Quando bisogna impugnare a pena di improcedibilità del ricorso anche il contratto conseguente alla aggiudicazione di una gara?
Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 31 marzo 2014 n. 424 afferma che, con riferimento ad una procedura concorsuale avente ad oggetto la concessione di un bene demaniale, la mancata impugnazione dell’atto di concessione determina l’improcedibilità del ricorso perché: “In linea generale, nell’ambito del rapporto di presupposizione corrente fra atti inseriti all’interno di un più ampio contesto procedimentale (come quello di evidenza pubblica), occorre distinguere fra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante: nel primo caso l’annullamento dell’atto presupposto determina l’automatico travolgimento dell’atto conseguenziale senza bisogno che quest’ultimo sia stato autonomamente impugnato, mentre in caso di illegittimità ad effetto viziante l’atto consequenziale diviene invalido per vizio di invalidità derivata, ma resta efficace salva apposita ed idonea impugnazione, resistendo all’annullamento dell’atto presupposto.
Tale ricostruzione si basa, in materia di procedure concorsuali, sul condivisibile assunto che non è necessario impugnare l’atto finale, quando sia stato già impugnato quello preparatorio, solo quando fra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione-consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti: diversamente, quando l’atto finale, pur facendo parte della stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio, non ne costituisca conseguenza inevitabile perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi ovvero adempimenti dell’aggiudicatario (nel caso di specie, in particolare, l’adempimento relativo alla prestazione della cauzione definitiva), la immediata impugnazione dell’atto preparatorio non fa venir meno la necessità di impugnare l’atto finale, pena la improcedibilità del ricorso.
Che è esattamente quanto accade avuto riguardo alla natura del contratto di concessione, che non va considerato atto meramente esecutivo, ma atto che, anche quando recepisca i risultati dell’aggiudicazione, comporta comunque una autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti e, comunque, l’accertamento degli adempimenti a cui l’aggiudicatario è tenuto.
Ciò stante, il gravame proposto avverso i provvedimenti con i quali un concorrente è stato escluso dalla gara per la concessione di un’area demaniale e la gara stessa è stata aggiudicata al controinteressato diventa improcedibile nel caso di mancata impugnazione del contratto successivamente stipulato con l’aggiudicatario, in ragione del carattere inoppugnabile del provvedimento finale attributivo dell’utilitas all’aggiudicatario stesso: giacchè anche qualora il ricorrente fosse riammesso in gara in virtù dell’accoglimento delle censure proposte avverso l’esclusione, ciò non di meno non gli deriverebbe alcun vantaggio, in quanto non potrebbe mai aspirare alla concessione del bene oggetto della procedura concorsuale.
Negli stessi termini, peraltro, si è già espresso questo Tribunale laddove, in una fattispecie affatto analoga, ha affermato che “la mancata impugnazione di tale ulteriore atto, conclusivo della procedura e soprattutto costitutivo della concessione demaniale costituisce causa di improcedibilità del ricorso….per carenza di interesse. In proposito, deve essere ricordato che la costituzione di diritti reali su beni demaniali può avvenire soltanto attraverso uno specifico atto di concessione, avente propriamente natura costitutiva, tanto è vero che, fino all'emissione di tale provvedimento, il soggetto interessato non può comunque vantare alcun titolo legittimo alla fruizione con modalità differenziate rispetto alla generalità dei cittadini di un qualsiasi bene appartenente al demanio”.
Né può essere accreditata la tesi del ricorrente secondo cui non sarebbe sorto l’onere di impugnare il contratto in quanto avrebbe giammai ricevuto la formale comunicazione ex art. 79, V comma del DLgs n. 163/2006 relativa alla sua avvenuta stipulazione: premesso, invero, che in mancanza di comunicazione individuale il termine per l’impugnazione degli atti di gara decorre comunque dalla loro conoscenza (cfr., ex pluribus, CdS, V, 31.10.2012 n. 5565; VI, 13.12.2011 n. 6531; III, 12.5.2011 n. 2842; TAR veneto, I, 23.4.2013 n. 613), l’odierno ricorrente ha senz’altro avuto contezza del contratto in questione quanto meno in data 27 gennaio 2014, con la sua produzione in giudizio da parte della difesa della controinteressata (cfr. il doc. 3).
Orbene, così delineata la portata dell’eccezione, essa va accolta, atteso che nel corso del giudizio il ricorrente non ha impugnato con motivi aggiunti l’atto di concessione del bene demaniale stipulato inter partes, neppure dopo averne avuto piena conoscenza in ordine ai suoi dati identificativi e ai suoi contenuti”.
dott. Matteo Acquasaliente
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