Ecco perché il G.A. può disapplicare le norme regolamentari
Il Consiglio di Stato, sez. VI, nella sentenza del 14 luglio 2014 n. 3623 conferma il potere del Giudice Amministrativo di disapplicare le norme regolamentari statuendo che: “7.1. Il Collegio osserva preliminarmente che il potere di disapplicazione degli atti regolamentari è principio da lungo tempo recepito dal giudice amministrativo.
“Al giudice amministrativo è consentito disapplicare, ai fini della decisione sulla legittimità del provvedimento amministrativo, la norma secondaria di regolamento, qualora essa contrasti in termini di palese contrapposizione con il disposto legislativo primario, cui dovrebbe dare esecuzione” (Cons. Stato, sez. VI, 29 maggio 2008, n. 2535).
“Il giudice amministrativo, in applicazione del principio della gerarchia delle fonti, può valutare direttamente, attraverso lo strumento della disapplicazione del regolamento, il contrasto tra provvedimento e legge, eventualmente annullando il provvedimento a prescindere dell’impugnazione congiunta del regolamento” (Cons. Stato, sez. VI, 3ottobre 2007, n. 5098).
“Al giudice amministrativo è consentito disapplicare, ai fini della decisione sulla legittimità del provvedimento amministrativo, la norma secondaria di regolamento, qualora essa contrasti con il disposto legislativo primario, del quale è intesa a dare esecuzione” (Cons. di Stato, sez. VI, 12 aprile 2000, n. 2183).
7.2. Ciò premesso il Collegio ritiene di dover ancora preliminarmente osservare che l’istituto della disapplicazione di una norma regolamentare, per la sua intima struttura, non richiede che siano evocate in giudizio le autorità che quel regolamento hanno adottato, perché quell’atto, dopo la pronuncia del giudice, conserva la sua efficacia nell’ordinamento giuridico; la notificazione del ricorso è indispensabile allorquando la pronuncia del giudice elimini dall’ordinamento gli atti impugnati, perché l’autorità emanante ha l’interesse, tutelato dall’art. 24 della Costituzione, alla loro conservazione.
7.3. L’eccezione relativa all’omessa notificazione a tutte le autorità che hanno partecipato alla formazione del Regolamento per la circolazione acquea del Comune di Venezia, a parte le osservazioni dell’appellante, resta superata ove il giudice degradi la richiesta di annullamento a richiesta di disapplicazione, che, come evidenziato al paragrafo precedente, non richiede l’evocazione in giudizio delle autorità emananti.
7.4. La disapplicazione è operazione ermeneutica che può essere compiuta anche d’ufficio dal giudice e, pertanto, non richiede apposita richiesta da parte del ricorrente.
7.5. La deduzione dell’appellato, circa l’impossibilità di operare la disapplicazione del regolamento in assenza di apposita indicazione, così come previsto dall’art. 73, comma 3, Cod. proc. amm., nel caso di specie è irrilevante perché alla questione di diritto ha fatto esplicito riferimento l’appellante nel ricorso in appello: si tratta, quindi, di questione già sottoposta al contraddittorio delle parti, non già rilevata d’ufficio dal giudice.
7.6. Il Collegio osserva preliminarmente che, in sede d’appello, possono esser denunziati, con pertinenti censure, tutti i vizi, che l’appellante ritiene di individuare nella sentenza appellata.
In questa prospettiva l’appellante non può esser privato del bene della vita cui aspira se il giudice di primo grado abbia scelto di adottare una sentenza in forma semplificata, senza pronunciare sulla possibile disapplicazione del regolamento.
Poiché la disapplicazione attiene all’interpretazione delle norme che disciplinano il rapporto controverso, può essere disposta d’ufficio e, quindi, per la prima volta in grado d’appello”.
dott. Matteo Acquasaliente
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