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Testo aggiornato del decreto-legge 18 ottobre 2012 , n. 179

20 Dic 2012
20 Dicembre 2012

Pubblichiamo il testo del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (pubblicato nel supplemento ordinario n. 194/L alla Gazzetta Ufficiale 19 ottobre 2012, n. 245), coordinato con la legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221, recante: «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese.».

 L'articolo 4 riconosce ad ogni cittadino la facoltà di indicare alla pubblica amministrazione un proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC), da eleggere come domicilio digitale, cui le pubbliche amministrazioni e i gestori di pubblici servizi sono tenuti ad inviare le comunicazioni dal 1° gennaio 2013, e consente alle amministrazioni di predisporre le comunicazioni ai cittadini, in mancanza di domicilio digitale, come documenti informatici sottoscritti con firma digitale o elettronica avanzata, da inviare per posta in copia analogica.

L’articolo 5 estende alle imprese individuali l’obbligo, già previsto per le società, di depositare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) presso il registro delle imprese o l'albo delle imprese artigiane. Viene inoltre istituito il pubblico elenco denominato Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo sviluppo economico.

L'articolo 3 rimette ad un regolamento di delegificazione il riordino del Sistema statistico nazionale, e quindi, dell'ISTAT (comma 4); prevede altresì l’introduzione del cd. censimento permanente, ossia di un censimento della popolazione e delle abitazioni continuo, a cadenza annuale e le modalità definizione dei contenuti dell’Archivio nazionale delle strade e dei numeri civici (ANNCSU) (commi 1-3); istituisce nuovamente la Commissione per la garanzia della qualità dell’informazione statistica (comma 6).

Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese

La mancata presentazione della cauzione provvisoria determina l’esclusione dalla gara

20 Dic 2012
20 Dicembre 2012

Il T.A.R. Veneto, sez. I, con la sentenza del 18 dicembre 2012 n. 1547, conferma che la mancata presentazione della cauzione provvisoria, ex art. 75 D. Lgs. 163/2006, determina l’esclusione dalla gara della concorrente considerando che: “l’art. 46, I comma bis stabilisce che “la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e….per difetto di….elementi essenziali…”;

che il successivo art. 75, I comma statuisce che “l’offerta è corredata da una garanzia….sotto forma di cauzione o di fideiussione”;

che, dunque, tale garanzia, oltre a costituire evidente “prescrizione” del codice, si configura come elemento “essenziale” per la partecipazione alla gara, in quanto assicura la serietà dell’offerta (relativamente a tale, ultimo aspetto, cfr. la determinazione AVCP 10.10.2012 n. 4);

che, comunque, ai sensi dell'art. 46, I comma del DLgs n. 163/2006 alla stazione appaltante è precluso di sopperire, con l'integrazione, alla totale mancanza di un documento, in quanto, di norma, i criteri esposti ai fini dell'integrazione documentale riguardano semplici chiarimenti di un documento incompleto;

che, pertanto, l'omessa allegazione di un documento o di una dichiarazione non può considerarsi alla stregua di un'irregolarità sanabile e, quindi, non ne è permessa l'integrazione o la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali (purché non sussistano incertezze generate dall'ambiguità di clausole della legge di gara: in tale contesto è appena il caso di osservare che l’asserita equivocità del contenuto dell’art. 9 del capitolato è affatto inconferente, in quanto certamente non precludeva la prestazione della cauzione provvisoria);

che, dunque, la richiesta di regolarizzazione non può essere formulata per permettere l'integrazione di documenti che, in base a previsioni univoche del bando - in presenza di una prescrizione chiara un'ammissione alla regolarizzazione costituirebbe violazione della par condicio fra i concorrenti -, avrebbero dovuto essere prodotti a pena di esclusione (CdS, V, 6.8.2012 n. 4518)”.

Il caso di specie riguarda la totale mancanza della cauzione provvisoria: laddove essa sia incompleta o carente è invece ammessa la sua integrazione in corso di causa come confermano le sentenze del T.A.R. Veneto, sez. I, n. 1376/2012 e del Consiglio di Stato, sez. III, n. 493/2012 commentate nel post del 15 novembre.

