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I nuovi indirizzi applicativi per gli appostamenti precari/temporanei di caccia in Veneto

31 Ott 2013
31 Ottobre 2013

Con la DGR. N. 1987 del 28 ottobre 2013 la Regione del Veneto ha stilato gli indirizzi applicativi in materia di allestimento di appostamenti per la caccia. Rilevanti sono i chiarimenti interpretativi relativi agli appostamenti precari/temporanei che, secondo l’emendamennto del 18 settembre 2013 in modifica della L.R. n. 50/1993 (precedentemente pubblicato), sono agevolmente rimovibili e destinati ad assolvere esigenze specifiche, contingenti e limitate nel tempo e ad essere rimossi al cessare della necessità.

Nella DGR si precisa che:

“per opera di agevole rimovibilità, si intende ogni opera le cui caratteristiche strutturali siano prive di elementi che in qualsiasi modo possano risultare di ostacolo ad una agevole e rapida rimozione; di conseguenza, affinché possa essere ritenuta di agevole rimovibilità, la struttura in questione deve rispondere a tutti i seguenti requisiti:

a) non comportare modificazioni irreversibili allo stato dei luoghi, nel senso che non deve alterare in modo permanente il terreno su cui viene istallata; il suo allestimento non presuppone cioè alterazioni morfologiche dei terreni, modifiche agli assetti vegetazionali, alterazioni al sistema drenante superficiale;

b) essere appoggiata sul terreno o, eventualmente, ancorata ad esso senza opere di fondazione, basamenti e/o opere in muratura, in modo da poter essere facilmente rimossa, senza modificare l’andamento naturale del terreno per realizzare pavimentazioni;

c) essere realizzata prevalentemente in legno o altro materiale naturale e comunque essere rivestita completamente di legno o altro materiale naturale; l’eventuale impermeabilizzazione della copertura deve essere posizionata sotto il tetto, realizzato quest’ultimo in legno o altro materiale naturale;

d) essere priva di qualunque allacciamento tecnologico per servizi di luce, acqua, riscaldamento e scarico di acque;

e) essere priva di qualsiasi tipo di recinzione;

per quanto concerne la condizione relativa all’assolvimento di “esigenze specifiche contingenti e limitate nel tempo”, essa si intende rispettata in presenza di strutture che vengono allestite non prima del 1° settembre, data di inizio della stagione venatoria, e che vengono completamente rimosse entro la fine della stagione venatoria stessa e comunque non oltre la fine del mese di febbraio dell’anno successivo a quello di allestimento.”

Per tali opere la norma prevede che venga presentata una DIA e che, ove le stesse ricadano in aree tutelate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, siano assoggettate a procedimento semplificato per l’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’allegato 1, punto 39, del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139. Qualora tali strutture precarie vengano rimosse entro 90 giorni, è sufficiente, dal punto di vista del titolo abilitativo edilizio, la semplice comunicazione al Comune territorialmente competente (si veda il comma 2 dell’articolo 3), mentre permane l’obbligo di acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica con procedura semplificata se si ricade in area a vincolo paesaggistico.

Con la stessa precisione vengono esamitate le ulteriori strutture di appostamento caccia a seconda del tipo di caccia o della tipologia di appostamento (fisso o che non costituiscono opera edilizia).

Dott.ssa Giada Scuccato

1987 CACCIA_DGR appostamenti caccia

1987_CACCIA_All A_appostamenti caccia

La Regione Veneto approva gli indirizzi applicativi in materia di appostamenti di caccia

30 Ott 2013
30 Ottobre 2013

La Giunta regionale del Veneto, ha approvato in data 28 ottobre le disposizioni in materia di appostamenti per la caccia e nello specifico gli indirizzi applicativi in materia di titoli edilizio e paesaggistico per la realizzazione di strutture adibite ad appostamento per l’esercizio della caccia, che si è inteso emanare a seguito della recente Legge Regionale numero 23 del 24 settembre scorso.

