l'atto sospeso e nemmeno la sua validità, né esercita una funzione ripristinatoria della situazione precedente, ma soltanto impedisce temporaneamente, e con efficacia "ex nunc", la possibilità di portare l'atto ad ulteriore esecuzione e, per questo, è inevitabilmente condizionato alla conclusione del giudizio. Il provvedimento cautelare, invero, è emanato “con riserva” di accertamento della fondatezza nel merito, onde evitare che la pendenza del giudizio vada a danno dell’attore risultato vittorioso all’esito del giudizio, ed è dunque interinalmente subordinato alla verifica definitiva della fondatezza delle tesi del ricorrente. Gli effetti di carattere sostanziale conseguono solo al passaggio in giudicato della pronuncia di merito favorevole, che è la sola idonea a rimuovere dalla realtà giuridica l'atto con effetti permanenti (Consiglio di Stato, sez. III, n. 2448/2015). Si è quindi osservato, sotto il profilo sistematico, la inconfigurabilità di un “giudicato cautelare”, come emerge anche dall'art. 21 septies della L. n. 241 del 1990, il quale sanziona con la nullità solo ed esclusivamente l'atto che viola, o elude il giudicato sulla sentenza e non anche della pronuncia del giudice che non abbia ancora il carattere della definitività come la pronuncia cautelare. Riguardo, poi, alla percorribilità della Via postuma di cui all’art. 29, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006, valgano le seguenti considerazioni. Tale previsione attribuisce all’amministrazione procedente il potere di valutare - secondo canoni di discrezionalità tecnico-scientifica applicati, nel caso concreto, ai possibili rischi di natura sanitaria, ambientale o per il patrimonio culturale - la sussistenza delle condizioni richieste dalla legge per l’adozione di un provvedimento di assenso esplicito alla prosecuzione dei lavori o delle attività in corso nei casi in cui, tra l’altro, sia mancata la Via. Riprendendo la distinzione formulata dal Ministero della Transizione ecologica in risposta a un interpello ambientale (nota del 4.4.2022, n. 43387), può distinguersi in materia tra una Via postuma “patologica” e “fisiologica”. La prima riguarda i casi di realizzazione di un progetto senza la previa valutazione ambientale, pur essendo questa prescritta dalla legge applicabile ratione temporis. La seconda attiene, viceversa, ai casi in cui il progetto è stato realizzato nella vigenza di un contesto normativo che non imponeva lo svolgimento di valutazioni ambientali, e pertanto è stato realizzato in piena e totale legittimità ma si pone il problema della applicabilità della disciplina e di applicabilità della Via, ad esempio, in caso di modifica dell’opera o di rinnovo del relativo titolo autorizzativo. Nella presente controversia, viene in considerazione la prima fattispecie della Via postuma c.d. “patologica”. In tal caso il comma in esame prevede che l’autorità competente “può consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale”. In tale ipotesi la valutazione dovrà essere del tutto indifferente all'avvenuta realizzazione dell'opera considerando anche un possibile esito negativo: in altri termini, il fatto che il progetto sia già stato realizzato non deve incidere in modo determinante sulla nuova valutazione (Corte di giustizia UE, 26 luglio 2017, C-196/16 e C-197/16). Con note n. 95104 del 29.7.2022 e n. 162302 del 22.12.2012 il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase) ha poi elencato alcuni criteri che le autorità dovrebbero seguire per valutare la possibilità di disporre la prosecuzione delle attività o dei lavori in pendenza del procedimento di Via ex post. Per quanto rileva nel presente giudizio, si è ritenuto necessario che: I) vi siano lavori e/o attività già in essere “poiché dal tenore letterale della norma appare consentita la ‘prosecuzione’, non ‘l’avvio’, dei lavori o dell’attività”; II) il proponente acquisisca “i permessi pareri, nulla osta e/o autorizzazioni” necessari “secondo la normativa/e di settore generali e specifiche per tipologia di intervento” (cfr., in argomento, anche T.A.R. Sardegna, n. 239/2024). Con riguardo al criterio sub I), l’art. 29, comma 3, prevede quindi la possibilità di consentire la prosecuzione, non l'inizio di nuove attività. Ed invero, la tesi contraria collide esplicitamente col tenore letterale dell’art. 29 comma 3 del codice dell’ambiente che menziona espressamente la "prosecuzione" (“può consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale") e tale termine deve intendersi riferito allo stato di fatto in cui si trova il progetto, permettendo di portare a conclusione una fase già avviata, realizzando il bilanciamento di interessi rispetto a quella parte dell'intervento che ha già determinato una modifica sull'ambiente. La norma è infatti chiara nel riferirsi alla "prosecuzione dei lavori o delle