Il diniego di assoggettabilità a V.I.A. è un atto impugnabile autonomamente?

12 Mar 2013
12 Marzo 2013

 Il T.A.R. Veneto, sez. III, con la sentenza del 04 marzo 2013 n. 327, si occupa della procedura di screening ambientale prevista dall’art. 7, c. 2, l. r. Veneto 26.03.1999 n. 10, secondo cui: “Per le tipologie progettuali di cui all’allegato C4 il soggetto proponente richiede la verifica all’autorità competente al fine di stabilire se l’impatto sull’ambiente, in relazione alle caratteristiche del progetto, comporta la necessità dello svolgimento della procedura di valutazione di impatto ambientale”.

Il caso in esame concerne il trasferimento di alcuni impianti produttivi che effettuano lavorazioni di zincatura a caldo, quindi di attività ricomprese nel punto 3, lett. c) dell’allegato C4, l. r. Veneto 10/1999 (applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2,6 t/ora di acciaio grezzo), per le quali è necessaria la V.I.A. solamente se sia accertata la loro ubicazione in aree densamente abitate, soggette a vincoli paesaggistici o interessate dalla presenza di ecosistemi.

La Provincia di Vicenza, in seguito all’istanza di attivazione della procedura di screening richiesta dalla ditta, esclude la necessitò si svolgere la valutazione di impatto ambientale, negando la sussistenza di tale presupposti.

Il T.A.R. Veneto, in seguito al ricorso di un’Associazione Onlus che impugna tale provvedimento provinciale, ma non il provvedimento finale che autorizza il trasferimento dell’impianto, chiarisce che la decisione di sottoporre a V.I.A. un determinato progetto non è un atto endoprocedimentale (impugnabile soltanto unitamente al provvedimento finale), ma atto che va impugnato autonomamente, indipendentemente dall’eventuale impugnazione del provvedimento finale, poiché: “va affermata l’immediata ed autonoma impugnabilità del provvedimento che, nell’ambito della procedura di screening, decide sulla sottoposizione o meno di un determinato progetto alla valutazione di impatto ambientale (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 5 febbraio 2013, n. 137; id. 16 febbraio 2012, n. 265; Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1213), in quanto già da questa determinazione scaturiscono effetti potenzialmente lesivi dei valori ambientali.

Conseguentemente, stante lo stretto nesso procedimentale che si instaura tra la procedura di valutazione di impatto ambientale e l'atto finale, l’omessa impugnazione di quest’ultimo non determina alcuna preclusione all'ammissibilità, né rifluisce sulla procedibilità, del ricorso proposto contro il provvedimento che ha escluso la necessità di sottoporre il progetto alla procedura di valutazione di impatto ambientale, il quale, ove annullato, produce effetti caducanti e non solo vizianti dell’atto finale (in modo non dissimile a quanto accade in caso di impugnazione del piano regolatore dove vi è la facoltà ma non l’obbligo di impugnazione immediata del piano adottato o, un volta impugnato questo, di impugnare il piano approvato)”.   

Nella suddetta sentenza il T.A.R. Veneto cita un precedente conforme, ossia la sentenza emessa dalla medesima sezione III, il 5 febbraio 2013 n. 137, ove, però, si giunge a conclusioni opposte, ossia all’obbligo di impugnare solamente il provvedimento finale.

In tale vertenza l’Associazione Nazionale Legambiente Onlus impugnava il provvedimento provinciale di esclusione dalla V.I.A. di un impianto per la realizzazione di calcestruzzo, con materiali inerti e rifiuti non pericolosi, all’interno di una cava di rilevante interesse paesistico ambientale, assieme alla determinazione provinciale di approvazione ed autorizzazione finale del progetto.

 Premesso ciò, il Collegio ritiene che il ricorrente abbia solamente la facoltà - e non un obbligo – di impugnare il diniego provinciale di assoggettabilità a V.I.A., in quanto l’obbligo di impugnazione concerne solamente il provvedimento finale di autorizzazione: “Il Collegio non ignora che in alcune pronunce è stata affermata l’immediata ed autonoma impugnabilità del provvedimento che, nell’ambito della procedura di screening, decide sulla sottoposizione o meno di un determinato progetto alla valutazione di impatto ambientale (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 16 febbraio 2012, n. 265; Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1213), ma ritiene di dover puntualizzare che l’impugnazione del provvedimento di esclusione dalla sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale, costituisce una facoltà e non un onere per la parte ricorrente, in quanto è vero che già da questa determinazione scaturiscono effetti potenzialmente lesivi dei valori ambientali, ma va tuttavia considerato che solo l’approvazione del progetto ha carattere costitutivo degli effetti connessi alla sua realizzazione.

Ad una tale conclusione conduce l’art. 29, comma 1, del Dlgs. n. 152 del 2006, il quale prevede che “la valutazione di impatto ambientale costituisce, per i progetti di opere ed interventi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, presupposto o parte integrante del procedimento di autorizzazione o approvazione. I provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge”.

Conseguentemente, stante il rapporto di necessario collegamento espressamente sancito a livello normativo tra i diversi atti che compongono l'atto finale, l'omessa tempestiva impugnazione del provvedimento che ha escluso la necessità di sottoporre il progetto alla procedura di valutazione di impatto ambientale, non determina alcuna preclusione all'ammissibilità, né rifluisce sulla procedibilità, del ricorso proposto contro la delibera di approvazione ed autorizzazione del progetto, e può costituire oggetto di censura al momento dell’impugnazione dell’atto costitutivo degli effetti finali della procedura (in modo non dissimile a quanto accade in caso di impugnazione del piano regolatore dove vi è la facoltà ma non l’obbligo di impugnazione immediata del piano adottato)”.

Che sia sta la Certezza del Diritto a pronunciare la  famosa frase: "il mio regno non è di questo mondo"?

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto 327 del 2013

TAR Veneto 137 del 2013

 

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