Nelle seguenti tabelle si riassume il contenuto della disciplina in questione :

“TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO          TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per appostamento precaria/temporanea ai sensi dell’articolo 3 della L.R. 23/2013

Struttura rimossa entro 90 giorni dall’allestimento: comunicazione al Comune;

Struttura rimossa oltre i 90 giorni dall’allestimento: DIA Autorizzazione paesaggistica: procedimento semplificato ai sensi dell’allegato 1, punto 39, del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per la caccia da appostamento agli ungulati, purché in presenza dei requisiti di cui all’articolo 20 bis, comma 3, della L.R. 50/1993

Comunicazione al Comune Non occorre l’autorizzazione paesaggistica

I requisiti dettati dall’articolo 20 bis, comma 3, della L.R. 50/1993 prevedono che dette strutture siano realizzate interamente in legno, abbiano il piano di calpestio, ovvero di appoggio, posto al massimo a nove metri dal piano di campagna, abbiano l’altezza massima all’eventuale estradosso della copertura pari a dodici metri e abbiano una superficie del piano di calpestio o di appoggio non superiore ai tre metri quadrati, siano privi di allacciamenti e di opere di urbanizzazione e comunque non siano provvisti di attrezzature permanenti per il riscaldamento.

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per la caccia da appostamento ai colombacci

Comunicazione al Comune purché in presenza dei requisiti di cui all’articolo 20 bis, comma 3bis, della L.R. 50/1993, che prevedono che le strutture siano correttamente mimetizzate e siano realizzate, secondo gli usi e le consuetudini locali, in legno e metallo, di altezza non superiore il limite frondoso degli alberi e che siano prive di allacciamenti e di opere di urbanizzazione e che comunque non siano provviste di attrezzature permanenti per il riscaldamento.

Autorizzazione paesaggistica:

1) procedimento semplificato ai sensi dell’allegato 1, punto 39, del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139 qualora la struttura abbia i requisiti di precarietà e temporaneità di cui ai punti 1 e 2 della lettera A) del presente allegato (Strutture precarie/ temporanee);

 2) procedura ordinaria qualora la struttura abbia carattere fisso; in tale caso si richiama quanto previsto alla lettera C) del presente allegato.

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per appostamento di caccia in territorio a gestione programmata vallivo lagunare Comunicazione al Comune competente   Nessuna autorizzazione

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per appostamento rimossa giornalmente   Nessuna autorizzazione né comunicazione Nessuna autorizzazione

Appostamenti che non costituiscono opera edilizia

Non costituiscono struttura/opera edilizia e pertanto non sono assoggettati alla disciplina vigente in materia edilizia e paesaggistica, quegli appostamenti approntati esclusivamente mediante l’assemblaggio di elementi vegetali naturali (rami, frasche, canne), senza l’impiego di alcun materiale costruttivo (metallo, mattone,ecc.) appoggiati e non ancorati al terreno e privi di qualsiasi basamento

Strutture fisse.

Le strutture per la caccia da appostamento che non rientrano né tra le strutture precarie/temporanee, né tra le strutture soggette ad apposita disciplina (ungulati, colombacci, appostamenti in territorio a caccia programmata lagunare vallivo, appostamenti giornalieri), né tra gli appostamenti che non costituiscono opera edilizia, si configurano quali interventi soggetti alle disposizioni vigenti in materia edilizia e, nel caso ricadano in aree tutelate dal Decreto Legislativo n.42/2004, alle disposizioni vigenti in materia paesaggistica”.

Appena disponibile, seguirĂ  la pubblicazione della Deliberazione della Giunta Regionale.

Dott.ssa. Giada Scuccato

La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22 della LR 50/2012 nella parte in cui non prevede la verifica di assoggettabilità per i centri commerciali di medie dimensioni

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

La sentenza della Corte Costituzionale è la n. 251 del 2013: "Nel merito, la questione avente ad oggetto l’art. 22 è fondata, nei termini di seguito precisati.

