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Un accordo di pianificazione ex art. 6 L. 11/2004 non è impugnabile fino a quando non diventi efficace dopo il recepimento nel PAT o nel PI

18 Ago 2014
18 Agosto 2014

Segnaliamo su questa questione la sentenza del TAR Veneto n. 986 del 2014.

Scrive il TAR: "è da osservare come, anche a voler superare la dedotta tardività, sia indubitabile che in ogni caso la lesività di detto accordo si paleserà soltanto una volta che lo stesso sarà divenuto efficace e operativo. Infatti, come la stessa difesa di parte ricorrente ha riconosciuto, detto accordo necessita, per essere efficace, di essere recepito e divenire parte integrante dello strumento urbanistico, ossia del PAT e quindi del PI. Prima di tale momento, l’accordo - sebbene esprima la volontà, politica, del Comune di dare avvio ad un intervento che darà luogo, nella specie, alla realizzazione di un parcheggio pubblico sotterraneo e che prevede anche una ben precisa contropartita in favore della Parrocchia - non è tuttavia in grado di produrre alcun effetto: ne consegue che, in ogni caso, le censure dedotte avverso tale atto sono comunque inammissibili in quanto riferite a contenuti dell’accordo che, quanto meno al momento in cui è stato proposto il ricorso, non erano in alcun modo operativi. Solo nell’ipotesi in cui si dovesse accertare che il contenuto dell’accordo è già stato recepito nel PUA impugnato, allora si potrà valutare l’eccezione di tardività".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 986 del 2014

L’art. 34 della L. Reg. n. 11/2004 vieta di reiterare il vincolo espropriativo più di una volta anche con variante ordinaria

24 Lug 2014
24 Luglio 2014

La questione è esaminata dalla sentenza del TAR Veneto n. 920 del 2014, dove si legge che: "4. E’ in particolare fondato il secondo motivo, laddove si rileva la violazione dell’art. 34 della L. Reg. n. 11/2004 nella parte in cui prevede il divieto di reiterazione del vincolo espropriativo non più di una volta. 

4.1 La lettura della deliberazione n. 21/2013 conferma la validità della prospettazione dei ricorrenti e, nel contempo, consente di evincere come l’imposizione del vincolo sia avvenuta una prima volta con la deliberazione n. 2733/1995. Si desume, altresì, che una successiva reiterazione è stata posta in essere con la variante n. 18/2004 approvata con la delibera del Consiglio comunale di Vittorio Veneto n. 73/2004.

4.2 E’, allora, evidente che la seconda reiterazione del vincolo è stata “adottata” con la delibera n.21/2013 e poi approvata con la delibera della Provincia di Treviso e, ciò, in violazione dell’espresso divieto in questo senso contenuto nell’art. 34 sopra citato.

4.3 A fronte di detto dato oggettivo non è possibile condividere le tesi dell’Amministrazione comunale laddove evidenzia che la prima
reiterazione sarebbe stata posta in essere in un momento in cui non era ancora entrato in vigore l’art. 34 della L. reg. 11/2004.

4.4 L’infondatezza di detta argomentazione è evidente laddove si consideri che nel momento in cui veniva emanata la delibera di
adozione n. 21/2013 era pienamente vigente il divieto in questione, circostanza che avrebbe dovuto obbligare l’Amministrazione comunale a non procedere ad un’ennesima reiterazione.

5. Nemmeno appaiono di pregio le argomentazioni dirette a sostenere che l’adozione della variante ordinaria ai sensi dell’art. 50 comma 1 e 3 della L. Reg.11/2004 consentirebbe di superare il divieto di reiterazione sopra citato.

5.1 Se così fosse si introdurrebbe un regime differenziato a secondo che il vincolo sia contenuto in una variante ordinaria o semplificata. 

