1 Giugno 2021
Come noto, l'art. 3, c. 1, lett. d) del d.P.R. n. 380/2001, con riferimento al concetto di ristruttutazione edilizia con demo-ricostruzione in zona di vincolo paesaggistico-ambientale, recita: "Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria".
Orbene, la norma si riferisce solo agli edifici che sono stati puntualmente schedati e/o protetti come tali o, invece, a tutti gli immobili che ricadono nelle aree sottoposte al vincolo paesaggitico?
Sebbene la Circolare a firma congiunta parli di “edifici”, sembrerebbe più corretto interpretare la norma in senso ampio, a prescindere dalla tutela sul singolo edificio.
Tuttavia, Comuni e urbanisti evidenziano che, se interpretata in maniera così ampia, la pressoché totalità degli interventi di demo-ricostruzione in zona di vincolo paesaggistico-ambientale sarebbe da sussumersi nella categoria della “nuova costruzione” anziché in quella di “ristrutturazione”, dato che è quasi impossibile riuscire a mantenere sedime, sagoma/volume pre-esistenti.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
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