Il conferimento di incarichi non autorizzati al dipendente pubblico a tempo pieno: esimente della buona fede

09 Apr 2014
9 Aprile 2014

L’art. 53, c. 6, d.lgs. 165/2001, vieta ai dipendenti della P.A., con rapporto di lavoro a tempo pieno, l’espletamento di incarichi retribuiti, anche occasionali, non compresi nei compiti e nei doveri d’ufficio, salvo che l’incarico sia stato previamente autorizzato dall’Amministrazione di appartenenza.

Diversamente, i dipendenti pubblici a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50%, non necessitano della preventiva autorizzazione dell’Ente datore di lavoro, per poter svolgere un’attività ulteriore, che non sia incompatibile con i doveri d’ufficio.

A tutela del principio di esclusività del pubblico impiego, garantito dall’art. 98 Cost., la legislazione vigente introduce un sistema sanzionatorio particolarmente rigido, fino a colpire il privato, fruitore delle prestazioni del pubblico dipendente in assenza di preventiva autorizzazione: l’art. 53, c. 9, d.lgs. 165/2001, prevede infatti che “gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi”. In caso di inosservanza, si applica una sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti al pubblico dipendente, alla cui irrogazione provvede il Ministero dell’Economia e delle Finanze, avvalendosi della Guardia di Finanza (art. 6, comma 1, D.L. 79/1997, convertito dalla L. 140/1997).

Avverso l’ordinanza-ingiunzione dell’Agenzia delle Entrate, determinante la sanzione, è ammesso il ricorso in opposizione dinanzi al Giudice di Pace competente per territorio, nei termini di cui alla L. 689/1981.

Nel caso di specie, il Giudice di Pace di Bassano del Grappa, pronunciandosi sul ricorso promosso dai titolari di un’officina meccanica che si erano avvalsi delle prestazioni professionali di un “commercialista”, ignorando il suo status di pubblico dipendente a tempo pieno della locale U.L.SS., è giunto ad annullare l’ordinanza-ingiunzione irrogatrice della sanzione pecuniaria, per mancanza dell’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo ex art. 3, l. 689/1981, richiamando la massima della Suprema Corte, per cui “l’esimente della buona fede, applicabile all’illecito amministrativo, rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa solo quando sussistono elementi positivi idonei ad ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e risulti che il trasgressore ha fatto il possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso” (Cass. Civile, sez. II, 06.04.2011, n. 7885). Viene così confermato come l’elemento soggettivo dell’illecito vada escluso in presenza di errore sul fatto non dipendente da colpa: esso è ravvisabile qualora il supposto autore della violazione ritenga di aver posto in essere un comportamento diverso da quello sanzionato, o per errore di fatto (ovvero per imperfetta valutazione della realtà naturalistica) o per errore sulla norma che si assume essere stata trasgredita.

Avv. Dario Meneguzzo

sentenza GDP

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