Il legislatore regionale prevede esplicitamente la VIA o la verifica di assoggettabilità a VIA per le «grandi strutture di vendita», aventi superficie superiore ai 2.500 metri quadrati, laddove il legislatore statale richiede che le medesime procedure di VIA o di verifica di assoggettabilità riguardino tutti i «centri commerciali» (d.lgs. n. 152 del 2006, Allegato IV alla Parte II, punto 7, lettera b). Orbene, ai sensi della normativa statale, i centri commerciali sono definiti come strutture di vendita di medie e grandi dimensioni, nelle quali più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente (art. 4, comma 1, lettera g, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 – Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59). Pertanto, la disposizione regionale impugnata si riferisce a una categoria di esercizi commerciali, quella delle grandi strutture di vendita, diversa da quella utilizzata dal legislatore statale. Per alcuni aspetti essa è più ampia, perché al suo interno annovera anche le grandi strutture che non possono essere definite centri commerciali, in quanto non ricomprendono una pluralità di esercizi; per altri aspetti, però, essa è più restrittiva, perché non include i centri commerciali di medie dimensioni.

Posto che la disciplina della VIA rientra senza alcun dubbio nella tutela dell’ambiente di competenza esclusiva dello Stato (sentenze n. 221 del 2010 e n. 234 del 2009), ne consegue che la disposizione regionale impugnata, discostandosi da quanto previsto dal d.lgs. n. 152 del 2006, Allegato IV alla Parte II, punto 7, lettera b), è costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nella parte in cui non include tra le strutture soggette a verifica di assoggettabilità (a VIA) i centri commerciali di medie dimensioni".

sentenza Corte Costituzionale 251 del 2013

La DGR 1721 del 2013 sull’articolo 38 del PTRC è stata pubblicata sul Bur n. 90 del 25 ottobre 2013

28 Ott 2013
28 Ottobre 2013

Con la DGR 1721 del 2013 la Giunta Regionale ha deliberato quanto segue:

1.       di dare atto che restano confermati gli elaborati della variante parziale del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) con attribuzione della valenza paesaggistica, adottato con DGR n. 427 del 10 aprile 2013;

2.       di prendere atto della Valutazione Tecnica Regionale n. 44 del 18.9.2013 (Allegato A) su supporto digitale che esplicita il significato e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui all'art. 38 delle norme tecniche al "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", che recepisce e fa proprie le considerazioni e conclusioni del parere del Comitato previsto dall'art. 27 della Legge regionale n. 11/2004 (Allegato A1) su supporto digitale, contenente l'elaborato grafico derivato dalla tav. 04 del PTRC;

3.       di prendere atto che l'ambito di applicazione dell'articolo 38 delle norme tecniche al "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", è esplicitato nell'elaborato grafico allegato al parere del Comitato previsto dall'art. 27 della Legge regionale n. 11/2004 che indica i comuni interessati;

4.       di incaricare il Dirigente della Direzione Urbanistica e Paesaggio, nelle more di approvazione del "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", di coordinare l'istruttoria degli strumenti urbanistici, interessati dalle disposizioni contenute nell'art. 38, delle norme tecniche del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica;

5.       di incaricare il Dirigente della Direzione Pianificazione Territoriale e Strategica, nelle more di approvazione del "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", ad assumere i provvedimenti e gli adempimenti previsti dalle diverse fattispecie contemplate al comma 4 dell'articolo 38, delle norme tecniche del "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica";

6.       di dare atto che il presente provvedimento non comporta spese a carico del bilancio regionale;

7.       di pubblicare la presente deliberazione nel Bolletino Ufficiale della Regione.

 DGRV 1721 del 2013

1721_ALLEGATO_A0_SCHEDA_VALUTATORE_01_259926.pdf
1721_ALLEGATO_A1_PARERE_COMITATO_VTR_259926.pdf
1721_ALLEGATO_A1_elaborato_cartografico_derivatro_dalla_tav_04_ptrc_var_259926.pdf

IL TAR ribadisce che il piano casa deroga alle distanze dai confini

25 Ott 2013
25 Ottobre 2013

La legge più iniqua approvata dalla Regione Veneto è il piano casa, interpretato nel senso che consenta di derogare alle distanze dai confini previste dalle NTA del PRG.