5.2 La differenza tra variante predisposta in forma semplificata (ai sensi dell’art. 50 comma 4 della L. Reg. 61/1985), e quella predisposta ai sensi del comma 1, va individuata nel solo fatto che la variante ordinaria ha lo scopo di modificare la destinazione urbanistica per le aree non conformi, introducendo un vincolo espropriativo in precedenza non previsto".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 920 del 2014

Richiesta di parere alla seconda commissione consiliare sull’atto di indirizzo relativo al dimensionamento dei piani e degli standard di aree per servizi”

23 Lug 2014
23 Luglio 2014

Pubblichiamo la deliberazione della Giunta regionale n.  99/CR  del 15 luglio 2014, contenente  la richiesta di parere alla seconda commissione consiliare (lr n. 11/2004 art. 46, comma 1), circa l'atto di indirizzo recante: ''Lr 23.4.2004 n. 11: Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio'', art. 46, comma 1, lett. b): ''Il dimensionamento dei piani e degli standard di aree per servizi''.

richiesta parere II Commissione CR 99]-attiindirizzo aree standard

Il piano casa deroga anche alla previsione urbanistica a verde privato

10 Lug 2014
10 Luglio 2014

Un soggetto aveva  presentato al Comune una istanza ai sensi della legge regionale n. 13/2011 (secondo Piano casa), al fine di ottenere il permesso di costruire, in ampliamento della propria casa di abitazione, un ulteriore appartamento da destinare a sua volta ad abitazione, ampliamento che sarebbe stato realizzato sull’area contermine, avente destinazione urbanistica F5 – Verde privato. Il Comune, dopo aver richiesto una serie di integrazioni documentali (debitamente eseguite dall’interessata), ha opposto il diniego, rilevando l’inaccoglibilità della richiesta in quanto la prima casa di  abitazione ricade in ZTO C1S/19 e l’ampliamento della stessa sarebbe avvenuto in un ambito, classificato come ZTO F5 (verde privato), nel quale è vietato ogni intervento, così concretando (sempre secondo il Comune) l’ipotesi di cui al l’art. 9, comma q), lettera c) della legge regionale n. 14/2009 e smi.  Secondo il Comune, la previsione urbanistica relativa all’area sulla quale sarebbe stato previsto l’ampliamento della prima casa di abitazione, darebbe luogo ad una particolare disciplina di protezione che, impedendo ogni intervento costruttivo – sia ex novo che in ampliamento – non renderebbe possibile nella specie l’applicazione della normativa regionale sul Piano Casa.

Il TAR Veneto, con la sentenza n. 877 ha, però, accolto il ricorso, smentendo la tesi del Comune.

Scrive il TAR: "Invero, non possono in alcun modo essere condivise le argomentazioni difensive svolte dall’amministrazione comunale, che pretende di far assurgere a vincolo di sostanziale protezione, così come richiamato dall’art,. 9, comma q), lettera c) della legge regionale, la sola previsione urbanistica dettata per l’area de qua delle vigenti n.t.a (art. 24). Infatti, detta previsione ha il solo valore di indicare per l’area de qua una determinata previsione urbanistica, assegnandole la relativa classificazione, ma detta previsione assume portata generale, come tale derogabile ai sensi e per gli effetti della normativa regionale sul Piano Casa, la quale, come noto, favorisce gli interventi di ampliamento della prima abitazione, anche in deroga alle previsioni contenute negli strumenti urbanistici comunali.  L’invocato regime di protezione non può quindi essere individuato nel caso di specie, tenuto conto altresì del costante insegnamento che individua tale eventualità con riferimento a singoli edifici, soggetti a specifici gradi di protezione in ragione del loro particolare pregio ovvero, sulla base di espressa e motivata previsione, con riferimento ad ambiti dotati di particolare pregio (ad esempio, sotto il profilo storico o paesaggistico). Poiché dette particolari condizioni non sussistono nel caso di specie, così come peraltro confermato dalla stessa amministrazione comunale, la quale con la delibera consiliare n. 50 del 29.11.2011 (mai revocata sul punto), ha espressamente ritenuto di escludere dagli interventi eseguibili in applicazione della normativa sul Piano Casa le zone F, eccezion fatta per le zone F5, risulta evidente l’illegittimità del diniego opposto. Né può valere l’assunto difensivo di parte resistente che – invocando il punto 1 della lettera A) dell’allegato alla delibera C.C. n. 50/2011 – intende escludere l’applicazione delle disposizioni ivi dettate alle prime case di abitazione, tenuto conto del fatto che comunque troverebbe applicazione, così come ivi parimenti disposto, la disciplina di cui alla L.r. 14/2009 e quindi dei medesimi principi sopra richiamati. Da ultimo, va altresì osservato come il richiamo alla diversa ipotesi di cui alla lettera d) del medesimo art.9, non solo non risulta conferente (non trattandosi di un vincolo di inedificabilità ai sensi dell’art. 33 della legge 47/85), ma soprattutto trattasi di un profilo che non è stato indicato a fondamento del diniego opposto e che, pertanto, costituisce un’inammissibile integrazione della motivazione". 

