Sanzioni edilizie: rapporto tra acquisizione gratuita e sanatoria

14 Ago 2014
14 Agosto 2014

Il Consiglio di Stato, nella stessa sentenza n. 4213/2014, si occupa anche del rapporto tra l’acquisizione gratuita e la successiva istanza di sanatoria edilizia.

Dopo aver premesso che “Il Collegio al riguardo ben conosce l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, per quanto attiene al rapporto tra l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'immobile e la successiva presentazione dell'istanza di rilascio della concessione edilizia in sanatoria ai sensi della legge n. 47/85, l'acquisizione gratuita ai beni del Comune di un manufatto abusivo determina una situazione inconciliabile con la sanatoria soltanto quando all'immissione nel possesso sia seguita una delle due ipotesi previste dall'art. 43 della l. n. 47/1985 e cioè, o la demolizione dell'immobile abusivo ovvero la sua utilizzazione a fini pubblici (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 25 ottobre 1993, n. 1080 e 23 maggio 2000, n. 2973). Ciò in forza del principio di cui all'art. 43, comma 1, della legge n. 47/85, ai sensi del quale "l'esistenza di provvedimenti sanzionatori non ancora eseguiti, ovvero ancora impugnabili o nei cui confronti pende l'impugnazione, non impedisce il conseguimento della sanatoria"”, il Collegio afferma che: “L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive realizzate non rappresenta, infatti, un provvedimento di autotutela, ma costituisce una misura di carattere sanzionatorio che consegue automaticamente all'inottemperanza dell'ordine di demolizione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 28 aprile 2014, n. 2196) ed opera di diritto; di conseguenza il provvedimento comunale di acquisizione non soltanto costituisce un atto dovuto, ma ha carattere meramente dichiarativo, in quanto l'acquisizione avviene automaticamente per effetto dell'accertata inottemperanza all'ordine di demolizione.

La scadenza del termine per ottemperare configura il presupposto per l'applicazione automatica della sanzione amministrativa, che consiste nel trasferimento coattivo all'Ente comunale della proprietà sull'immobile non demolito. Scopo evidente di questa sanzione è quello di consentire all'Ente pubblico di provvedere d'ufficio alla demolizione dell'immobile a spese del responsabile dell'abuso, salvo che si accerti in concreto un prevalente interesse pubblico alla conservazione dell'immobile stesso.

Per costante giurisprudenza, è inammissibile il ricorso proposto avverso il provvedimento di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e di acquisizione al patrimonio comunale della costruzione abusiva e dell'area di sedime, nel caso di mancata impugnazione dell'ingiunzione a demolire, per vizi relativi a tale atto, essendo il provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale autonomamente impugnabile solo per vizi propri (cfr. Consiglio di Stato, sezione V, 24 marzo 2011, n. 1793).

Tanto esclude la fondatezza della censura che la valutazione del presupposto legittimante tale acquisizione dovesse nel caso di specie essere rinnovata in sede di adozione dell’atto.

La circostanza che la scelta dell’applicazione del provvedimento sanzionatorio finale, cioè l’acquisizione o la demolizione o l’applicazione della sanzione alternativa pecuniaria, sia effettuata all’atto della conclusione del procedimento non comporta infatti che possa essere rimessa in discussione, in sede di impugnazione del provvedimento conclusivo del procedimento, la legittimità o meno del provvedimento presupposto costituito dall’inottemperato ordine di demolizione.

L’art. 7, comma 3, della l. n. 47/1985 stabilisce che “Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”; il successivo comma 5 dispone che “L'opera acquisita deve essere demolita con ordinanza del sindaco a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali”.

Dette norme configurano come doverosa ed automatica l'ordinanza di acquisizione dell'opera al patrimonio comunale, come conseguenza della mancata esecuzione dell'ordine di demolizione rivolto al responsabile dell'abuso, mentre l'eventualità che il Consiglio comunale possa, con apposita delibera, escludere la necessità di procedere alla demolizione, ravvisando l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al suo mantenimento (e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici), è successiva all'ordinanza di acquisizione e si configura quale alternativa all'ulteriore ordinanza di demolizione in danno delle opere abusive gratuitamente acquisite, che si configura anch'esso come un atto dovuto, questa volta, rivolto agli organi esecutivi comunali preposti a darvi esecuzione.

Gli appellanti non hanno quindi alcun interesse suscettibile di tutela giurisdizionale a censurare tale scelta, comportando entrambe le soluzioni adottabili l’ablazione della proprietà dell’immobile oggetto dell’inottemperato ordine di demolizione (per la ricordata circostanza che l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive realizzate costituisce una misura di carattere sanzionatorio che consegue automaticamente all'inottemperanza dell'ordine di demolizione ed opera di diritto), sicché in tale parte l’appello va valutato inammissibile.

L’altra valutazione discrezionale che in sede di adozione dell’atto conclusivo del procedimento è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione, che è quella relativa alle dimensioni dell’area acquisita, che non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita, non è stata oggetto di impugnazione”.

Infine il Collegio conferma la legittimità di un’acquisizione gratuita priva dell’indicazione esatta dei dati catastali e di estensione dell’immobile da acquisire, purché tali elementi vengano comunque successivamente forniti in un separato provvedimento: “12.1.- Dette censure sono, ad avviso del Collegio, infondate, in quanto in materia edilizia, come ha precisato più volte la giurisprudenza, si può disporre l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale di opere edilizie abusive, pur senza la precisa indicazione delle aree oggetto dell'acquisizione, giacché la detta specificazione non costituisce contenuto essenziale dell'ingiunzione di cui all'art. 7 della l. n. 47/1985, tenuto conto che, ove la relativa ordinanza non specifichi le aree da acquisire al patrimonio comunale, da essa non possono discendere automatici effetti confiscatori, che comunque si verificano dopo l’adozione di un ulteriore atto di individuazione delle aree eccedenti quelle di sedime (cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, 8 aprile 2004, n. 1998).

Il provvedimento con il quale viene disposta l'acquisizione gratuita - costituente titolo per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari - può essere adottato senza la specifica indicazione dell'ulteriore area oggetto di acquisizione, potendosi procedere a tale individuazione anche con un successivo separato atto attuativo, adeguatamente motivato sul punto”.

dott. Matteo Acquasaliente

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