Tag Archive for: Veneto

Il Consiglio di Stato sulle offerte tecniche

18 Apr 2013
18 Aprile 2013

Il Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza n. 2026 del 15 aprile 2013 ha ritenuto non configurabile l’errore di fatto tutelabile con la revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. nell’asserita omessa deliberazione del giudice di appello dell’eccezione secondo sui le “offerte tecniche” aperte in seduta riservata non erano in realtà tali poiché contenevano alcuni profili economici. In ordine a questi, si ricorda, s’impone l’applicazione del principio della seduta pubblica (si veda anche l’Adunanza Plenaria n. 13/2011).

Il Consiglio ha ritenuto pacifico l’orientamento giurisprudenziale per cui “nelle gare di appalto, il d.lgs. n. 163/2006 (Codice degli appalti), nell’indicare gli elementi che compongono l’offerta tecnica, indica voci che presentano elementi di tipo quantitativo- economico, quali il contenimento dei consumi energetici, il costo di utilizzazione e manutenzione, la redditività (art. 83, comma 1, lett. e, f, g). A sua volta il regolamento attuativo del Codice degli appalti prescrive che le offerte tecniche siano esaminate in seduta segreta e che solo successivamente, in seduta pubblica, siano esaminate le offerte economiche (art. 120 d.P.R. n. 207/2010). Questo al precipuo fine di evitare che in sede di valutazione delle offerte tecniche la commissione possa essere influenzata da elementi di natura economica (Cons. Stato Sez. VI, 22-11-2012, n. 5928). La circostanza quindi che l’offerta tecnica presenti (anche)elementi di natura economica costituisce quindi evenienza del tutto pacifica e normale, tanto da essere espressamente prevista dal codice. Essa tuttavia, a cagione di tale circostanza non cessa di essere definibile qual “offerta tecnica” espressamente normata dalle disposizioni del codice dei contratti pubblici nè inficia il convincimento per cui la giurisprudenza antecedente alla decisione dell’Adunanza Plenaria più volte citata in precedenza, nell’affermare il principio della legittimità dell’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche in seduta riservata facesse riferimento ad un concetto di “offerta tecnica” quale esso era positivamente tratteggiato nel codice degli appalti (e quindi talvolta comprensivo di aspetti di natura “economica”) essendo del tutto indifferente, come visto, che essa contenesse anche elementi economici. In sintesi: la giurisprudenza pregressa non distingueva (né regolava diversamente la fase dell’apertura delle buste) a seconda che ci si trovasse al cospetto di una “offerta tecnica” del tutto scevra dalla indicazione di dati economici (ammesso che la stessa fosse individuabile nel sistema) ovvero di una offerta tecnica ”contaminata” dalla menzione di dati economici”.

dott.sa Giada Scuccato

sentenza 2026-2013 cds

Anche l’attuale proprietario incolpevole è destinatario dell’ordine di demolizione delle opere abusive

17 Apr 2013
17 Aprile 2013

Anche questo argomento è trattato dalla sentenza del TAR Veneto n. 475 del 2013, già citata nei post che precedono.

Scrive il TAR: "7.2 Non risulta nemmeno condivisibile l’argomentazione di parte ricorrente diretta a rilevare l’estraneità degli attuali proprietari  all’abuso contestato e, ciò, considerando come i ricorrenti abbiano acquistato il manufatto solo nel corso del 2002.
7.3 Sul punto va infatti ricordato che, come ha avuto modo di ricordare questo stesso Tribunale in sede di emanazione dell’Ordinanza cautelare n. 679/11, l’abuso edilizio integra la fattispecie di un illecito permanente, in relazione al quale sussiste in qualunque momento l’obbligo a carico dell’Amministrazione comunale di ripristinare la legalità così violata. Si è sostenuto infatti (T.A.R. Campania Napoli Sez. II, 13-03-2012, n. 1256) che “In materia di repressione dell'abusivismo edilizio la legittimazione passiva del proprietario all'esecuzione dell'ingiunzione di demolizione è espressamente prevista dall'art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia) - in base al quale "il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione" - ed è spiegabile con il fatto che il proprietario, proprio in virtù del suo diritto dominicale, può eseguire la prescrizione ripristinatoria”.
7.4 L'ordine di demolizione delle opere abusive ha carattere reale e natura di sanzione amministrativa e deve pertanto essere eseguito nei confronti di tutti i soggetti che sono in rapporto col bene e vantano su di esso un diritto reale o personale di godimento, anche se si tratti di soggetti estranei alla commissione dell’illecito".

