Nelle gare di appalto vanno escluse le ditte in concordato?
Il Consiglio di Stato con la pronuncia della V^ Sezione del 27 dicembre 2013, n. 6272, relativa ad una gara di appalto in cui l’aggiudicazione era avvenuta a favore di una ditta che aveva chiesto l’attivazione della procedura di concordato preventivo il giorno successivo alla presentazione dell’offerta, ha stabilito che l’impresa può partecipare alla gara anche se ha formulato la domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, a condizione che produca la documentazione di conformità del piano e che un’altra impresa fornisca i requisiti e assicuri le risorse per eseguire l’appalto.
Per i Giudici è sufficiente, quindi, che l’impresa presenti in gara la relazione di un professionista abilitato che attesti la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto e una dichiarazione di un’altra impresa che metta a disposizione i requisiti e le risorse per svolgere l’appalto. Diversamente, il Consiglio di Stato riterrebbe che, impedire all’impresa di partecipare alle gare per l’affidamento dei pubblici contratti, nelle more tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato, confliggerebbe con la ratio della legge, che vuole consentire all’impresa (anche) di acquisire contratti per superare la crisi.
Il problema da risolvere riguarda la legittimità della partecipazione alla gara di una ditta aggiudicataria che aveva, come sopra riferito, presentato domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale dopo la scadenza del termine per la presentazione dell’offerta.
Ciò, a rigor di logica avrebbe determinato il mancato rispetto del possesso del requisito avente ad oggetto l’assenza di procedure concorsuali in capo all’impresa aggiudicataria e, quindi, la necessità di escluderla dalla gara.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto invece legittima l’ammissione alla gara della ditta e l’aggiudicazione dal momento che l’impresa non era “in stato “ di concordato preventivo al momento della presentazione dell’offerta e, quindi era in situazione regolare. In base, poi, al codice dei contratti pubblici, l’esclusione scatta soltanto per i soggetti che “si trovano in stato di fallimento , di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’art. 186 bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”.
Tuttavia un’altra sentenza della Sezione III^ del Consiglio di Stato , la n. 101/2014 decisa il 3 dicembre 2013 e depositata il 14.01.2014, è arrivata a conclusioni opposte a quella succitata n. 6272/2013, creando così notevole incertezza sulla questione.
In tale sentenza si trattava del caso di affidamento, con bando dell’agosto 2012 da parte di un Complesso Ospedaliero dei lavori di scavo archeologicamente assistito propedeutici all’ampliamento e ristrutturazione del presidio ospedaliero.
Alla gara partecipavano dieci concorrenti, tra cui una costituenda a.t.i., che risultava aggiudicataria provvisoria e poi definitiva.
Tuttavia, l'ATI seconda classificata preannunciava ricorso contro l’aggiudicazione in quanto l'aggiudicataria aveva presentato il 3 dicembre 2012 istanza per l’ammissione al concordato preventivo, con termine di 90 giorni per il deposito della domanda di concordato preventivo “in continuità”, sicchè allo stato la società non risultava ammessa. Ricevuto riscontro negativo, con atto notificato il 18 gennaio 2013 l'ATI proponeva ricorso davanti al TAR per la Valle d’Aosta, che lo accoglieva con sentenza 18 aprile 2013, n. 23.
In sintesi, il primo giudice ha ritenuto che le norme relative al concordato con continuità aziendale, derogatorie rispetto alle regole ordinarie , quindi di stretta interpretazione, non consentivano l’aggiudicazione dell’a.t.i. a cui partecipava la ditta, in quanto non ancora ammessa al concordato, né aveva presentato in sede di gara la prescritta documentazione (piano di concordato, attestazione di conformità al piano, dichiarazione di altro operatore all’eventuale subentro).
La Sezione III^ del Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR Valle d’Aosta.
Nel merito il Giudice di seconde cure ha ricordato che la lettera a) del primo comma dell’art. 38 del d.lgs 12 aprile 2006, n. 163, come modificato dall’art. 33, co. 2 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (conv. con mod. dalla l. 7 agosto 2012, n. 134), vieta la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, l’affidamento di subappalti e la stipula dei relativi contratti ai soggetti “ che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’art. 186 – bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”.