Nella medesima sentenza il T.A.R. Veneto afferma che, laddove un partecipante alla procedura ad evidenza pubblica ritenga contrario alla legge la fideiussione prevista dal bando, esso ha l’obbligo di impugnare immediatamente l’atto, come già stabilito dal Consiglio di Stato, sez. IV, 07.11.2012, n. 5671 secondo cui è necessario procedere all’impugnativa immediata degli atti di indizione della gara quando le clausole impediscano - indistintamente a tutti i concorrenti - una corretta e consapevole elaborazione della propria proposta economica: in tali casi, infatti, si pregiudica il corretto esercizio della gara, in violazione dei cardini procedimentali della concorrenza e della par condicio tra tutti i partecipanti alla gara. Ciò avviene in particolare quando ricorrono:

- regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (così proprio la A.P. n. 3 cit.).

- disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24/2/2003, n. 980);

- condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V 21 novembre 2011 n. 6135);

- imposizione di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto: Cons. Stato, Sez. II, 19/2/2003, n.2222/01);

- gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad es. quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero sia presenti formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” pt.);

- atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III 03 ottobre 2011 n. 5421)”.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza TAR Veneto 1574 del 2012

Cds n. 5671 del 2012

Il progetto della nuova legge regionale veneta in materia di commercio

19 Dic 2012
19 Dicembre 2012

Il testo allegato è stato licenziato dalla commissione competente il 12 dicembre e sarà votato dal Consiglio Regionale del Veneto nella seduta del 20 dicembre 2012.

testo_licenziato_dalla_2^ commissione

Il “circolo privato fittizio” richiede il parere della Commissione provinciale di vigilanza dei locali di pubblico spettacolo

19 Dic 2012
19 Dicembre 2012

Il T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, con la sentenza del 10 dicembre 2012 n. 1933, dichiara legittimo il provvedimento del Comune di Orio Al Serio di diffidare un “circolo privato fittizio” con oltre 100 soci a non consentire l’accesso a più di 100 persone contemporaneamente all’interno dei locali, nonché a subordinare la concessione dell’autorizzazione per lo svolgimento di attività di spettacolo ed intrattenimento, all’acquisizione del parere della Commissione provinciale di vigilanza dei locali di pubblico spettacolo previsto dall’art. 80 DPR 773/1931 secondo cui “L'autorità di pubblica sicurezza non può concedere la licenza per l'apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio. Le spese dell'ispezione e quelle per i servizi di prevenzione contro gli incendi sono a carico di chi domanda la licenza”.

In particolare il T.A.R. Lombardia ritiene che la disciplina derogatoria dettata dall’art. 2, c. 2, lett. e), DPR 235/2001 non possa essere applicato al caso di specie precisando che: “la lett. e) del comma 2 dell’art. 2 del DPR 4 aprile 2001, n. 235 – norma che, in un’ottica di semplificazione, subordina l’esercizio della sola attività di somministrazione di alimenti e bevande a favore degli associati di associazioni e circoli di cui all’art. 11, comma 3 del T.U. delle Imposte sui redditi alla presentazione al Comune di una denuncia di inizio attività – prevede espressamente che il legale rappresentante debba dichiarare, a tal fine, “che il locale, ove è esercitata la somministrazione, è conforme alle norme e prescrizioni in materia edilizia, igienico-sanitaria e ai criteri di sicurezza stabiliti dal Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge e, in particolare, di essere in possesso delle prescritte autorizzazioni in materia”;

- che la norma non prevede alcuna diversa semplificazione per i circoli, con specifico riferimento all’attività di intrattenimento e spettacolo;

- che da tale silenzio si ritiene debba essere fatta discendere la necessità che le disposizioni dettate al fine di garantire la solidità e sicurezza dell’edificio adibito a luogo di pubblico spettacolo debbano trovare applicazione anche in relazione al caso in cui la fruizione sia garantita ai soli associati;

- che la necessità dell’applicazione di tale normativa appare ulteriormente suffragata dalla circostanza di fatto per cui l’attività risulta essere svolta con modalità tali da far ritenere puramente fittizia la qualificazione come “circolo privato”, il che esclude, per costante giurisprudenza, l’applicazione della normativa derogatoria di cui al citato DPR 235/2001 (in senso conforme, da ultimo, T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 14-05-2010, n. 1773);

- che, dunque, l’obbligo di garantire la sicurezza si estenda anche al legale rappresentante di un circolo privato, così come si può dedurre dall’orientamento della giurisprudenza ben esemplificato nella sentenza della Cassazione, sezione penale n. 2196 del 29-02-1996, nella quale si legge che: “Il precetto di cui all'art. 681 cod. pen. non è rivolto esclusivamente a chi gestisce, in via permanente e professionale, luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o ritrovo, ma a "chiunque" apre o tiene aperti detti luoghi, senza aver osservato le prescrizioni dell'autorità a tutela dell'incolumità pubblica. Conseguentemente, la norma incriminatrice va applicata anche nei confronti di chi, occasionalmente e sia pure per una sola volta, abbia aperto un luogo di pubblico spettacolo".

