Chissà chi lo sa cos’è la ristrutturazione edilizia: il caso della demolizione con ricostruzione infedele (su diverso sedime)

12 Giu 2025
12 Giugno 2025

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (che in quella regione equivale al Consiglio di Stato) con la sentenza n. 422 del 2025, in contrasto con la giurisprudenza più restrittiva che si era formata a seguito del caso Milano, allarga molto il concetto di ristrutturazione edilizia e ritiene che sia tale una demolizione con successiva ricostruzione in una diversa area di sedime, quindi senza elementi di continuità con l'edificio di partenza.

Suggerisco di leggere l'intera sentenza, per le interessanti considerazioni che contiene, della quale riporto il passo centrale: "Dopo le innovazioni apportate all’art. 3 co. 1 lett. d) D.P.R. n. 380/2001 dall’art. 10, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 la predetta nozione è stata notevolmente ampliata, non postulando più il rispetto di tutti quei parametri originariamente ritenuti essenziali per la sua configurabilità. La norma, infatti, adesso include nella ristrutturazione edile anche la demolizione e ricostruzione di edifici esistenti “con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico”.

Deve, dunque, concepirsi adesso la ristrutturazione edile secondo la rinnovata ottica desumibile dal tenore testuale della disposizione in esame volta a non vincolarla ai precedenti requisiti presupponenti una rigida “continuità” tra le caratteristiche strutturali dell’immobile preesistente e quelle del manufatto da realizzare, ivi inclusa l’area di edificazione.

La nozione di sedime richiamata nella nuova formulazione dell’art. 3 lett. d) D.P.R. n. 380/2001 è, infatti, molto generica e non riporta alcuna specificazione.

Donde, l’impossibilità di limitarne il concetto all’ambito perimetrale di un determinato lotto".

Sentenza CGARS 422 del 2025

Post di Dario Meneguzzo - avvocato

4 replies
  1. Anonimo says:

    Nel post del 13 giugno, si era detto: Sentenza che sostanzialmente va incontro al salva MILANO.

    Pare che qualcuno segua questo portale- salva Milano, inchiesta urbanistica milano, contro accusa e difesa:

    Gli avvocati hanno fatto inserire al fascicolo una sentenza del 3 giugno del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia. Provvedimento che ha stabilito che si tratta di “ristrutturazione edilizia” e non “nuova costruzione” anche quando un edificio viene demolito e ricostruito in un lotto di terreno differente da quello originario. Interpretazione che i difensori ritengono “aderente” alle nuove norme (2013, 2020, 2022) che hanno esteso il concetto di ristrutturazione edilizia a numerose trasformazioni.

    Per cui sentenza del CGA, allora autorevole, rappresenta un orientamento vincolante a livello nazionale

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  2. Anonimo says:

    Sentenza che sostanzialmente va incontro al salva MILANO.

    Rispondi
  3. Anonimo says:

    REGIONE EMILIA-ROMAGNA
    1.2. LE TOLLERANZE DI CANTIERE (comma 1-bis)

    Il comma 1-bis dell’art. 19-bis della L.R. n. 23 del 2004 (introdotto dall’art. 37 della L.R. n. 12/2017)
    prevede una ipotesi di tolleranza che non presenta i caratteri dell’abuso edilizio e, di conseguenza, ha
    natura sostanzialmente diversa da quella descritta al precedente paragrafo 1.
    Tali difformità (anch’esse realizzate nel corso della esecuzione di un titolo abilitativo edilizio) sono
    infatti caratterizzate dai seguenti elementi:

    a) non ineriscono ai parametri dimensionali o localizzativi il cui rispetto costituisce
    requisito di legittimità del titolo edilizio e di regolarità dell’opera realizzata,
    analiticamente elencati nel precedente paragrafo 1 (8);
    b) non comportano nessuna (altra) violazione della disciplina dell’attività edilizia, come
    richiamata dall’art. 9, comma 3, della L.R. n. 15 del 2013, e, di conseguenza, non devono
    impedire l’acquisizione dell’agibilità dell’immobile (in quanto non causano il venir meno
    di quei requisiti cui è subordinata l’agibilità dell’immobile) (9).