La norma fa salvo, secondo il Consiglio di Stato sez. III^, solo il caso regolato dal menzionato art. 186 bis della legge fallimentare (introdotto dall’art. 33, co. 1, del cit. d.l. n. 83 del 2012), il quale disciplina il “concordato con continuità aziendale”, ossia l’ipotesi in cui il concordato preventivo, come da relativo piano delle modalità e dei tempi dell’adempimento della proposta concordataria, contempli (ancorchè possa essere prevista la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa) la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, ovvero la cessione o il conferimento in una o più società dell’azienda “in esercizio”.
In particolare, per quanto riguarda la partecipazione a nuove procedure di affidamento non è dubbio che la norma include tra gli effetti dell’ammissione al concordato con continuità, alle dettate condizioni, il ripristino del requisito di cui trattasi; specularmente, deve ritenersi che la stessa norma escluda un effetto siffatto nel periodo intercorrente tra il deposito della relativa istanza- ricorso ed il decreto del Tribunale conclusivo del procedimento di ammissione (artt 162 o 163 l.f.).
Il disposto dell’art. 38, co. 1, lettera a) conferma puntualmente siffatta conclusione, laddove fa “salvo il caso di cui all’art. 186-bis” della legge fallimentare ponendone il relativo inciso tra la prevista preclusione per le imprese che versino nello stato fallimentare, liquidazione coatta e concordato preventivo e la disposizione che equipara tali imprese a quelle in cui in corso il procedimento per la dichiarazione di tali situazioni.
Più precisamente, l’inciso “salvo il caso di cui all’art. 186 – bis “ fa seguito all’elencazione dei soggetti esclusi in quanto “si trovano in stato (……..) di concordato preventivo”, quindi si riferisce al soggetto che “si trova” nello stato di concordato preventivo con continuità aziendale, cioè nei cui confronti il tribunale abbia dichiarato detto stato ai sensi dell’art. 163 l.f.; lo stesso inciso è conchiuso, precede ed è separato con virgola dalla successiva dizione “o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”, cioè degli ulteriori soggetti esclusi, tra i quali, dunque, rientra l’impresa nei cui riguardi sia in corso il procedimento per l’anzidetta dichiarazione. Vale a dire che, diversamente (ed a prescindere dall’inequivoco testo dell’art. 186 bis l.f. a cui fa rinvio) la norma sarebbe stata formulata ponendo l’inciso derogatorio al termine della disposizione, mentre, poiché la disgiuntiva “o” è collocata dopo ed al di fuori della deroga, la deroga stessa non comprende l’ipotesi in cui sia pendente la procedura per l’ammissione al concordato con continuità aziendale.
Inoltre, trattandosi appunto di deroga all’ordinario regime dei requisiti di carattere generale (i quali, com’è noto, devono sussistere al momento della scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara e permanere per tutta la durata dell’appalto), non ne è consentito il superamento del dato letterale mediante un’interpretazione estensiva (o analogica), peraltro non autorizzata neppure dalla ratio legis desumibile dalla normativa in parola.
Invero, ove si accedesse alla tesi dell’effetto escludente dalla gara non al momento della presentazione dell’istanza ex art. 161 l.f., bensì a quello della non ammissione ex successivo art. 162, non v’è dubbio che si verrebbe a creare una situazione di incertezza ed indeterminatezza anche temporale della gara stessa, quindi resterebbero disattesi i predetti principi, segnatamente , oltre che di par condicio tra concorrenti, di economicità, efficacia e tempestività con ovvia ricaduta sull’intera attività amministrativa e sul perseguimento dell’interesse pubblico generale, tenuto altresì conto – come bene sottolineato dal primo giudice – del caso frequente in cui il finanziamento degli appalti sia condizionato dal rispetto dei termini perentori per la conclusione delle procedure e l’esecuzione degli appalti stessi.
In conclusione, secondo il suddetto pronunciamento del Consiglio di Stato Sez. III^, il legislatore ha inteso, si incentivare la tempestiva emersione di criticità ed il ritorno in bonis dell’impresa o la conservazione dell’azienda “in esercizio”, ma nella materia delle gare pubbliche ha circondato di cautele l’applicazione di tale normativa di favore, sia richiedendo in ogni caso opportune garanzie, sia limitando la partecipazione al concorrente in status di suttoposto a concordato con continuità, con conseguente permanere della preclusione qualora prima della scadenza del termine prefissato per la presentazione delle istanze di partecipazione alla gara l’iter iniziato dall’imprenditore non sia approdato al decreto del tribunale di ammissione al concordato con continuità e di formale apertura della procedura di concordato finalizzata all’omologazione.
avv. Giamartino Fontana
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