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 877 del 2014

La circolare sul piano casa approvata dalla 2^ Commissione Consiliare (molto diversa dalla precedente)

04 Lug 2014
4 Luglio 2014
In data 2 luglio 2014 la II Commissione Consiliare ha approvato il testo della circolare sul piano casa, molto diverso da quelli precedenti (che dovrà essere poi recepita con DGRV).
 
Il testo è reperibile al seguente link:
 

Classificazione delle strutture ricettive alberghiere

16 Giu 2014
16 Giugno 2014

Sul Bur n. 59 del 13/06/2014 è stata pubblicata la DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE n. 807 del 27 maggio 2014
Classificazione delle strutture ricettive alberghiere. Nuova disciplina per le procedure, la documentazione e i
requisiti di attribuzione del livello e categoria ai sensi degli articoli 29, 31, 32, 33 e 34 della legge regionale 14 giugno
2013, n. 11 "Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto".Deliberazione n.10/CR dell'11 febbraio 2014.

La delibera provvede a definire il quadro complessivo dei requisiti strutturali e di servizio per la classificazione delle strutture ricettive alberghiere in seguito a quanto stabilito dalla nuova legge regionale n. 11/2013, in materia di turismo.

DGRV_807_2014-Classificazione strutture alberghiere

NB: dalla data di pubblicazione nel BUR del presente provvedimento, sono abrogate - ai sensi dell'articolo 51, comma 3, della legge regionale n. 11/2013 - le seguenti disposizioni della legge regionale n. 33/2002 limitatamente alle strutture ricettive alberghiere:

-      l'articolo 4, comma 1, lettera e) limitatamente al numero 41;

-      gli articoli 22, 23, 24, nonché gli articoli da 32 a 43;

-      gli allegati contraddistinti con le lettere da B a E;

-      gli allegati H, I e Q.

Il TAR Veneto continua a ribadire che il piano casa deroga alla distanza dai confini

30 Mag 2014
30 Maggio 2014

Segnaliamo la sentenza del TAR Veneto n. 589 del 2014, che riconferma la sua giurisprudenza, secondo la quale il piano casa deroga alla distanza dai confini.

La fattispecie esaminata riguarda il secondo piano casa, in presenza di una deliberazione consiliare che imponeva il rispetto delle distanze dai confini anche per la prima casa di abitazione.

sentenza TAR Veneto 589 del 2014

La Corte dei Conti del Veneto sui compensi per il piano degli interventi

28 Mag 2014
28 Maggio 2014

Pubblichiamo  il parere della Corte dei Conti del Veneto sulla applicazione dei compensi per gli atti di pianificazione, ai sensi dell’art. 92, comma 6, del D.Lgs. n.163/2006. La Corte esamina il collegamento tra l'atto di pianificazione e la successiva realizzazione dell'opera pubblica.