E il TAR Veneto conferma che va interpretato così nella sentenza n. 1213 del 2013, dove ritiene illegittime le disposizioni comunali che hanno previsto il contrario.

Scrive il TAR: "2.1. Il ricorso è fondato.
2.2. Ed infatti, l’art. 6 comma 10 della delibera del Consiglio Comunale n. 130/2011, attuativa della L.R. 14/2009 così come integrata e modificata dalla L.R. 13/2011, prevede l’applicabilità agli ampliamenti ex piano casa delle disposizioni del P.R.G. e del Regolamento Edilizio in materia di distanze tra edifici.
2.3. Ritiene il Collegio che tale previsione debba essere armonizzata con l’art. 2 comma 1, della L.R. 14/2009, che invece stabilisce l’operatività della legge sul piano casa in deroga a tutte le regole poste dagli atti di pianificazione di ogni livello (con la sola esclusione, in quanto estranei al campo applicativo della L.R. n. 14 del 2009, di quelle in materia ambientale o paesaggistica), e con l’art. 8, IV comma della L.R. n. 13/2011, che limita la possibilità dei Comuni d’ introdurre integrazioni e limitazioni alla normativa sul piano casa solo relativamente agli interventi sugli edifici non destinati a prima casa di abitazione. 2.4. Conseguentemente, poiché la delibera comunale impugnata non è diretta a regolamentare esplicitamente gli ampliamenti effettuati sulla prima casa di abitazione, bensì riguarda genericamente tutti gli interventi eseguibili in base al “piano casa”, appare possibile adottare un’interpretazione, nello specifico di tale art. 6 della delibera, conforme al dettato della legge regionale, nel senso di ritenerlo applicabile solo agli ampliamenti diversi da quelli effettuati sulla prima casa di abitazione.
2.5. Viceversa, nel caso di specie, trattandosi d’intervento sulla prima casa di abitazione, troverà piena applicazione la legge regionale citata, la quale, da una parte, consente di derogare a tutte le norme in tema di distanze (diverse da quelle di fonte statale), poste da fonti locali in materia urbanistico-edilizia, ivi comprese, quindi, le previsioni, come quella di specie, che subordinano la facoltà di costruire sul confine al previo consenso del vicino; dall’altra, inibisce ai Comuni di estendere la propria disciplina applicativa anche alla “prima casa”.
2.6. Conseguentemente, l’atto di diffida impugnato, poiché si fonda sulla mancata produzione di un atto di consenso del proprietario confinante, richiesto dagli artt. 6.1.2 delle NTGA e 11.1.3 delle NTSA del PRG di Venezia, risulta illegittimo per contrasto con la speciale disciplina derogatoria introdotta dalla normativa sul "Piano Casa".
2.7. Va infine evidenziato come non sia in questione il rispetto delle distanze tra fabbricati di cui all'art. 873 c.c. e al D.M. n. 1444 del 1968, in quanto, nel caso di specie, il fondo confinante è inedificato e la nuova sopraelevazione non avrà aperture verso di esso".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto 1213 del 2013

Linee di indirizzo applicativo agli operatori del settore siano essi soggetti pubblici, proponenti privati o professionisti per la VAS a seguito della Sentenza n. 58/2013 della Corte Costituzionale

23 Ott 2013
23 Ottobre 2013

Sul BUR n. 89 del 22 ottobre 2013 è stata pubblicata la Deliberazione della Giunta Regionale n. 1717 del 03 ottobre 2013, recante la presa d'atto del parere n. 73 del 2 luglio 2013 della Commissione regionale VAS "Linee di indirizzo applicative a seguito della sentenza n. 58/2013 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 40, comma 1, della Legge della Regione Veneto 6 aprile 2012, n. 13, nella parte in cui aggiunge la lettera a) del comma 1-bis all'art. 14 della Legge della Regione Veneto 26 giugno 2008, n. 4."