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Brescia, 1933 del 2012

L’avallimento riguardante il requisito di iscrizione all’albo professionale

19 Dic 2012
19 Dicembre 2012

L’art. 49, c. 1, D. Lgs. 163/2006 rubricato “Avallimento” recita: “1. Il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato ai sensi dell'articolo 34, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell'attestazione SOA di altro soggetto”.

Risulta possibile ricorre all’avvalimento ex art. 49 D. Lgs 163/2006 per attestare la qualifica dell’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali?

A riguardo è utile riportare il parere dell’AVCP n. 106 del 27.06.2012 che, dopo aver esaminato la natura dell’avvalimento e le sue caratteristiche, afferma che: “questa Autorità è incline a considerare nello specifico l’idoneità dell’avvalimento a corrispondere al possesso del requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali di cui all’art. 212 del D.lgs n. 152 del 2006, rifuggendo da astratte qualificazioni tese a ritenere che tale requisito, avendo natura prevalentemente soggettiva, non possa – per ciò stesso – essere oggetto di avvalimento (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II, 22 dicembre 2011, n. 10080).

La questione è stata, in effetti, affrontata dalla giurisprudenza, ma con tesi diverse: prevale su tutte, però, la tesi che sposa una posizione sostanzialistica (Cons. St., Sez. III, 18 aprile 2011, n. 2344) ritenendo necessaria una effettiva corrispondenza tra fase della qualificazione e fase dell’esecuzione. La stessa giurisprudenza (cfr. Cons. St., sez. V, 8 ottobre 2011 n. 5496), inoltre, ritiene che “l’istituto dell’avvalimento – di derivazione comunitaria – ha portata generale”. Ne consegue, continua detta ultima decisione che, in ogni caso, ed a prescindere da espressa disposizione del bando, alle imprese che intendono concorrere ad una gara di appalto e che sono carenti dei requisiti necessari per la partecipazione, è consentito ricorrere all’istituto dell’avvalimento” (...) “Così come è consentito l’avvalimento per il requisito dell’attestazione della certificazione SOA, deve ritenersi, quindi, consentito effettuare l’avvalimento anche per l’iscrizione all’Albo di che trattasi. La sola condizione è quella di permettere all’amministrazione di verificare che il candidato offerente disponga delle capacità richieste per l’esecuzione dell’appalto”.

D’altronde la stessa AVCP, con i pareri del 21.05.2008 n. 165 e del 09.02.2012 n. 22 aveva già confermato tale orientamento.

Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza del 8.10.2011 n. 5496, concordemente afferma che: “va precisato che l'istituto dell'avvalimento - istituto di derivazione comunitaria - disciplinato dall'ordinamento italiano dall'art. 49 del d. lgv. n. 163 del 2006, ha portata generale. Esso è finalizzato a consentire alle imprese singole, consorziate o riunite, che intendono partecipare ad una gara di poter soddisfare i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA, avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell'attestazione SOA di altro soggetto ed è applicabile, ai sensi del successivo articolo 50, ai sistemi legali vigenti di attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture. Ne consegue, che in ogni caso, ed a prescindere da espressa disposizione del bando, alle imprese che intendono concorrere ad una gara di appalto e sono carenti dei requisiti, è consentito di soddisfare tali requisiti con l'ausilio dell'avvalimento. Il carattere generale dell'istituto è evidente, ove si consideri che le limitazioni originariamente previste dall'art. 49 del d. lgv. n. 163 del 2006 sono state ritenute in contrasto con le direttive comunitarie in materia di appalti e sono state eliminate (era stata, infatti, avviata procedura di infrazione ai sensi dell'art. 226 del Trattato, perché tali limitazioni rimesse ai bandi di gara si ponevano in contrasto con le disposizioni delle direttive comunitarie che riconoscono agli operatori economici il diritto di avvalersi delle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami e senza alcuna limitazione)” (...) “La portata generale dell'istituto dell'avvalimento è, dunque, circostanza ormai acquisita nell'ordinamento italiano nel rispetto della normativa comunitaria. La facoltà di avvalersi di tale istituto è stata riconosciuta ammissibile anche per integrare requisiti economico - finanziari o tecnici o organizzativi per l'iscrizione agli albi professionali (in tal senso si è espressa in fase precontenziosa l'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici relativamente all'iscrizione all'albo nazionale dei gestori ambientali)”.