Dati Deliberazione

: SRCVEN/319/2014/PAR
: 2102-19/05/2014-SRCVEN
: Sezione Controllo Regione Veneto
: Attivita' consultiva ai sensi dell'art. 7, co. 8, l. 131/2003 (pareri)
:
: 29/04/2014
: 14/05/2014
: IAFOLLA CLAUDIO
 
: Parere formulato ai sensi dell'articolo 7, comma 8, della Legge 131/2003, in merito alla applicazione dei compensi per atti di pianificazione ai sensi dell’art. 92, comma 6, del D.Lgs. n.163/2006 e, in particolare, se la redazione di un Piano degli Interventi con il recupero e la valorizzazione delle aree a vincolo decaduto e delle aree di trasformazione delle frazioni possa rientrare nel novero degli atti di pianificazione comunque denominati previsti dalla norma; e se l'incentivo possa essere corrisposto oltre che ai dipendenti in possesso delle specifiche competenze tecniche professionali, anche a dipendenti che partecipino alla redazione del piano a vario titolo (urbanisti, avvocati, agronomi, geologi, informatici, geometri, periti, disegnatori).
geom. Daniele Iselle
 
 

TAR Veneto:come si interpreta la norma del PTRC in materia di salvaguardia dell’Architettura del 900

26 Mag 2014
26 Maggio 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 704 del 2014. 

Scrive il TAR: "....Preliminarmente ritiene il Collegio che sia fondata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso formulata dalla difesa della Regione.

In particolare, la disciplina normativa delle “Architetture del Novecento”, fra le quali viene elencata la “Manifattura Tabacchi”, è contenuta nell’art. 62 delle n.t.a. del PTRC, il cui comma 3, per quanto qui interessa, stabilisce che: “I Comuni in sede di redazione dei propri strumenti di pianificazione provvedono ad implementare l’elenco (degli edifici e sistemi del Novecento) mediante un tavolo di concertazione a regia regionale nonché ad attivare specifiche e differenziate politiche locali di salvaguardia, valorizzazione e recupero, che valorizzino gli elementi architettonici, gli apparati decorativi e i caratteri insediativi”. Mentre al successivo comma 4 si adotta una misura di salvaguardia del seguente tenore: “fino all’adeguamento degli strumenti di pianificazione comunale per gli edifici e sistemi di cui al comma 1, fatti salvi quelli già disciplinati con finalità di salvaguardia dalla vigente pianificazione comunale, è vietata la demolizione e l’alterazione significativa dei valori architettonici, costruttivi e tipologici”.

Ciò premesso, la difesa della Regione ha correttamente osservato che tale ultima norma (comma 4), diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, non pregiudica, di per sé, la realizzazione dei progetti di recupero e valorizzazione già previsti dagli strumenti di pianificazione comunale, in quanto tali progetti siano finalizzati alla tutela e alla salvaguardia degli edifici rientranti nelle “Architetture del Novecento”.

Ed infatti, ha evidenziato la resistente, l’individuazione, da parte della Regione, in sede di variante al PTRC, degli edifici e/o sistemi di edifici rientranti nelle “Architetture del Novecento”, è diretta ad identificare manufatti rilevanti per la ricchezza di relazioni che instaurano con i loro contesti, per il rapporto con il territorio, potendo comprendere sia fabbricati sottoposti a vincolo monumentale o urbanistico, da tutelare, recuperare e conservare, sia fabbricati privi di valore storico-architettonico e quindi da considerare anche ai fini di una possibile demolizione in funzione della salvaguardia, valorizzazione e riconversione dell’intero complesso individuato.

Di qui, in ragione della mancanza di una lesione attuale degli interessi della ricorrente, la dedotta inammissibilità del ricorso per difetto d’interesse.

Ed invero le osservazioni della difesa regionale appena riportate, e la valutazione, anticipata da questo Collegio nell’ordinanza cautelare, per cui le previsioni del piano relative alle “Architetture del 900” abbiano caratteri di generalità ed astrattezza, trovano conferma in alcuni passaggi della relazione illustrativa di cui all’allegato B della delibera n. 427 del 10 aprile 2013.