L’art. 10 bis della L. n. 241/90 non è applicabile nelle ipotesi in cui il procedimento abbia contenuto vincolato?

17 Apr 2013
17 Aprile 2013

Sempre nella sentenza n. 475 del 2013, già allegata al post che precede,  il TAR Veneto scrive: "Per quanto concerne la presunta violazione dell’art. 10 bis sopra citato non solo va ribadito come l’Amministrazione resistente ha dimostrato che il procedimento relativo al condono non è stato concluso, in quanto i manufatti non esistono, ma ancora va considerato dirimente quell’altrettanto costante orientamento giurisprudenziale nella parte in
cui considera l’art. 10 bis della L. n. 241/90 non applicabile nelle ipotesi in cui il procedimento abbia contenuto vincolato".

A nostro parere, peraltro, anche nel caso di provvedimenti a contenuto vincolato, la P.A. potrebbe sbagliarsi a considerare esistenti i presupposti del provvedimento (vale a dire di quei presupposti che, se esistessero, renderebbero l'atto a contenuto vincolato), cosicchè anche in questi casi apparirebbe utile il preavviso di diniego ex art. 10 bis.

Dario Meneguzzo

L’ordine di demolizione di opere edilizie abusive non deve essere preceduto dall’avviso ex art. 7, l. n. 241 del 1990

17 Apr 2013
17 Aprile 2013

Lo afferma il TAR Veneto nella sentenza n. 475 del 2013.

Scrive il TAR: "Sul punto deve considerarsi non superabile quanto sancito da quel costante orientamento giurisprudenziale - confermato da recenti pronunce del Consiglio di Stato (Cons. Stato Sez. IV, 15-02-2013, n. 915) - in relazione al quale “l’ordine di demolizione di opere edilizie abusive non deve essere preceduto dall'avviso ex art. 7, l. n. 241 del 1990, trattandosi di un atto dovuto, che viene emesso quale sanzione per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge; pertanto, trattandosi di un atto volto a reprimere un abuso edilizio, esso sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia, l'abuso, di cui l'interessato deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo (Conferma della sentenza del T.a.r. Puglia - Lecce, sez. III, n. 2799/2004)”.

sentenza TAR Veneto 475 del 2013

La comunicazione di avvio del procedimento deve garantire un’effettiva partecipazione dei soggetti interessati

17 Apr 2013
17 Aprile 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. III, con la sentenza del 09 aprile 2013 n. 531, torna ad occuparsi della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 l. 241/1990: “Sul punto va osservato che, come ha avuto modo di affermare la giurisprudenza in un’ottica sostanzialista, non può essere ammessa un’eccessiva brevità del termine previsto per la presentazione di memorie, che non consenta di fatto un’effettiva partecipazione procedimentale, ed è sempre necessario che la comunicazione di avvio intervenga, e quindi sia portata a conoscenza degli interessati, con un congruo e ragionevole anticipo rispetto all'adozione del provvedimento (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 ottobre 2008, n. 5172; Tar Campania, Napoli, .Sez. III, 5 dicembre 2007, n. 15776; Tar Piemonte, Sez. I, 10 ottobre 2008, n. 2567; Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 giugno 2006, n. 3885; Tar Sardegna, Sez. II. 27 maggio 2005, n. 1272)”.

Nel caso di specie la Prefettura di Padova aveva comunicato all’Associazione Nazionale dei Rangers d’Italia l’avvo del procedimento di estinzione e di cancellazione dal registro delle persone giuridiche in data 12 maggio 2012 ed aveva disposto la sua estinzione già il 14 maggio 2012.

