Gli architetti-dipendenti pubblici
Nel caso di specie, un dipendente comunale vinceva un concorso regionale per l’affidamento di un incarico di collaborazione per il supporto ai procedimenti amministrativi connessi all’attuazione del PNRR.
La Regione annullava poi in autotutela il decreto di conferimento dell’incarico, per non essere il tecnico iscritto all’albo degli architetti, secondo una certa interpretazione di una clausola ambigua del decreto ministeriale che aveva disposto detti concorsi.
Il privato si difendeva invocando il peculiare regime applicabile agli architetti che hanno superato l’esame di abilitazione (nel caso di specie, il privato era anche iscritto in passato all’ordine degli architetti), ma che non figurano nel relativo albo in quanto dipendenti pubblici.
Il TAR Veneto ha accolto il ricorso.
Il requisito dell’iscrizione all’albo poteva dirsi appropriato, in termini essenziali e formali, per i “liberi professionisti” aspiranti all’incarico, ma doveva essere valutato ed interpretato, in una logica più sostanzialistica, per gli architetti che operano alle dipendenze di Enti pubblici, considerando che tali soggetti svolgono analoghe funzioni e che, a livello lavorativo, rivestono un ruolo parificato ed equipollente, comprensivo anche di competenze di progettazione.
Post di Alberto Antico – avvocato
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