Il Comune deve pronunciarsi anche in mancanza del parere della Soprintendenza

13 Giu 2014
13 Giugno 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 22 maggio 2014 n. 698, afferma che il parere espresso dalla Soprintendenza, dopo il decorso del termine di quarantacinque giorni previsto ex lege, non rivesta più alcun carattere vincolante e che il Comune ha comunque l’obbligo di pronunciarsi: “Nel caso di specie lo stesso atto impugnato richiama l’art. 146 c. 8 del d.lgs 42/2004 ma, ad avviso del Collegio, l’art 146 deve essere letto nel suo insieme e, in particolare rileva il combinato disposto dei commi 5, 8 e 9 che, è bene ricordarlo, così dispongono:

“5. Sull'istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge, ai sensi del comma 1, salvo quanto disposto all'articolo 143, commi 4 e 5. Il parere del soprintendente, all'esito dell'approvazione delle prescrizioni d'uso dei beni paesaggistici tutelati, predisposte ai sensi degli articoli 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 1, lettere b), c) e d), nonche' della positiva verifica da parte del Ministero, su richiesta della regione interessata, dell'avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici, assume natura obbligatoria non vincolante ed e' reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, decorsi i quali l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione….

…8. Il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilita' paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformita' dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all'articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l'amministrazione provvede in conformita' .

9. Decorso inutilmente il termine di cui al primo periodo del comma 8 senza che il soprintendente abbia reso il prescritto parere, l'amministrazione competente puo' indire una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente partecipa o fa pervenire il parere scritto. La conferenza si pronuncia entro il termine perentorio di quindici giorni. In ogni caso, decorsi sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente, l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione. Con regolamento da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il 31 dicembre 2008, su proposta del Ministro d'intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabilite procedure semplificate per il rilascio dell'autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entita' in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1 e 20, comma 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni.”

Pertanto la normativa delinea un sistema in cui, dopo la inutile scadenza del termine assegnato al soprintendente per l’emissione del parere, questo può ancora essere reso o conferito oralmente nell’ambito di una conferenza di servizi che l’amministrazione competente acquisisce il potere di indire, con le ivi previste regole specifiche ed evidentemente derogatorie rispetto al procedimento disciplinato dalla normativa generale ex artt 14 e segg della l. 241/90; la conferenza dei servizi ex art 146 c. 9 succitato è infatti disciplinata dalla normativa speciale fissata da tale norma e caratterizzata dal termine perentorio di 15 giorni per la conclusione dei suoi lavori, palesemente inconciliabile con qualunque possibilità di applicazione delle norme riguardanti la conferenza di servizi per così dire “ordinaria”, caratterizzata da termini molto più “rilassati”; invece il termine perentorio di cui sopra, unito anche al termine ultimativo generale di 60 giorni ed al più lungo termine iniziale previsto per la emissione del parere del soprintendente dimostrano che nel caso di specie non è applicabile la disciplina generale della conferenza di servizi, il che deve valere, ovviamente, anche per l’ipotesi in cui il parere, che intervenga in tale sede, abbia contenuto negativo. Se tale ipotesi si verifica non potrà quindi ad esso nemmeno riconoscersi alcun valore predominante e/o paralizzante e tale da far scattare il particolare meccanismo delineato dall’art. 14 quater c. 3^; il parere soprintendentizio dovrà invece essere preso in esame dalla conferenza alla pari con gli altri pareri istruttori delle altre amministrazioni chiamate a parteciparvi ed avrà l’effetto di richiedere una specifica valutazione e motivazione in relazione al suo eventuale disattendimento, non diversamente da quanto dovrà accadere per altre manifestazioni di opinione, in ossequio alle generali regole di trasparenza dell’azione amministrativa.

Se quindi deve ritenersi indubbia la perdita della natura vincolante del parere espresso in sede di conferenza di servizi è evidente che sarebbe illogico e contraddittorio riconoscere perdurante natura di parere vincolante al parere tardivamente espresso, se la conferenza di servizi non viene convocata e anche quei termini vengono lasciati inutilmente scadere. Invero, se una siffatta situazione si verifica, si deve riscontrare, anzitutto, che tutti i termini di legge risultano violati, non solo quello per l’emissione del parere del Soprintendente ma anche quello (ultimativo) di sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente dettato dall’art. 9 per l’adozione “in ogni caso “ di una decisione da parte della competente amministrazione (..”, l'amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione. “). Ci si trova, pertanto, in una situazione contraddistinta da una palese violazione di termini perentori da parte di tutte le amministrazioni interessate e questo pare al Collegio non possa giustificare in alcun modo il “recupero”, da parte del parere soprintendentizio di quella natura vincolante che aveva già pacificamente perso se l’amministrazione competente avesse proceduto nei termini ad indire conferenza di servizi ed esso fosse stato reso in tale sede.

Per tutte le considerazioni sopra esplicitate il Collegio ritiene di dover necessariamente concludere che l’inutile decorso dei 45 giorni di cui al comma 8 comporta la perdita del potere della Soprintendenza di emettere un parere con natura vincolante.

Nel caso di specie non vi è alcuna possibilità di dubbio circa la tardività di tale parere, che è infatti intervenuto in data 17.12.2013 mentre gli atti erano stati ricevuti il 13.8.2013; anche tenendo conto della comunicazione dei motivi ostativi (ricevuta in data 16.9.13) e non computando nei termini i dieci giorni concessi per la presentazione di osservazioni, è ictu oculi evidente che tutti i termini sono stati lasciati ampiamente scadere, sia quello a disposizione del Soprintendente per l’emissione del parere che quello fissato al Comune per indire una conferenza dei servizi e quello finale e conclusivo dei sessanta giorni per provvedere “in ogni caso”. In tale contesto è pertanto evidente che il tardivo parere della Soprintendenza si colloca del tutto al di fuori del quadro normativo e non può più rivestire natura di parere vincolante ( conforme la consolidata giurisprudenza del TAR Puglia Lecce di cui vedasi da ultimo T.A.R. Lecce (Puglia) sez. I n. 252 del 24/01/2014 e anche T.A.R. Trieste (Friuli-Venezia Giulia) N. 343 del 03/09/2012).

Il Collegio ritiene quindi che il parere soprintendentizio impugnato non abbia natura vincolante e che l’amministrazione competente ( nel caso di specie Il Comune di San Michele al Tagliamento) abbia sicuramente l’obbligo di concludere il procedimento valutando tale parere istruttorio e la motivazione su cui lo stesso poggia alla stregua e unitamente agli altri pareri istruttori acquisiti nel corso del procedimento.

Si deve quindi concludere che, non essendo ancora terminato il procedimento e trovandocisi in presenza di un parere meramente endoprocedimentale e privo di valenza vincolante, il ricorso si rivela inammissibile in quanto non rivolto avverso l’atto conclusivo del procedimento ( allo stato ancora non intervenuto) bensì avverso un atto endoprocedimentale che potrà essere, se del caso, impugnato in quanto atto presupposto unitamente all’eventuale atto comunale reiettivo dell’istanza del ricorrente”.

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 698 del 2014

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