 Dunque, alla luce di quanto esposto, il Collegio ritiene che: “La violazione di tali principi, volti a rendere effettiva la partecipazione procedimentale, comporta l’annullamento del provvedimento di estinzione della personalità giuridica impugnato con il ricorso originario, perché è stato adottato senza valutare gli apporti dell’associazione interessata, che non è stata messa nelle condizioni di poter far valere gli elementi sopravvenuti i quali, a suo giudizio, hanno fatto venir meno le criticità inizialmente riscontrate”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto 531 del 2013

La Corte Costituzionale dichiara illegittimo anche l’art. 3 della legge della Regione Veneto 27 dicembre 2011, n. 30 (orari del commercio e chiusura domenicale e festiva)

16 Apr 2013
16 Aprile 2013

La Regione Veneto continua a collezionare pronunzie della Corte Costituzionale che dichiarano illegittime leggi regionali venete, per violazione delle prerogative legislative statali.

Evidentemente dopo un po' ci si prende gusto a farsi bastonare dalla Corte, a prescindere dai problemi e dai danni che un simile andazzo crea ai governati.

Questa volta la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 65 del del giorno 8 aprile 2013, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3 della legge della Regione Veneto 27 dicembre 2011, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali).

Ripotiamo di seguito cosa stabiliva l'articolo 3:

"Art. 3 - Orari di apertura e chiusura delle attivitĂ  di commercio al dettaglio.
1. Gli orari di apertura e di chiusura al pubblico delle attivitĂ  di commercio al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo e dei criteri emanati dai comuni, sentite le organizzazioni delle imprese del commercio, dei consumatori e dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative.
2. Le attività di commercio al dettaglio possono restare aperte al pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette alle ore ventidue e osservano la chiusura domenicale e festiva. Nel rispetto di tali limiti l'esercente può liberamente determinare l'orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio.
3. L’esercente è tenuto a rendere noto al pubblico l’orario di effettiva apertura e chiusura del proprio esercizio mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione.
4. Le attività di commercio al dettaglio derogano all’obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell’anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell’anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano.
5. Decorso un anno dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, sulla base dell’esito della sperimentazione, sentite le rappresentanze degli enti locali e le organizzazioni di cui al comma 1, previo parere della competente commissione consiliare, può ridisciplinare le disposizioni di cui al comma 4.
6. Nei comuni a prevalente economia turistica e nelle città d’arte, individuati ai sensi della legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62“Individuazione dei comuni a prevalente economia turistica e delle città d’arte ai fini delle deroghe agli orari di vendita” e successive modificazioni, gli esercenti determinano liberamente gli orari di apertura e di chiusura e possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva. I comuni possono individuare le zone del territorio e i periodi di maggiore afflusso turistico, nei quali gli esercenti possono esercitare la facoltà di cui al presente comma, secondo le modalità definite dalla medesima legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62 .
7. Fatta eccezione per le zone del territorio e i periodi di maggiore afflusso turistico dei comuni a prevalente economia turistica e delle città d’arte, individuati ai sensi della legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62 , è prevista la chiusura obbligatoria degli esercizi di vendita al dettaglio nelle seguenti festività: 1° gennaio, Pasqua, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 25 dicembre.
8. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche di cui al titolo X del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59” e successive modificazioni, come attuato con la legge regionale 6 aprile 2001, n. 10“Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche” e successive modificazioni.
9. Le disposizioni di cui al comma 2 e di cui al comma 7 non si applicano alle attività di commercio al dettaglio collocate all’interno delle stazioni ferroviarie, porti e aeroporti".
 