    In altre parole, tali difformità non violano alcuna previsione imperativa che regola l’attività
    edilizia e, di conseguenza, il legislatore regionale ha stabilito che non sussiste alcun interesse
    pubblico al loro perseguimento quali abusi edilizi.

    In concreto, dette difformità interessano dunque elementi della costruzione che già in sede di
    progettazione avrebbero potuto essere rappresentate con diverse caratteristiche senza che
    tali aspetti avrebbero costituito oggetto di specifiche verifiche da parte della struttura
    comunale di controllo, in quanto:
    -o interessano, aspetti progettuali non presidiati da disposizioni incidenti sull’attività edilizia (per esempio, la collocazione di una porta interna);
    – l’opera realizzata rispetta i limiti stabiliti dalla normativa vigente (per esempio, una distanza dai confini maggiore rispetto ai limiti minimi previsti dalla disciplina vigente). In tal caso – si ribadisce – non è rilevante la percentuale di scostamento in riduzione dell’opera realizzata, rispetto alle misure di progetto, in quanto tale difformità, rientrando tra le attività lecite, non si configura come un abuso edilizio.

    La legge presenta una significativa esemplificazione delle difformità rientranti in tale ipotesi e che
    rendono agevole la comprensione delle caratteristiche appena descritte:
    a) il minor dimensionamento dell’edificio realizzato, rispetto a quanto ammissibile in base al
    titolo stesso (lettera a. del comma 1-bis);

    Rispondi
  4. Anonimo says:

    Commento alla frase: La nozione di sedime richiamata nella nuova formulazione dell’art. 3 lett. d) D.P.R. n. 380/2001 è, infatti, molto generica e non riporta alcuna specificazione.

    Art. 32 (L) – Determinazione delle variazioni essenziali

    1. Fermo restando quanto disposto dal comma 1 dell’articolo 31, le regioni stabiliscono quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che l’essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:

    c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza

    art. 92 – lr n. 61/85
    c) che comportino l’alterazione della sagoma della costruzione o la sua localizzazione nell’area di pertinenza, in modo da violare i limiti di distanza, anche a diversi livelli di altezza, recando sensibile pregiudizio alle esigenze della zona sotto il profilo igienico- sanitario, degli allineamenti previsti e dell’ordinata distribuzione dei volumi;

    È vero che l’art. 3, comma 1, lett. d) del DPR 380/2001 non fornisce una definizione formale e univoca del termine “sedime”, tuttavia il concetto è tutt’altro che arbitrario. La giurisprudenza e la prassi urbanistica concordano nel considerare il sedime come la proiezione al suolo della sagoma dell’edificio, ovvero l’impronta planimetrica del fabbricato sul lotto. Inoltre, sia l’art. 32 del DPR 380/2001 che l’art. 92 della L.R. Veneto 61/1985 qualificano lo spostamento dell’edificio come variazione essenziale o pregiudizievole sotto il profilo urbanistico e igienico-sanitario, evidenziando l’importanza del mantenimento della localizzazione e, quindi, del sedime. Pertanto, anche se la norma statale non fornisce una definizione testuale, il concetto di sedime è chiaramente determinato per via interpretativa e normativa, specie nei contesti vincolati o con distanze obbligatorie.

    Si ricorda che nei casi di immobili tutelati, il legislatore è molto più restrittivo: in quei casi, il sedime (insieme a sagoma, prospetti, caratteristiche planivolumetriche e tipologiche) va mantenuto.

    Una singola sentenza del CGA, per quanto autorevole, non rappresenta un orientamento vincolante a livello nazionale, né può prevalere su un consolidato indirizzo del Consiglio di Stato. Pertanto, l’interpretazione ampia data dal CGA al concetto di ristrutturazione edilizia è interessante, ma non è sufficiente a superare la normativa statale e regionale vigente, né la giurisprudenza prevalente che resta più restrittiva.

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