attività" e, come è noto, essa assume natura eccezionale nell'ordinamento e deve, perciò, essere interpretata restrittivamente e secondo il rigoroso senso delle parole ivi contenute. Sul piano semantico, tale interpretazione appare confermata dall'utilizzo della congiunzione disgiuntiva "o" tra i concetti di lavori e attività, da riguardarsi perciò autonomamente. Ciò perché, a ben vedere, l'istituto della prosecuzione dei lavori o dell'attività in corso del procedimento di Via postuma assume natura doppiamente eccezionale: in primo luogo infatti, è già eccezionale la possibilità di ottenere la valutazione di impatto ambientale di un progetto successivamente all'avvio della realizzazione del progetto stesso, poiché tale valutazione è, invece, fisiologicamente propedeutica a tale avvio, configurandosi come una ulteriore ipotesi di eccezione al sistema quella per cui, in corso di ottenimento della Via postuma, sia consentito al richiedente di proseguire nello svolgimento dei lavori o delle attività già intraprese. Nessun bilanciamento è invece possibile su attività e lavori non ancora avviati, dato che in questo caso deve prevalere il principio di precauzione e, del resto, anche l'interesse economico dell'imprenditore non verrebbe adeguatamente tutelato se si consentisse l'avvio di nuove linee di intervento che, in ipotesi, potrebbero essere interrotte in caso di esito negativo della valutazione ex post. Quanto al criterio sub II), la prosecuzione dei lavori e delle attività di cui al citato art. 29 comma 3 afferisce a lavori e/o attività conseguenti e correlati unicamente alla fase di valutazione ambientale e non anche alla fase autorizzatoria che appartiene alla competenza di diverse amministrazioni ed investe svariati ambiti disciplinari. Proprio in ragione di ciò, il disposto contenuto nell'art. 29 comma 3 non assegna all'amministrazione ambientale alcun potere di sostituzione delle autorizzazioni necessarie per realizzare e/o porre in esercizio un'opera o un'attività di competenza di altre amministrazioni. Ne consegue che, in caso di caducazione di titoli abilitativi in sede giurisdizionale o di ritiro in autotutela da parte di altre amministrazioni, tale aspetto è ostativo al rilascio di una Via postuma, e risulta quindi inibita la prosecuzione dell’attività. Orbene, nella fattispecie in esame non sussistono i criteri sub I) e II) poiché, per un verso, l’impianto di frantumazione alluminio per il quale si invoca la Via postuma risulta realizzato quasi del tutto, ma è pacificamente ed incontestabilmente inattivo per stessa ammissione di parte ricorrente, quindi non è predicabile alcuna “prosecuzione di attività” richiesta dalla norma. Sotto distinto profilo, la Via postuma non potrebbe superare la carenza dei titoli abilitativi previsti per la installazione dell’impianto di frantumazione di alluminio, posto che la Scia dell’1.2.2023 presentata dalla società ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. n. 380/2001, riferita all’impianto in questione, ha costituito oggetto di annullamento ex art. 29, comma 1, del codice dell’ambiente ad opera del Comune di San Marco Evangelista con ordinanza di demolizione n. 19 del 21.2.2023, allo stato non caducata ma solo sospesa in via cautelare. Ne consegue che, per le ragioni ostative di cui sopra, non risultava percorribile il rilascio della Via ex post. Non è neppure praticabile il rimedio previsto dall’art. 21 decies della L. n. 241/1990, norma introdotta dall’art. 12, primo comma, lett. 1 bis) del D.L. n. 76/2020, convertito dalla L. n. 120/2020. Ai sensi della citata previsione, “In caso di annullamento di un provvedimento finale in virtù di una sentenza passata in giudicato, derivante da vizi inerenti ad uno o più atti emessi nel corso del procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale, il proponente può richiedere all'amministrazione procedente e, in caso di progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale, all'autorità competente ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'attivazione di un procedimento semplificato, ai fini della riadozione degli atti annullati. Qualora non si rendano necessarie modifiche al progetto e fermi restando tutti gli atti e i provvedimenti delle amministrazioni interessate resi nel suddetto procedimento, l'amministrazione o l'ente che abbia adottato l'atto ritenuto viziato si esprime provvedendo alle integrazioni necessarie per superare i rilievi indicati dalla sentenza”. La disposizione in esame consente all’amministrazione, dopo l’annullamento giurisdizionale passato in giudicato di un proprio provvedimento, in conseguenza di vizi inerenti ad uno a più atti emessi nel corso di un procedimento nel caso di un procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale, di intervenire adottando nuovamente gli atti dai quali è derivata