Scarica la versione stampabile del BUR n. 89 del 22/10/2013
Scarica la versione firmata del BUR n. 89 del 22/10/2013
Scarica versione stampabile Deliberazione della Giunta Regionale

La DGR 1721/2013 approva il parere della VTR su art. 38 PTRC

21 Ott 2013
21 Ottobre 2013

La deliberazione della Giunta regionale n. 1721 del 3 ottobre 2013 ha preso atto della Valutazione Tecnica Regionale n. 44 del 18 settembre 2013, riguardante l'art. 38 del PTRC.

dgr 1721 del 2013

A che punto è il nuovo piano casa del Veneto?

21 Ott 2013
21 Ottobre 2013

A che punto è il nuovo piano casa del Veneto? Il 23.10.2013 la Seconda Commissione del Consiglio Regionale inizia le audizioni sulle proposte di legge.

Ordine del Giorno

data seduta: 23.10.2013

luogo di convocazione: Consiglio regionale - Palazzo Ferro Fini

prima convocazione: 09:30

seconda convocazione: 10:30

La Commissione è convocata per mercoledì 23 ottobre 2013 alle ore 09:30 in prima convocazione e alle ore 10:30 in seconda convocazione

Argomenti all'ordine del Giorno

1.  Approvazione processo verbale della seduta precedente

2.  Comunicazioni del Presidente della Commissione

3.  AUDIZIONE in ordine a:

4.  Illustrazione - PDLR n. 200 del 09 settembre 2011
Proposta di legge di iniziativa dei consiglieri Bruno Pigozzo, Graziano Azzalin, Giuseppe Berlato Sella, Franco Bonfante, Mauro Bortoli, Roberto Fasoli, Stefano Fracasso, Laura Puppato, Sergio Reolon, Piero Ruzzante, Claudio Sinigaglia e Lucio Tiozzo relativa a: “Modifica dell'articolo 2 e dell'articolo 9 della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 in materia di ampliamento di edifici”

5.  Esame e parere - PDLR n. 295 del 03 agosto 2012
Proposta di legge di iniziativa dei consiglieri Costantino Toniolo, Davide Bendinelli, Dario Bond, Giancarlo Conta, Piergiorgio Cortelazzo, Nereo Laroni e Carlo Alberto Tesserin relativa a: “Modifiche alla legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 "Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per favorire l'utilizzo dell'edilizia sostenibile" e alla legge regionale 8 luglio 2011, n. 13 "Modifiche alla legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 "Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per favorire l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 in materia di barriere architettoniche" e successive modificazioni, alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 "Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio" e successive modificazioni e disposizioni in materia di autorizzazioni di impianti solari e fotovoltaici"”

6.  Esame e parere - PDLR n. 355 del 22 maggio 2013
Disegno di legge di iniziativa della Giunta regionale relativo a: “Provvedimenti per il sostegno al settore edilizio e per la riqualificazione delle aree degradate del Veneto. Piano di sviluppo edilizio.”

7.  Ore 10,30 con: - Anci - Urpv - Conord - Uncem - Confindustria Veneto - Ance Veneto - Arav Veneto - ConfcooperativeVeneto - Frav Veneto - CNA Veneto - Lega Coop Veneto - Unci Veneto - Casartigiani Veneto - Confagricoltura Veneto - Cia Veneto - Coldiretti Veneto Ore 11,00 con: - Federazione Ordine Ingegneri Veneto - Federazione Ordine Architetti Veneto - Assurb Veneto - Centro regionale studi urbanistici Veneto - CUP Veneto - Federazione Ordine dottori agronomi e dottori forestali Veneto - Collegio Geometri Veneto - Collegio Periti agrari e Periti agrari laureati - Inu Veneto - Inarch Veneto - Facoltà Architettura di Venezia - Facoltà Ingegneria di Padova - IUAV Dipartimento Urbanistica - CGIL Veneto - CISL Veneto - UIL Veneto - CISAL Veneto

Quando il Comune può limitare l’apertura di medie strutture di vendita in zona residenziale?

