Il rilascio del condono edilizio non implica necessariamente l’agibilità del fabbricato
La questione è esaminata dalla sentenza del TAR Veneto n. 289 del 2013.
Scrive il TAR: "anche se nella concessione in sanatoria si fa riferimento ad una destinazione a “pollaio” non significa, come invece sostiene il ricorrente, che sia stata implicitamente concessa l’agibilità per uso ricovero animali del manufatto condonato. Licenza questa che, invece, non è mai stata rilasciata. Peraltro, non esiste alcuna automaticità nel rilascio del certificato di agibilità a seguito di concessione in sanatoria, dovendo, pur sempre, il Comune verificare che al momento del rilascio del certificato di agibilità siano osservate le disposizioni normative sulle condizioni igienico – sanitarie (cfr. Corte Cost. n. 256/1996; Cons. Stato n. 2140/2004). Dunque, il rilascio di una sanatoria edilizia non comporta necessariamente l’obbligo per l’autorità amministrativa di emettere un provvedimento ugualmente positivo in ordine all’agibilità con riguardo all’attività che vi deve essere svolta, in quanto il rilascio di tale ulteriore licenza implica, in capo all’autorità emanante, il preventivo accertamento e la conseguente valutazione di elementi non rilevanti in sede di rilascio della sanatoria che presuppone la presenza di requisiti diversi e autonomi. Nel caso di specie, l’amministrazione ha da ultimo rilevato, nel corso di un apposito sopralluogo, che il manufatto condonato era stato in concreto destinato ad un’attività, quella di allevamento di maiali, che poteva influire sulle condizioni di salubrità dell’ambiente circostante, essendo situato in prossimità dell’abitazione dell’odierno controinteressato. Pertanto, la destinazione dell’annesso rustico a porcile, costituendo una circostanza nuova e rilevante sul piano igienico – sanitario, comporta la necessità del rilascio di una specifica licenza di agibilità che, d’altra parte, non sembra possa essere attualmente conseguita, stante l’esistenza dell’abitazione di Pio Carretta a distanza inferiore a quella di trenta metri prevista dalle n.t.a. e dal regolamento edilizio. Va infatti evidenziato che l’attività di allevamento di animali (qual è quella che oggi viene svolta all’interno del manufatto, essendo irrilevante il numero di animali che attualmente vi sono custoditi) rientra nell’elenco delle industrie insalubri di prima classe di cui al D.M. 05.09.1994 e all’art. 216 del R.D. 1265/1934, che devono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni. Ne consegue che sussistevano tutti i presupposti per l’emissione del divieto di destinare a porcilaia l’annesso rustico in questione e che la circostanza della preesistenza o meno dell’annesso rustico all’abitazione di Pio Carretta non è decisiva, in quanto ciò che conta è che l’attività ivi esercitata non è mai stata regolarizzata e dunque oggi è destinata a scontare la vicinanza della detta abitazione".
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