RRE o Relazione di Regolarità Edilizia: cos’è e come funziona
Segnaliamo il link a un articolo che tratta questo argomento:
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La recentissima sentenza del TAR Napoli n. 4974 del 2025, depositata il 1° luglio 2025, dice di no, ma ritengo che si debba darle un valore relativo, contestualizzandola e tenendo conto delle novità apportate dal Salva Casa.
La sentenza, infatti, riguarda una ordinanza di demolizione del 2021 ed è stata emanata senza tenere conto delle modifiche apportate all'articolo 32 del DPR 380 dal decreto Salva Casa (D.L. 69/2024, convertito con legge 105/2024).
Vediamo intanto cosa dice la sentenza: "5.3 Sotto connesso aspetto, neppure coglie nel segno l’ultima censura, con cui la ricorrente deduce l’illegittimità della sanzione demolitoria, invocando la possibilità di ricorso alla cd. procedura di "fiscalizzazione" dell'abuso di cui all'art. 34 comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (per cui per le opere eseguite in parziale difformità e quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità , il dirigente dell'ufficio preposto dispone in luogo della demolizione una sanzione amministrativa più elevata).
A confutazione del motivo il Collegio intende richiamare condivisa giurisprudenza con la quale si è chiarito che non è possibile fare applicazione di tale norma per le opere realizzate, come nella specie, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, perché queste non possono essere mai ritenute "in parziale difformità ", atteso che tutti gli interventi realizzati in tale zona eseguiti in difformità dal titolo abilitativo si considerano in variazione essenziale e, quindi, in difformità totale rispetto all'intervento autorizzato (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 21/10/2024, n.1930). In tali casi, l’art. 27, comma 2, prevede sempre la demolizione, senza acconsentire a forme alternative di sanzione, come quella pecuniaria di cui all’art. 34 (cfr., in termini, Cons. St., Sez. VI, 30 giugno 2022, n. 5421). E ancora: “L’art. 32, comma terzo, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevede poi che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità del titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità , si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali” (così Cons. Stato, Sez. VI, 30 ottobre 2020, n. 6651)".
Dopo le modifiche all'articolo 32 del Salva Casa è ora possibile che anche nelle zone sottoposte al vincolo paesaggistico siano individuabili parziali difformità : prima del Salva Casa, le difformità di cui al comma 1 dell'articolo 32 del DPR 380 erano considerate totali difformità dal permesso di costruire e tutte le altre difformità erano variazioni essenziali; oggi è stata abrogata la parte del comma 3 che stabiliva che tutte le altre difformità (rispetto al comma 1) erano variazioni essenziali, cosicchè possono esserci parziali difformità anche nelle zone col vincolo paesaggistico.
E quindi si possono fiscalizzare (perlomeno ragionando ora al contrario rispetto a quello che dice il TAR Napoli, in considerazione delle intervenute modifiche legislative).
Quello che non è chiaro è cosa succeda dal punto di vista del vincolo paesaggistico una volta effettuata la fiscalizzazione dal punto di vista edilizio (la fiscalizzazione ha una valenza anche paesaggistica? Non credo). Un lettore mi ha detto che secondo lui prima andrebbe trovata una soluzione paesaggistica con la Soprintendenza e poi chiesta la fiscalizzazione. Non so...
Sentenza TAR Campania 4974 del 2025
Post di Dario Meneguzzo - Avvocato
La Corte di cassazione penale ha affermato che non sono legittime le sanatorie di un immobile abusivo che subordinano gli effetti del beneficio alla esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre l’immobile stesso nell’alveo di conformità agli strumenti urbanistici, atteso che detta subordinazione è ontologicamente contrastante con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro conformità agli strumenti urbanistici.
Il rilascio postumo del permesso di costruire (PdC) in sanatoria ex art. 36 d.P.R. 380/2001, in assenza di autorizzazione paesaggistica, non ha efficacia sanante neanche in relazione al solo profilo urbanistico dell’intervento già realizzato.
La cd. doppia conformità , richiesta dalla norma citata, è esclusa nel caso di edificazioni eseguite in assenza del preventivo ottenimento dell’autorizzazione sismica.
Tale principio deve essere esteso non solo alle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica realizzate in violazione degli artt. 64 co. da 2 a 4 e 65 T.U. edilizia ma, più in generale, alle opere realizzate in violazione della “disciplina edilizia” vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso che a quello della presentazione della domanda di PdC in sanatoria.