21 Ott 2013
21 Ottobre 2013

Nel post del 15.05.2013 si era detto che, secondo il T.A.R. Veneto n. 877/2013, la liberalizzazione delle attività commerciali non “non incide né condiziona di per sé le scelte di carattere urbanistico” del Comune, il quale può legittimamente organizzare il proprio territorio imponendo delle limitazioni all’apertura di nuovi esercizi commerciali.

 Il T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, nella sentenza del 10 ottobre 2013 n. 2271, torna sulla questione precisando però che la pianificazione urbanistica del Comune non può ex se legittimamente incidere sulla libertà di iniziativa economica: a tal fine sono necessari dei “motivi imperativi di interesse generale”.

Nel caso di specie una media struttura di vendita di 600 m.q. di superficie aveva chiesto di ampliare la propria superficie, senza modificare né il volume né la sagoma. Il Comune, però, aveva negato l’intervento perché, in base alle le disposizioni commerciali recepite dal PGT, le strutture di vendita con superficie maggiore di 600 m.q. non possono essere realizzate in zona residenziale.

Il Collegio, alla luce dei numerosi provvedimenti legislativi che, nel corso del tempo, hanno disciplinato la materia de qua, giunge a ritenere che il divieto incondizionato di apertura di medie strutture di vendita superiori ai 600 m.q.. in zona residenziale è in contrasto con la direttiva servizi n. 132/2006/CE (c.d. Direttiva Bolkestein) che ha liberalizzato le attività commerciali.

A riguardo si legge che: “Occorre ricordare che la disciplina nazionale relativa all’apertura di nuovi esercizi commerciali è stata oggetto di una lunga e travagliata evoluzione.

Il decreto legislativo n. 114 del 1998, nell’intento di superare la precedente normativa dirigistica di cui alla L. 426 del 1971, che sottoponeva l’apertura di nuovi esercizi ad un rigido sistema di contingentamento basato sulla pianificazione del rapporto fra domanda ed offerta, aveva completamente liberalizzato il segmento degli esercizi di vicinato e rimesso, invece, alle regioni la regolamentazione della apertura delle medie e grandi strutture di vendita, la cui apertura restava (e resta ancora oggi) soggetta a specifica autorizzazione.

In particolare, il predetto decreto legislativo aveva prefigurato un meccanismo di forte integrazione fra urbanistica e disciplina economica delle attivitĂ  commerciali di maggiore rilevanza, prevedendo che le regioni dovessero dettare indirizzi generali per il loro insediamento e criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale destinati ad essere recepiti in sede di pianificazione del territorio da parte dei comuni (art. 7, comma 5).

Tale sistema aveva dato luogo a interpretazioni non univoche, sostenendosi da parte di alcuni che il piano regolatore generale, per effetto delle previsioni contenute nel D.lgs. n. 114 del 1998, avrebbe mutato la sua natura, divenendo uno strumento misto di pianificazione economica oltre che urbanistica, mentre altri avevano, al contrario, ritenuto che, scomparsi i piani del commercio, le uniche limitazioni all’apertura di medie e grandi strutture di vendita potessero fondarsi su esigenze di ordine territoriale, non potendo la disciplina urbanistica essere piegata a finalità di controllo autoritativo delle dinamiche fra la domanda e l’offerta di servizi di intermediazione commerciale.

Sul punto, alcuni anni più tardi, è intervenuto il legislatore che, con il D.L. n. 223 del 2006, ha definitivamente sancito il divieto (valevole anche per le regioni) di sottoporre l’apertura di nuovi esercizi commerciali (ivi comprese medie e grandi strutture) a limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale.