Infatti, da tale relazione ne emerge che lo scopo della variante, con riferimento alle “Architetture del 900”, è quella d’individuare solo delle linee generali per la salvaguardia e la valorizzazione di alcuni manufatti del Novecento, manufatti fino ad ora sprovvisti di alcuna tutela specifica, sebbene dotati di un certo valore storico e architettonico che si vuole ora riconoscere. In particolare, in tale relazione si sottolinea più volte che l’obiettivo del progetto non è quello di tutelare singoli elementi di pregio architettonico e urbanistico, ma di mirare “al riconoscimento del ruolo da essi rivestito nel conferire qualità e identità al territorio veneto contemporaneo”. Quindi tali manufatti e sistemi di edifici sono tutelati non tanto per il loro pregio intrinseco, quanto “per la ricchezza di relazioni che instaurano con i loro contesti”, ed in quanto, nel loro complesso o nell’interrelazione con il territorio, generano “veri e propri nuovi paesaggi”.

Ancora si evidenzia nella relazione illustrativa che “l’insieme delle schedature realizzate costituisce non un punto di arrivo ma piuttosto un punto di partenza. Questa prima selezione di manufatti andrà infatti integrata dagli enti locali territoriali, che potranno fare ulteriori segnalazioni e proporre politiche articolate mirate alla salvaguardia e valorizzazione”. Inoltre, anche la pianificazione paesaggistica regionale d’Ambito “sarà l’occasione per una definizione maggiormente dettagliata dei progetti individuati”.

D’altro canto, si è detto, come nel comma 3 dell’art. 62 delle n.t.a. del PTRC, si rimetta ai Comuni il compito di “attivare specifiche e differenziate politiche locali di salvaguardia, valorizzazione e recupero di tali manufatti”.

Pertanto, applicando tali concetti e tali previsioni normative alla fattispecie in esame, ne deriva che:

a) il complesso industriale della “Manifattura Tabacchi” non è oggetto, da parte della delibera impugnata, di una diretta e specifica disciplina delle forme di tutela, valorizzazione e riqualificazione, rientrando, invece, nell’ambito di un progetto, non ancora definito, di tutela del patrimonio novecentesco, al quale sono chiamati a partecipare, sin dalla fase formativa, anche i Comuni; ed essendo, poi, la modulazione delle concrete politiche di salvaguardia e valorizzazione e la definizione di progetti maggiormente dettagliati, rimessa alla discrezionalità di quest’ultimi o dei Piani Paesaggistici d’Ambito;

b) in ogni caso, oggetto di tale tutela non sono individualmente i singoli edifici che compongono la “Manifattura Tabacchi”, ed i magazzini di stoccaggio in particolare, ma questa genericamente nel suo insieme, per la sua capacità di conferire “qualità e identità al territorio veneto contemporaneo”, e di interagire con il contesto urbano di riferimento, generando un “nuovo paesaggio”.

Coerentemente con tale assetto normativo e progettuale, la misura di salvaguardia di cui al comma 4 dell’art. 62 delle n.t.a. della delibera impugnata, a differenza delle tipiche misure di salvaguardia urbanistiche, vieta la demolizione e l’alterazione significativa degli edifici e dei sistemi di edifici identificati “fino all’adeguamento degli strumenti di pianificazione comunale”.

Ciò vuol dire che tale misura di salvaguardia, anziché imporre al Comune l’obbligo di soprassedere al rilascio di permessi di costruire in contrasto con il piano paesaggistico e fino all’approvazione del medesimo, rimanda sin da subito all’amministrazione locale, sia la definizione di una disciplina di dettaglio, con ampia discrezionalità circa la modulazione del grado e dell’intensità della tutela degli edifici e dei sistemi di edifici, sia la successiva attività di valutazione in ordine alla concreta compatibilità di ciascun progetto edilizio con gli obiettivi di valorizzazione del patrimonio novecentesco interessato.

Pertanto, nel caso di specie, allo stato, nulla esclude che il Comune, sulla base della successiva evoluzione procedimentale della fase attuativa della delibera regionale e nell’esercizio della propria residua discrezionalità, possa alla fine giungere a ritenere - in sintonia con gli interessi della ricorrente - compatibile, con gli obiettivi di conservazione e di valorizzazione del complesso industriale della “Manifattura Tabacchi”, anche la demolizione dei magazzini di stoccaggio, se considerati, quest’ultimi, di per sé stessi privi di valore storico-architettonico ed ininfluenti sul valore identitario del complesso industriale.