Scrive la Corte Costituzionale: "La questione relativa all’art. 3 della legge reg. n. 30 del 2011 è fondata. La norma impugnata detta una serie di rilevanti limitazioni e restrizioni degli orari e delle giornate di apertura e di chiusura al pubblico delle attività di commercio al dettaglio. Essa, infatti, prevede che «Le attività di commercio al dettaglio possono restare aperte al pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette alle ore ventidue e osservano la chiusura domenicale e festiva. Nel rispetto di tali limiti, l’esercente può liberamente determinare l’orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio» (comma 2); «Le attività di commercio al dettaglio derogano all’obbligo di chiusura settimanale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell’anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell’anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano» (comma 4).
Tali disposizioni si pongono in contrasto con la disciplina statale in materia di orari e giornate di apertura e chiusura degli esercizi commerciali e, in particolare, con l’art. 3, comma 1, lettera d-bis), del d.l. 14 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, così come modificato dall’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, che ha stabilito che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), e di somministrazione di alimenti e bevande siano svolte senza il limite del rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio. Tale ultima modifica è stata oggetto di impugnazione da parte di numerose Regioni che hanno lamentato la violazione della competenza legislativa residuale in materia di commercio ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. Questa Corte, con sentenza n. 299 del 2012, ha ritenuto non fondate le questioni di costituzionalità sollevate dalle Regioni ricorrenti, dovendosi inquadrare l’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011 nella materia «tutela della concorrenza».
Ne consegue che l’art. 3 della legge reg. n. 30 del 2011 viola l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.".
Dario Meneguzzo

Per calcolare la sanzione ex art. 34 DPR 380/2001 deve tenersi conto del valore delle opere al tempo della relativa irrogazione e non a quello corrente al momento della commissione dell’abuso

16 Apr 2013
16 Aprile 2013

Lo specifica la sentenza del TAR Veneto n. 473 del 2013.

Scrive il TAR: "se è indubbio che la normativa del T.U.Edilizia ha effettuato il richiamo ai criteri dettati dalla legge sull’Equo Canone, è altresì vero che detto richiamo deve essere rapportato alla funzione che assolve la sanzione inflitta, la quale viene irrogata in alternativa all’ordine di ripristinare lo stato dei luoghi. Ne consegue che il calcolo dell’ammontare della sanzione pecuniaria dovrà essere effettuato tenendo conto del momento in cui la stessa viene irrogata, in applicazione del principio generale per cui gli interventi abusivi sono sanzionabili in base alla disciplina vigente al momento in cui avviene la repressione. Ciò vale sia per la sanzionabilità in genere dell’opera sia per la misura della sanzione p ecuniaria, da riferirsi anch’essa alla valutazione dell’abuso al momento della relativa irrogazione, poiché quest’ultima si riconnette, per equivalente, alla sanzione alternativa alla demolizione e mira ad eliminare il plus valore economico conseguente all’abuso realizzato. Ne consegue che ai fini della determinazione della sanzione da infliggere per la realizzazione di opere edilizie abusive, deve tenersi conto del valore delle stesse al tempo della relativa irrogazione e non a quello corrente al momento della commissione dell’abuso, atteso che solo così operando l’autore dell’abuso non gode di un lucro rispetto all’alternativa sanzione della demolizione. L’applicazione dei richiamati principi anche nelle ipotesi in cui, come nel caso di specie, si debbano utilizzare i criteri indicati per la determinazione del costo di produzione dalla legge sull’Equo Canone, deve pertanto comportare l’adeguamento dei valori cui fare riferimento,  nella specie il valore al metro quadro dell’immobile, al momento in cui la sanzione viene irrogata, atteso che, diversamente opinando, si determinerebbe un ingiusto arricchimento per il proprietario dell’immobile abusivo, che già si avvantaggia della possibilità di non dover demolire il proprio immobile".

sentenza TAR Veneto 473 del 2013

L’installazione di impianti fotovoltaici può usufruire della detrazione IRPEF del 50%