dott. Matteo Acquasaliente

AVC parere 106 2012

CdS n. 5496 del 2011

 

Il PAT e il PI individuano rispettivamente i criteri e i siti ove localizzare gli impianti di telefonia

18 Dic 2012
18 Dicembre 2012

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 1552 del 2012.

Scrive il TAR: "considerato che le prescrizioni urbanistiche comunali, in osservanza della L.r. n. 11/2004, hanno, dapprima, con il PAT individuato i criteri di localizzazione e quindi con il PI e successive varianti hanno concretamente individuato i siti ove localizzare gli impianti;...considerato che le prescrizioni urbanistiche, poste alla base del provvedimento del Comune, appaiono rispettose della disciplina normativa regionale in materia di organizzazione del territorio, in rapporto alla dislocazione degli impianti della specie in oggetto, tenendo conto anche delle oggettive ed indiscutibili implicazioni sulla salute dei cittadini per effetto delle esposizioni alle onde elettromagnetiche;
che, invero, è stata pacificamente riconosciuta la legittimazione delle amministrazioni comunali ad assumere adeguate previsioni di localizzazione degli impianti che, nell’obiettivo di assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale, consentano anche di minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici".

sentenza TAR Veneto 1552 del 2012

I gazebo non precari incrementano il carico urbanistico

18 Dic 2012
18 Dicembre 2012

Il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza del 12 dicembre 2012 n. 6382, si occupa della precarietà e dell’amovibilità dei gazebo chiarendo che, laddove gli stessi siano “funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come manufatti alteranti lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico (cfr. Cons. Stato, V, 1° dicembre 2003, n. 7822)”.

I Giudici di Palazzo Spada confermano l’appellata sentenza del T.A.R. Veneto, sez. II, 29.02.2012, n. 264, la quale si era espressa conformemente: “Il Collegio osserva, inoltre, che, come affermato dalla consolidata giurisprudenza anche del giudice d’appello, i gazebo che non abbiano carattere di assoluta precarietà ma che siano funzionali a soddisfare esigenze di carattere permanente devono essere apprezzati quale manufatti che determinano una trasformazione del territorio ed un’alterazione dello stato dei luoghi, dando luogo, peraltro, ad un incremento del carico urbanistico (cfr. ex multis, Cons. St., sez. V, 1 dicembre 2003, n. 7822; T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, 06 maggio 2005, n. 172)”.

Il Consiglio di Stato, inoltre, chiarisce che “nemmeno avrebbe potuto ipotizzarsi un caso di manutenzione ordinaria o straordinaria, in presenza di una radicale e complessiva modificazione strutturale del manufatto, volumetricamente significativa e paesisticamente rilevante” confermando quanto già disposto dal T.A.R. Veneto laddove prevedeva che: “dalle considerazione sopra svolte in ordine alla valutazione ed alla qualificazione dell’opera,” - consistente nella sostituzione dell’intera struttura portante del gazebo con grandi travi in legno fisse, nonché con la ripavimentazione e la dotazione di un impianto elettrico, di climatizzazione e sonoro - “emerge, infatti, che l’intervento ha determinato una sostanziale e radicale modificazione strutturale del manufatto, rilevante sotto il profilo volumetrico ed incidente sul contesto circostante tutelato”, ragion per cui “né è possibile ritenere, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente con il secondo motivo di ricorso, che l’intervento in esame sia da qualificare in termini di manutenzione ordinaria o straordinaria”.

dott. Matteo Acquasaliente

CdS, sez. VI, n. 6382 del 2012

TAR Veneto, sez. II, n. 264 del 2012

Nuove disposizioni antimafia

18 Dic 2012
18 Dicembre 2012

Sulla Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2012 è stato pubblicato il decreto legislativo 15 novembre 2012 , n. 218, recante "Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2, della legge 13 agosto 2010, n. 136. (12G0240)".