Ne deriva che la delibera della giunta regionale in oggetto, al momento, non è di ostacolo alla realizzazione delle previsioni del P.I. e del progetto presentato dalla ricorrente, e non essendo quindi attualmente lesiva, potrà essere eventualmente impugnata, quale atto presupposto, solo in esito all’applicazione che di essa ne faccia il Comune nella fase attuativa.

In conclusione, il ricorso deve essere giudicato inammissibile per difetto d’interesse...".

geom. Daniele Iselle

sentenza TAR Veneto n. 704 del 2014

le serre una volta esaurita la finalità per la quale sono state realizzate, devono essere rimosse e non è ammesso un diverso utilizzo

22 Mag 2014
22 Maggio 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 584 del 2014.

Si legge nella sentenza: "4. Altrettanto censurabile è l’argomentazione, contenuta nel terzo motivo, diretta a sostenere l’inesistenza del contestato mutamento di destinazione d’uso e, ciò, contestualmente alla dedotta carenza di un’idonea motivazione circa l’interesse pubblico esistente a superare un presunto affidamento ingenerato nei ricorrenti.

4.1 L’esame del provvedimento impugnato consente di smentire le argomentazioni di parte ricorrente. In primo luogo va rilevato come la Regione Veneto abbia accertato (come è evincibile dal provvedimento impugnato) la non conformità delle opere interne esistenti con le concessioni edilizie n. 97/122 e 99/144, difformità queste ultime verificate anche per quanto attiene il permesso di costruire n.10/002.

4.2 Per quanto attiene detto ultimo titolo abilitativo va rilevato, sin d’ora, come la demolizione sia una conseguenza diretta di quanto previsto dal comma 6 dell’art. 44 della L. reg.11/2004 e dalla successiva Delibera di Giunta regionale n. 172/2010. In particolare l’art. 44 comma 6 sopra citato, disciplina quest’ultima che costituisce il fondamento per il rilascio del permesso di costruire n. 10/002, prevede il potere della Giunta regionale di individuare “le caratteristiche costruttive e le condizioni da rispettare per l'installazione delle serre tunnel di cui al presente comma”.

4.3 In ossequio a detta disposizione la Delibera di Giunta n. 172/2012 ha previsto che “le serre una volta esaurita la finalità per la quale sono state realizzate, devono essere rimosse e non è ammesso un diverso utilizzo né il cambio di destinazione d’uso del relativo volume/superficie”. Ne consegue che la legislazione regionale ha attribuito ad una successiva delibera il potere di disciplinare le “condizioni da rispettare per l’installazione”, delibera che a sua volta ha esplicitamente sancito l’obbligo della rimozione delle serre tutte le volte che ne sia cessato l’uso in relazione al quale le stesse erano state realizzate. In considerazione della vigenza della normativa sopra richiamata è del tutto evidente che l’Amministrazione comunale non poteva che disporre la demolizione della serra di cui ora si tratta e, ciò, nel momento in cui si era accertato l’avvenuto mutamento di destinazione d’uso e lo svolgimento di un’attività di vendita di piante all’ingrosso. 

4.4 Si consideri, ancora, che l’ordinanza impugnata ha evidenziato la violazione dell’art. 26 punto 3 delle vigenti NTO del Piano di
intervento, rilevando sia la violazione dei parametri di superficie che potrebbero essere dedicati alla vendita al minuto su dette aree sia,  ancora, la violazione del limite delle distanze dai confini di proprietà e, ciò, contestualmente alla realizzazione di opere interne. Ne consegue come deve ritenersi configurata la fattispecie del mutamento di destinazione d’uso con opere che, in ossequio ad un costante orientamento giurisprudenziale richiede l’emanazione di un correlato permesso di costruire.

4.5 Ciò premesso va comunque evidenziato che il mutamento di destinazione d’uso di cui si tratta doveva considerarsi soggetto a
permesso di costruire anche considerando come in conseguenza di detta variazione si era determinato un incremento del carico urbanistico, da ricondurre all’ampiezza e alla prevalenza (circa il 70% di quella complessiva) della superficie destinata alla vendita all’ingrosso".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 584 del 2014

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