l’illegittimità del provvedimento finale, con la salvezza di tutto quanto altrimenti effettuato nel procedimento e cioè attraverso la riadozione dell’atto annullato, cioè che consente di evitare la rinnovazione integrale del procedimento medesimo. Si tratta, dunque, di procedimento di convalida, sia pure a posteriori rispetto all’annullamento, che si giustifica con la idoneità del provvedimento finale a soddisfare un pubblico interesse, idoneità che non viene meno per il fatto che si siano riscontrati dei vizi invalidanti nel corso del procedimento, a condizione che vengano confermate le valutazioni discrezionali favorevoli sottese al provvedimento conclusivo. Secondo la prospettazione di parte ricorrente (che richiama, sul punto, la sentenza di questo T.a.r. per la Campania, Napoli, sez. III, n. 3496/2021), la riemissione del provvedimento è da ritenere possibile non solo in caso di annullamento giurisdizionale, ma anche qualora il provvedimento conclusivo sia stato rimosso dalla stessa amministrazione in sede di autotutela, venendo in rilievo, in entrambe le ipotesi, l’esigenza di dare attuazione ai principi di semplificazione e di economia procedimentale; tale sarebbe il caso in esame in cui, con ordinanza n. 19/2023, il Comune ha proceduto all’annullamento della Scia ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dell’ambiente per inesistenza della Via (“I provvedimenti di autorizzazione di un progetto adottati senza la verifica di assoggettabilità a VIA o senza la VIA, ove prescritte, sono annullabili per violazione di legge”). La tesi di parte ricorrente non ha pregio. Sotto un primo profilo, appare dubbia la qualificazione della Scia in sanatoria ex art. 37 del D.P.R. 380/2001 come provvedimento, il cui annullamento in sede giurisdizionale (o, come ritiene il ricorrente, anche in autotutela da parte dell’amministrazione) consentirebbe l’applicazione del meccanismo di semplificazione disciplinato dall’art. 21 decies. Viceversa, trattasi di una dichiarazione del privato che, secondo la giurisprudenza maggioritaria (T.a.r. per la Campania, Napoli, sez. VIII, n. 5422/2024; T.a.r. per la Sicilia, Catania, n. 3145/2024; Cons. Stato, n. 1708/2023), richiede un provvedimento espresso dell'amministrazione procedente - pena la sussistenza di un'ipotesi di silenzio inadempimento - con applicazione e relativa quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento. Inoltre, il presupposto applicativo del procedimento delineato dall’art. 21 decies è costituito dall’appartenenza dell’atto endoprocedimentale viziato e dal provvedimento conclusivo alla medesima fattispecie procedimentale, tant’è che la previsione fa esplicito riferimento al “provvedimento finale” e ad “atti emessi nel corso del procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale”. Viceversa, nel caso in esame, l’atto di autotutela della Scia e la Via pretermessa non afferiscono al medesimo procedimento e, inoltre, sono imputabili a diverse amministrazioni (Comune di San Marco Evangelista e Regione Campania), pur essendo collegati in quanto le opere segnalate dal privato costituiscono anche l’oggetto della valutazione di compatibilità ambientale. Di contro, il vizio che la ricorrente vorrebbe sanare riguarda la valutazione di impatto ambientale nell’ambito del procedimento di rilascio del Paur ex art. 27 bis del Codice dell’ambiente che, come contestato dall’amministrazione, non si è concluso con un provvedimento conclusivo caducato. Si aggiunga che, anche a voler accreditare la percorribilità del rimedio, l'attivazione del procedimento semplificato previsto dall’art. 21 decies ai fini della riadozione degli atti annullati presuppone, in via generale, la possibilità di emendare i vizi che hanno inficiato l’atto endoprocedimentale caducato; occorre quindi verificare se sia possibile effettuare ex post la valutazione di compatibilità ambientale (la cui omissione ha determinato l’annullamento della Scia ad opera dell’ente locale). Tuttavia, per quanto sopra detto, a tale rinnovazione valutativa ostano la infedele rappresentazione dello stato dei luoghi modificato per effetto della realizzazione dell’impianto prima del rilascio dell’atto autorizzativo e la non percorribilità, per le ragioni illustrate, della Via ex post ai sensi dell’art. 29, comma 3, del codice dell’ambiente. Si tratta, in conclusione, di un vizio ineliminabile e non superabile che preclude la possibilità di procedere alla convalida descritta dal citato articolo. Le considerazioni svolte conducono in definitiva al rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti”. [/s2If]
Questo contenuto è accessibile solo agli abbonati. Se sei abbonato, procedi con il login. Se vuoi abbonarti, clicca su "Come registrarsi" sulla colonna azzurra a destra
Leave a Reply
Want to join the discussion?Feel free to contribute!