A questi fini, si deve intendere per disciplina edilizia l’insieme delle norme tecniche comprese nella Parte II del d.P.R. 380/2001, quelle contenute nei regolamenti edilizi comunali di cui all’art. 4 d.P.R. cit. (che disciplinano, a loro volta, le modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi) e, più in generale, le norme di fonte primaria e/o secondaria che regolamentano, con efficacia cogente, l’attività costruttiva condizionando il rilascio del PdC.
Si segnala che la fattispecie concreta conosciuta dalla Corte era antecedente alla cd. riforma Salva casa.
Post del Dott. Ing. Mauro Federici
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato che l’art. 142, co. 1, lett. c d.lgs. 42/2004 sottopone a vincolo paesaggistico le aree ricomprese nelle fasce ricomprese nei 150 metri adiacenti ai fiumi, ai torrenti ed ai corsi d’acqua, da computare tenendo conto dei piedi degli argini e dalle sponde, incluse le aree sopraelevate.
Nel caso di specie, il privato effettuava sine titulo un intervento di demolizione delle pareti perimetrali di tamponamento della parte di fabbricato abusiva e riutilizzo dello spazio come zona tettoia, in un fondo posto a 60 metri da un fiume, giustificandosi con il dislivello di circa 8,73 metri interposto tra l’alterato piano di campagna in questione e la base del letto fluviale.
L’Adunanza Plenaria, dopo aver dichiarato irrilevante la presenza del dislivello, ha statuito che la realizzazione di una tettoia di non ridotte dimensioni comporta una trasformazione edilizia del territorio e, pertanto, necessita di un titolo edilizio. Più precisamente, nella fattispecie concreta si imponeva un permesso di costruire ex art. 10, co. 1, lett. c, seconda parte d.P.R. 380/2001, volto alla demolizione e ricostruzione di edifici situati in aree tutelate ai sensi degli artt. 136, co. 1, lett. c-d e 142 d.lgs. 42/2004.
Post del Dott. Ing. Mauro Federici
Il Dott. Riccardo Renzi ha redatto una nota sul risarcimento del danno da illegittima attività provvedimentale: principi di legalità , responsabilità amministrativa e tutela del privato, in commento alla sentenza TAR del Basilicata n. 391/2025.
Riccardo_Renzi_Italia_Ius_Risarcimento del danno da illegittima attivitĂ provvedimentale
Il TAR del Lazio, Sede di Roma ha affermato che gli oneri di urbanizzazione sono stati introdotti dalla l. 10/1977, cd. legge Bucalossi. Tali oneri hanno la funzione di recuperare dal privato concessionario del titolo edilizio le spese sostenute dalla collettivitĂ comunale per la trasformazione del territorio a seguito della concessione del diritto di edificazione.
Alla natura di corrispettivo dei predetti oneri corrisponde l’obbligo, da parte della P.A., di provvedere ad una loro quantificazione in linea con il carico urbanistico aggiuntivo conseguente alla trasformazione edilizia.
Essi spettano tanto in caso di ampliamento e ristrutturazione edilizia quanto in caso di mutamento d’uso “urbanisticamente rilevante” e sono parametrati sul conguaglio tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per l’edificio preesistente e quelli dell’edificio rinnovato, ovvero (in caso di cambio d’uso) sulla differenza tra gli oneri dovuti per la destinazione originaria e quelli più elevati del nuovo uso.
Il contributo di concessione va determinato con riferimento alla disciplina, legislativa e regolamentare, vigente al momento del rilascio del titolo edilizio, che segna il perfezionamento della fattispecie concessoria (o autorizzatoria, a seconda della tipologia di titolo edilizio).
Nel caso di cambio d’uso, qualora la costruzione originaria risalga ad un’epoca in cui non vigeva ancora l’istituto del contributo concessorio (cioè, ante 1977), il relativo onere deve ritenersi assolto virtualmente, giacché, in difetto di un’imputazione virtuale del pregresso, alla sopravvenuta disciplina impositiva verrebbe data un’inammissibile applicazione retroattiva.
