Quando il Comune è tenuto a motivare una ordinanza di demolizione di opere abusive
Il TAR Veneto nella sentenza n. 1268 del 2013 ricorda che una ordinanza di demolzione di opere abusive di regola non necessita di motivazione sul pubblico interesse, salvo casi particolari.
Quali?: "necessario premettere come nel corso del procedimento, a fronte delle osservazioni svolte, il legale del Comune aveva riconosciuto che non vi fossero elementi certi per l’accertamento dell’abuso edilizio rilevando come “in ogni caso non vi sarebbe quella particolare motivazione atta a sorreggere la sanzione dell’abuso ad una così lunga distanza temporale dalla sua commissione”. Il provvedimento ora impugnato concludeva, tuttavia, archiviando il procedimento per la contestazione dell’abuso in precedenza avviato e ordinando il pagamento della sanzione pecuniaria sopra ricordata.
8.1 Nel corso del giudizio è stato possibile accertare che l’abuso contestato nel provvedimento impugnato (omessa demolizione in ottemperanza alla prescrizione contenuta nell’Autorizzazione edilizia del 05/10/1961) doveva farsi risalire a più di 50 anni. Sempre in corso di causa si è potuto rilevare la legittimità dell’edificio più risalente, in quanto realizzato prima che l’Amministrazione comunale si dotasse del proprio primo piano di fabbricazione risalente al 1962 e che, ancora, l’abuso contestato doveva ricondursi alla sola violazione dell’autorizzazione sopra citata.
8.2 Ne consegue che proprio in considerazione della complessità della fattispecie, dei dubbi della stessa Amministrazione contenuti nel provvedimento impugnato, non poteva non individuarsi a carico dello stesso Comune di Cadoneghe l’esistenza di un onere di motivazione più intenso, idoneo ad esplicitare l’esistenza dell’interesse pubblico all’erogazione della sanzione pecuniaria, provvedimento quest’ultimo che, pur non disponendo la demolizione, confermava comunque l’esistenza di un abuso e ordinava il pagamento di una sanzione pur alternativa a quella della demolizione.
8.3 Nulla di tutto ciò è possibile evincere dal provvedimento impugnato. Nessuna ragione, argomentazione di sorta, che permetta di desumere i motivi in relazione ai quali si ritiene necessario perseguire un abuso a così considerevole distanza di tempo.
8.4 Questo Collegio è a conoscenza di quell’orientamento giurisprudenziale diretto ad affermare come l’interesse pubblico alla demolizione non necessiti di una specifica motivazione, rilevando il carattere “dovuto” dei provvedimenti sanzionatori.
8.5 Detto orientamento, tuttavia, deve considerarsi recessivo rispetto alla particolarità della fattispecie in esame, laddove si era accertato come l’abuso fosse da circoscrivere ad un periodo così antecedente nel tempo; laddove l’Amministrazione comunale aveva accertato, seppur implicitamente, la legittimità del manufatto originario. 8.6 Tutto queste circostanze avrebbero dovuto determinare l’Amministrazione nel valutare se sussistessero reali ed effettivi motivi per reprimere l’abuso, ragioni di interesse pubblico che evidentemente non avrebbero potuto essere individuate nell’esigenza di preservare la salubrità dei luoghi, esigenza quest’ultima tutelata dall’emanazione dell’Ordinanza n. 4 del 04/05/2011 diretta all’esecuzione delle opere necessarie alla messa in sicurezza dei luoghi.
8.7 Sul punto è possibile applicare quell’orientamento (T.A.R. Sicilia Catania Sez. I Sent., 06-09-2007, n. 1399) diretto a sancire che “Nel sistema sanzionatorio delineato dall'art. 13 L. 6 agosto 1967, n. 765, la scelta della sanzione (demolizione o sanzione pecuniaria) di volta in volta applicabile è di regola sottratta ad una valutazione del pubblico interesse; tale principio subisce però un'attenuazione: a) nell'ipotesi in cui l'attività privata, anche se formalmente in contrasto con l'art. 13, perché priva dell'autorizzazione, risulta comunque conforme allo strumento di pianificazione territoriale comunale e, b), nell'ipotesi in cui l'inerzia del comune di fronte all'abuso perpetrato si sia protratta per un notevole lasso di tempo: in entrambi questi casi non si può infatti dubitare della prevalenza di principi generali di natura diversa da quelli fissati dall'art. 13, con conseguente obbligo per il sindaco di motivare sul pubblico interesse alla demolizione (Consiglio Stato a. plen., 19 maggio 1983, n. 12)”.
avv. Dario Meneguzzo
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