Decreto Legislativo 218 del 2012

L’installazione di transenne parapedonali su suolo pubblico richiede la gara pubblica

18 Dic 2012
18 Dicembre 2012

Il T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, con la sentenza del 11.12.2012 n. 3007, dichiara la necessità di una procedura ad evidenza pubblica per installare transenne pedonali - con annesso spazio pubblicitario – sul suolo pubblico.

Dopo aver premesso che “l'apposizione e la manutenzione della segnaletica stradale ai sensi dell'art.37 del Codice della Strada, di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992 n.285, fanno carico agli enti proprietari delle strade fuori dai centri abitati ed ai Comuni nei centri abitati”, il T.A.R. Lombardia conferma che le transenne parapedonali rientrano tra i segnali stradali complementari previsti ex artt. 38 e 42 D. Lgs. 285/1992. Inoltre, “anche a volere ricomprendere le transenne parapedonali tra gli impianti pubblicitari di servizio disciplinati dall'art.47 del Regolamento di esecuzione del Codice della strada, non vi è dubbio che, a fronte dello scopo primario di sicurezza dei pedoni che con tale tipo di barriere si intende assicurare, la loro collocazione è sicuramente riservata all'Ente proprietario della strada che, in proposito, può decidere di provvedere in proprio alla loro installazione o avvalersi della collaborazione di altri soggetti da individuare con procedura di scelta ad evidenza pubblica (cfr., T.A.R. Ancona Marche, 15 marzo 2005, n. 239)”.

Corollario di ciò è che non è sufficiente la mera autorizzazione comunale poiché: “La circostanza che le transenne pedonali andavano installate sul suolo pubblico consente di ritenere necessaria la gara pubblica che, peraltro, è in linea con i principi - di derivazione comunitaria e costantemente applicati dalla Corte di giustizia europea - di concorrenza, di parità di trattamento, di trasparenza, di non discriminazione, di mutuo riconoscimento e proporzionalità.

Del resto, il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabili detti principi anche alle concessioni di beni pubblici, ponendo in rilievo che " la sottoposizione ai principi di evidenza trova il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale si fornisce un'occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione"(cfr., Consiglio Stato sez. V

Data: 19 giugno 2009, n. 4035).

Recentemente anche questo Tar ha, peraltro, chiarito che qualsiasi installazione su suolo pubblico, compresa la collocazione di cartelli pubblicitari, è soggetta al preventivo rilascio di un atto concessorio, per cui, nel caso dei cartelli pubblicitari la cui disciplina, non è regolata soltanto alle disposizioni del Codice della Strada, ma anche da diverse norme (artt. 3, 12) del d.lg. 15 novembre 1993, n. 507 non può quindi ammettersi la sufficienza di una domanda di installazione, dovendosi, di contro, pienamente esplicare da parte dell'Amministrazione un'attività valutativa secondo canoni di discrezionalità tecnica (cfr., T.A.R. Milano Lombardia sez. I, 29 maggio 2012, n. 1474)”.

TAR Lombardia, Milano, sez. IV, n. 3007 del 2012

Piano Casa: nelle zone B va rispettata la norma secondo cui “l’altezza massima degli edifici non può superare l’altezza degli edifici preesistenti e circostanti”

17 Dic 2012
17 Dicembre 2012

L'art. 8 del DM 1444/68, prevede che: 2) Zone B): - l'altezza massima dei nuovi edifici non può superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti, con la eccezione di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche, sempre che rispettino i limiti di densità fondiaria di cui all'art. 7.

Il TAR Veneto, con la sentenza n. 1555 del 2012, esprime il seguente orientamento:
 
"...parte ricorrente sostenga l’illegittimità del provvedimento impugnato in quanto assunto in violazione dell’art. 8 del DM n. 1444/1968 e, ciò, laddove detta norma dispone che “l’altezza massima degli edifici non può superare l’altezza degli edifici preesistenti e circostanti”. Nel caso sottoposto a questo Collegio il ricorrente, al fine di giustificare un’altezza pari a m.11,75, ha preso a riferimento un lotto contraddistinto dal mappale n. 858 sul quale sorge un edificio alto 12,40 metri.