Il settore dei servizi privati, nell’ambito del quale rientra il commercio, è stato poi oggetto di una specifica direttiva comunitaria (n. 123/2006 altrimenti detta “Bolkestein”) volta alla riduzione dei vincoli procedimentali e sostanziali gravanti sugli stessi al fine di favorire la creazione nei vari Stati membri di un regime comune mirato a dare concreta attuazione ai principi di libertà di stabilimento e libera prestazione.

La direttiva Bolkestein ha profondamente inciso sullo statuto delle libertà economiche rispetto alle quali, in passato, l’art. 41 Cost. ha costituito un assai debole presidio, consentendo che il loro esercizio potesse essere incondizionatamente subordinato nell’an e nel quomodo a qualunque tipo interesse pubblico assunto dal legislatore (ed a cascata dalla p.a.) ad oggetto di tutela.

La normativa comunitaria prevede, invece, che l’iniziativa economica non possa, di regola, essere assoggettata ad autorizzazioni e limitazioni (specie se dirette al governo autoritativo del rapporto fra domanda ed offerta), essendo ciò consentito solo qualora sussistano motivi imperativi di interesse generale rientranti nel catalogo formulato dalla Corte di Giustizia. La medesima normativa stabilisce, inoltre, che, anche qualora sussistano valide ragioni per adottare misure restrittive della libertà d’impresa, queste debbano essere adeguate e proporzionate agli obiettivi perseguiti.

La direttiva Bolkestein è stata recepita nell’ordinamento interno dal D.lgs. n. 59 del 2010 e ad essa sono ispirati tutti i numerosi provvedimenti di liberalizzazione varati nella scorsa legislatura, i quali ne hanno precisato la portata e gli effetti.

Costituisce una costante di tutti questi atti normativi la distinzione fra atti di programmazione economica – che in linea di principio non possono più essere fonte di limitazioni all’insediamento di nuove attività – e atti di programmazione aventi natura non economica, i quali, invece, nel rispetto del principio di proporzionalità, possono imporre limiti rispondenti ad esigenze annoverabili fra i motivi imperativi di interesse generale (art. 11, comma 1, lett. e) del D.lgs. n. 59 del 2010, art. 34, comma 3, lett. a) del D.lgs. 201/2011).

Tale distinzione deve essere operata anche nell’ambito degli atti di programmazione territoriale, i quali non vanno esenti dalle verifiche prescritte dalla direttiva servizi per il solo fatto di essere adottati nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, dovendosi verificare se in concreto essi perseguano finalità di tutela dell’ambiente urbano o, comunque, riconducibili all’obiettivo di dare ordine e razionalità all’assetto del territorio, oppure perseguano la regolazione autoritativa dell’offerta sul mercato dei servizi attraverso restrizioni territoriali alla libertà di insediamento delle imprese.

Il legislatore ha stabilito, infatti, che:

a) ricadono nell’ambito delle limitazioni vietate (salvo la sussistenza di motivi imperativi d’interesse generale) non solo i piani commerciali che espressamente sanciscono il contingentamento numerico delle attività economiche, ma anche gli atti di programmazione che impongano “limiti territoriali” al loro insediamento (artt. 31, comma 1 e 34, comma 3 del D.L. 201/2011)

b) debbono, perciò, considerarsi abrogate le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongano limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscano, condizionino o ritardino l’avvio di nuove attività economiche o l’ingresso di nuovi operatori economici (art. 1 del D.L. n. 1/2012).