16 Apr 2013
16 Aprile 2013

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n.22/E del 2 aprile 2013, ha risposto ad una istanza di consulenza giuridica in merito alla possibilità di fruire della detrazione Irpef del 50% per l’acquisto e l’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica (in quanto basati sull’impiego della fonte solare, e, quindi, sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia). Viene affermato che la realizzazione di impianti fotovoltaici è equiparata a tutti gli effetti alla realizzazione di interventi finalizzati al risparmio energetico, in quanto entrambi determinano una riduzione dei consumi da fonte fossile e, pertanto, può fruire della detrazione Irpef del 50% delle spese sostenute entro la soglia massima di spesa di €96.000 (la detrazione diverrà del
36% delle spese sostenute entro la soglia massima di spesa di €48.000 a decorrere dal 1° luglio 2013). Prima di tale interpretazione ministeriale vi erano dubbi in merito alla riconducibilità dell’installazione degli impianti fotovoltaici agli interventi previsti dall’art.16-bis, co.1 lett. h) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi che prevede, tra gli interventi che possono fruire delle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie, anche la realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia (seppure in assenza di opere edilizie). La detrazione fiscale per l’installazione di un impianto fotovoltaico diretto alla produzione di energia
elettrica è fruibile solo se l’impianto viene posto direttamente al servizio dell’abitazione (cioè per usi domestici, di illuminazione, alimentazione di apparecchi elettrici, ecc.). Se la cessione dell’energia elettrica prodotta in eccesso configura l’esercizio di un’attività commerciale (come nel caso in cui
l’impianto abbia potenza superiore ai 20 kw) ovvero se l’impianto non viene posto a servizio dell’abitazione la detrazione fiscale è esclusa. Il Ministero dello Sviluppo Economico prevede che la tariffa incentivante derivante dall’installazione dell’impianto fotovoltaico non sia applicabile qualora siano state riconosciute o richieste detrazioni fiscali. Pertanto, in fase di acquisto e installazione di un impianto fotovoltaico da parte di un soggetto Irpef è opportuno effettuare un calcolo di convenienza economica tra la fruizione della tariffa incentivante erogata dal Gse ovvero della detrazione fiscale Irpef
attualmente prevista nella misura del 50% con la soglia di spesa di €96.000 (dal 1° luglio 2013 nella misura del 36% con la soglia di spesa di €48.000).
In merito alla documentazione da conservare, che attesti il conseguimento di risparmi energetici derivanti dall’installazione di un impianto fotovoltaico, viene precisato che la realizzazione  dell’impianto comporta automaticamente la riduzione della prestazione energetica degli edifici: è, quindi, sufficiente conservare la documentazione comprovante l’avvenuto acquisto e installazione dell’impianto a servizio di un edificio residenziale. Rimangono applicabili tutte le altre regole previste per fruire della detrazione (in primis, l’obbligo di effettuare il pagamento delle spese mediante bonifico bancario o postale).

Tutta la Corte Costituzionale on line

16 Apr 2013
16 Aprile 2013

La Corte costituzionale rilascia i propri dati in formato aperto. Non soltanto quello delle sentenze, ma anche il proprio patrimonio informativo di pronunce, anagrafica dei Giudici costituzionali... Al momento, i dati messi a disposizione dalla Corte costituzionale riguardano quattro macro categorie di informazioni:
- l'archivio delle pronunce (circa 18.000 testi delle pronunce della Corte costituzionale dal 1956 ad oggi),
- l'archivio delle massime delle pronunce,
- l'anagrafica dei Giudici costituzionali, cioè l'elenco di tutti i Giudici costituzionali con le date  di giuramento, di cessazione e una breve nota biografica, le norme pendenti nei giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

Questo il lik alla Sezione open data del sito della Corte costituzionale, attiva in via sperimentale:
http://www.cortecostituzionale.it/ActionPagina_1177.do

Questo è il link alla notizia pubblicata su dati.gov.it:
www.dati.gov.it/content/la-corte-costituzionale-rilascia-i-dati-delle-sentenze-formato-aperto

Enti di volontariato e associazioni sportive dilettantistiche: le richieste del 5 per mille per il 2013

16 Apr 2013
16 Aprile 2013

Procedura al via per enti e associazioni che potranno richiedere ai contribuenti la destinazione di una quota pari al 5 per mille della propria Irpef dovuta per l’anno 2013. Le modalità di iscrizione e i criteri di ammissione al riparto per le diverse tipologie di soggetti sono ancora quelle stabilite con il DPCM datato 23 aprile 2010. Con la circolare n.6/E del 21 marzo 2013 l’Agenzia delle Entrate ha fissato i termini per quegli enti di volontariato e quelle associazioni sportive dilettantistiche che vorranno iscriversi negli elenchi al fine di godere del predetto beneficio.

Pubblichiamo una nota sull'argomento

5 per mille

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