Il rito avverso il silenzio non può contestare il merito delle scelte dell’Amministrazione
Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 14 marzo 2014 n. 330 chiarisce che il rito avverso il silenzio serbato dall’Amministrazione e disciplinato dagli artt. 31 e 117 c.p.a. non può essere utilizzato dal ricorrente per aggirare i termini perentorio previsti per l’impugnazione dell’atto o del provvedimento amministrativo illegittimo: “l’evidente inammissibilità del ricorso è quindi conseguente non solo alla tardività delle censure dedotte avverso tali atti, ma soprattutto per l’utilizzo del rito speciale del silenzio, che ha la finalità di accertare l’eventuale illegittimità dell’inerzia dell’amministrazione, impregiudicata ogni valutazione sulla fondatezza della pretesa sottostante.
E’ quindi evidente che risulta del tutto inammissibile una pretesa azionata con tale speciale rito al fine di denunciare l’illegittimità di tali atti, anche se al solo fine di avallare la parimenti denunciata illegittimità del silenzio, non essendo possibile recuperare per questa via i termini per la loro impugnazione, ormai decorsi da tempo.
In buona sostanza, non è ammissibile che attraverso il rito del silenzio, denunciando l’illegittimità dell’inerzia della Pubblica Amministrazione a fronte di una richiesta di interventi in autotutela, possa essere sostanzialmente concessa una sorta di rimessione in termini per ottenere, in via indiretta, l’annullamento degli atti non tempestivamente impugnati.
Per altro verso e specificatamente per quanto poi riguarda il caso di specie e la denunciata illegittimità dell’inerzia dell’amministrazione intimata, si osserva in primo luogo come detta inerzia non sia qualificabile in alcun modo come illegittima a fronte di un’attività che, diversamente da quanto prospettato dalla difesa istante, non è affatto vincolata.
Invero, va ancora una volta ribadito come gli atti di pianificazione contestati e la concessione edilizia e sua variante rilasciate alla controinteressata non sono mai stati oggetto di impugnazione e quindi sono del tutto legittimi ed efficaci: in modo particolare i titoli edilizi, che hanno consentito la costruzione dell’edificio contestato dal ricorrente, sono stati rilasciati in piena conformità alla disciplina urbanistica allora vigente, mai impugnata e quindi pienamente operativa.
Ne consegue che nessun obbligo sussisteva per l’amministrazione di intervenire su tali atti in autotutela, disponendo il loro annullamento e/o la loro revoca, trattandosi di atti a tutti gli effetti legittimi ed inoppugnabili”.
dott. Matteo Acquasaliente
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