Le norme sopra menzionate impongono al giudice chiamato a sindacare la legittimità degli atti di pianificazione urbanistica che dispongono limiti o restrizioni all’insediamento di nuove attività economiche in determinati ambiti territoriali, l’obbligo di effettuare un riscontro molto più penetrante di quello che si riteneva essere consentito in passato; e ciò per verificare, attraverso un’analisi degli atti preparatori e delle concrete circostanze di fatto che a tali atti fanno da sfondo, se effettivamente i divieti imposti possano ritenersi correlati e proporzionati a effettive esigenze di tutela dell’ambiente urbano o afferenti all’ordinato assetto del territorio sotto il profilo della viabilità, della necessaria dotazione di standard o di altre opere pubbliche, dovendosi, in caso contrario, reputare che le limitazioni in parola non siano riconducibili a motivi imperativi di interesse generale e siano, perciò, illegittime (sul punto si veda la sentenza 15/3/2013 n. 38 della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato la illegittimità costituzionale per contrasto con l’art. 31 del D.L. 201 del 2011 dell’art. 5, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e dell'art. 6 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 marzo 2012, n. 7, perché con essi veniva precluso l’esercizio del commercio al dettaglio in aree a destinazione artigianale e industriale, in assenza di plausibili esigenze di tutela ambientale che potessero giustificare il divieto)”.

 Per quanto concerne l’efficacia retroattiva o meno delle suddette disposizioni, il T.A.R. asserisce che: “i provvedimenti legislativi sopra menzionati non dispongono solo per il futuro, ma contengono clausole di abrogazione attraverso le quali il legislatore statale ha manifestato la volontà di incidere sulle norme regolamentari e sugli atti amministrativi generali vigenti, imponendo alle regioni ed agli enti locali una revisione dei propri ordinamenti finalizzata ad individuare quali norme siano effettivamente necessarie per la salvaguardia degli interessi di rango primario annoverabili fra i motivi imperativi di interesse generale e quali, invece, siano espressione diretta o indiretta dei principi dirigistici che la direttiva servizi ha messo definitivamente fuori gioco (vedasi l’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 31 del D.L. 201 del 2011 e il comma 4 dell’art. 1 del D.L. n. 1 del 2012).

Il problema se, una volta decorso il periodo assegnato agli enti territoriali per recepire i nuovi principi nei propri ordinamenti, le norme regolamentari e gli atti amministrativi generali con essi incompatibili debbano o considerarsi automaticamente abrogati (e, quindi, non più applicabili anche nei giudizi concernenti l’impugnazione di atti applicativi) ha già trovato risposta nella giurisprudenza amministrativa, la quale ha sancito che l'inutile decorso del termine assegnato dal legislatore statale per l’adeguamento degli ordinamenti regionali e locali ai principi in materia di concorrenza determina la perdita di efficacia di ogni disposizione regionale e locale, legislativa e regolamentare, con essi incompatibili. E ciò in forza di quanto sancito dal comma 2 dell’art. 1 della L. 131 del 2003 a mente del quale le disposizioni regionali vigenti nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia (Cons. Stato, V, 5/5/2009, n. 2808; TAR Toscana 6400/2010; TAR Sicilia, Palermo, 6884/2010, TAR Friuli Venezia Giulia 145/2011)”.

 Chiarito ciò, i Giudici affermano che la norma delle NTA del PTG impugnata deve “ritenersi abrogata per incompatibilità con la normativa sopravvenuta in materia di liberalizzazione del mercato dei servizi, non avendo il Comune adempiuto all’obbligo di adeguare alla stessa i propri atti di pianificazione entro il termine previsto dall’art. 31 comma 2 ultimo periodo del D.L. 201 del 2011”.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza TAR Veneto 877 del 2012

TAR Lombardia n. 2271 del 2013

DGR n. 1717/2013: Linee di indirizzo applicativo per la VAS sugli strumenti urbanistici a seguito della sentenza della Corte Costituzionale

17 Ott 2013
17 Ottobre 2013

Si allega la DGRV n. 1717/2013 - in attesa di pubblicazione sul BURV - che detta le: "Linee di indirizzo applicative a seguito della sentenza n. 58/2013 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 40, comma 1, della Legge della Regione Veneto 6 aprile 2012, n. 13, nella parte in cui aggiunge la lettera a) del comma 1-bis all’art. 14 della Legge della Regione Veneto 26 giugno 2008, n. 4."

DGR 1717

DGR 1717_Allegato A

 

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