Post di Alberto Antico – avvocato
Il TAR Napoli ha affermato che l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune del bene e dell’area di sedime di cui all’art. 31, co. 3 d.P.R. 380/2001 opera indipendentemente dalla circostanza che autore degli abusi sia lo stesso proprietario dell’immobile interessato, ovvero altro soggetto che di quell’immobile abbia la materiale disponibilità . Nondimeno, il proprietario ha la possibilità di sottrarsi alla sanzione acquisitiva, a condizione che dimostri la sua completa estraneità al compimento dell’opera abusiva o che, essendone venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedire gli abusi o abbia assunto iniziative volte a ripristinare lo stato dei luoghi in ossequio a quanto stabilito dalla P.A. A questo scopo, non è peraltro sufficiente dimostrare di aver concesso in locazione l’immobile, posto che il locatore è pur sempre tenuto a esercitare nei confronti del conduttore i poteri-doveri di controllo, cura e vigilanza che la legge gli riconosce, ma occorre la prova di un comportamento attivo consistente nella intimazione di diffide o nell’assunzione di iniziative volte, se del caso, alla risoluzione contrattuale.
L’effetto acquisitivo dell’immobile abusivo che si produce ipso iure nel termine di 90 giorni indicato nell’ordinanza di demolizione si sostanzia in una misura di carattere sanzionatorio che discende automaticamente dall’inottemperanza dell’ordinanza stessa, con la conseguenza che l’atto di acquisizione ha natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale, e non deve di regola essere preceduto da una comunicazione di avvio del procedimento, perché il carattere rigidamente vincolato dello stesso non richiede alcun apporto partecipativo del privato.
Il formale accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione ha solo valenza di titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, cosicché la sua notifica all’interessato ha un’esclusiva funzione certificativa dell’avvenuto trasferimento del diritto di proprietà . Mentre per l’area di sedime l’automatismo dell’effetto acquisitivo rende superflua ogni motivazione sul punto, l’individuazione di un’area ulteriore da acquisire (oltre a dover essere precisata con apposite indicazioni relative all’estensione) deve essere giustificata dall’esplicitazione delle opere necessarie ai fini urbanistico-edilizi che siano destinate ad occupare l’intera zona di terreno che il Comune intende apprendere.
Post di Alberto Antico – avvocato
Attuazione dei progetti dedicati al miglioramento della qualitĂ dell'aria. Azione operativa E.2.a dell'Appendice I al Piano Regionale di Tutela e Risanamento dell'Atmosfera (P.R.T.R.A.) approvato con DGR n. 377 del 15.04.2025. Bando per la concessione di contributi finalizzati alla sostituzione di impianti termici domestici alimentati a biomassa combustibile solida o gasolio con nuovi impianti termici con migliori prestazioni emissive oppure pompe di calore elettriche. Approvazione del bando e della convenzione con Veneto Innovazione S.p.A. per la sua gestione operativa - annualitĂ 2025.
Integrazione delle risorse destinate al finanziamento del "Bando stufe 2024" approvato con DGR n. 639 del 10 giugno 2024 relativo alla concessione di contributi per la rottamazione di stufe inquinanti con contestuale acquisto ed installazione di nuovi impianti termici domestici alimentati a biomasse combustibili solide oppure pompe di calore elettriche con migliori prestazioni emissive.
Il T.A.R. Veneto conferma la vigenza della Circolare P.G.R. Veneto n. 13 del 01.07.1997 sull’illuminazione dei luoghi di lavoro, affermando che, trattandosi di norme in materia di sicurezza sul lavoro che si traducano in requisiti dei beni immobili, esse intersecano il diritto dell’edilizia e urbanistica e, quindi, il Comune è tenuto, dapprima, a verificare il rispetto della norma nella pratica edilizia presentata dal privato e, successivamente, a vigilare sulla sua corretta applicazione.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Nel caso di specie, il privato presentava un’istanza alla Soprintendenza per il rilascio dell’autorizzazione ex art. 21 d.lgs. 42/2004 all’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria nel proprio immobile.
Decorso il termine di 120 giorni previsto dal successivo art. 22, il privato avanzava un’azione avverso il silenzio-inadempimento.
In giudizio, la Soprintendenza si difendeva dicendo di aver richiesto integrazioni documentali al privato e poi anche al Comune.
Il TAR Sardegna ha accolto il ricorso del privato.
In base al principio generale sancito dall’art. 2, co. 7 l. 241/1990, i termini di conclusione del procedimento possono essere sospesi per integrazioni istruttorie solo una volta nel corso del procedimento e, peraltro, solo per acquisire informazioni non direttamente acquisibili presso altre PP.AA.: la sospensione del termine avveniva solo per la richiesta di integrazioni documentali al privato, non per quella “impropria” avanzata al Comune.
Post di Alberto Antico – avvocato
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