Dall’esame della documentazione agli atti è possibile verificare come i due lotti, e quindi il n. 858 e il n. 880 - quest’ultimo oggetto del permesso di costruire di cui si tratta -, non possono essere considerati “limitrofi”, così come previsto dal DM n. 1444/1968 e, ciò, in considerazione dell’esistenza di una strada pubblica.

2. La risoluzione della controversia si sposta quindi sull’esistenza o meno della connotazione di “strada pubblica” di Via Tagliamento, presupposto quest’ultimo per sancire l’applicabilità o meno del disposto di cui al Decreto Ministeriale sopra citato.

Sul punto va rilevato come questo il Collegio sia consapevole come la semplice inclusione di una strada nell'elenco delle strade comunali (o vicinali) non abbia efficacia costitutiva e, ciò, considerando come tali elenchi hanno natura meramente dichiarativa, per cui detta inclusione non è di per sé sufficiente a comprovare la natura pubblica o privata di una strada.

In tal senso si è espressa recentemente la Corte di Cassazione, secondo cui "l'iscrizione di una strada nell'elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico non ha natura costitutiva e portata assoluta, ma riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del Comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell'uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell'inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un'azione negatoria di servitù (Cass. Civ., Sez. Un., 27 gennaio 2010, n. 1624)”.

3. Stante la natura meramente dichiarativa degli elenchi in questione, la giurisprudenza ha precisato l’esistenza di ulteriori requisiti da valutarsi al fine dell'accertamento della natura “pubblica” di una strada, quali l'uso pubblico (inteso come l'utilizzo da parte di un numero indeterminato di persone), l'ubicazione della strada all'interno di luoghi abitati, nonché il comportamento tenuto dalla Pubblica Amministrazione nel settore dell'edilizia e dell'urbanistica.

Tutto ciò premesso va comunque rilevato che l’inclusione di cui si tratta, sancisce comunque un effetto quanto meno “presuntivo” e per quanto ritiene la qualificazione di una strada pubblica.

Fermo restando detto criterio presuntivo, e i criteri fatti propri dall’orientamento sopra ricordato, parte ricorrente avrebbe dovuto individuare, nel concreto, quegli elementi, quelle caratteristiche, suscettibili di connotare diversamente la strada di cui si tratta e, ciò, senza limitarsi (come in realtà è avvenuto nel ricorso) a porre in essere una generica contestazione del carattere presuntivo sopra ricordato.

4. Al contrario il Comune di Venezia ha rilevato come Via Tagliamento sia una strada aperta al pubblico; ha, altresì, precisato come essa costituisca un tratto viario che unisce le pubbliche strade di Via Rio Cimetto e Via Muggia; elementi tutti così elencati che, non solo avvalorano il carattere presuntivo sopra citato, ma consentono di ritenere insussistente la violazione dell’art. 8 del DM 1444/1968 sostenuta da parte ricorrente.

Il primo motivo deve, pertanto, ritenersi infondato.

5. E’ altrettanto infondato, il secondo motivo, in quanto riferito ad una presunta violazione dell’obbligo motivazionale a carico del Comune. L’iter logico sopra ricordato, consente di esaurire il percorso motivazionale e deduttivo posto in essere dall’Amministrazione, consentendo di considerare insussistente il vizio di violazione dell’art. 3 della L. n.241/90.

Si consideri ancora come non possa essere considerato un sintomo del difetto di motivazione il fatto (addotto da parte ricorrente) riconducibile alla presunta e eccessiva durata dell’istruttoria. Sul punto, infatti, il Comune ha dimostrato come all’istanza di parte ricorrente sia seguita una successiva richiesta di integrazione dell’Amministrazione comunale che, di fatto, ha determinato lo stesso ricorrente a presentare un progetto diverso e parzialmente differente rispetto a quello depositato in origine.

6. Deve considerarsi, in ultimo, non utile alla soluzione del caso di specie il terzo motivo a fondamento del ricorso mediante il quale parte ricorrente ripercorre le finalità della normativa sul c.d. piano casa. Va, infatti, evidenziato come l’applicazione della disciplina sul “piano casa” non sia suscettibile di sancire, di per sé e incondizionatamente, il superamento delle prescrizioni in materia di distanze disciplinate dalle norme nazionali sopra ricordate...".

sentenza TAR Veneto 1555 del 2012

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