L’atto interlocutorio non necessita di essere impugnato
Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 05 marzo 2014 n. 280 dichiara che il provvedimento con cui il Comune, a fronte di una richiesta di autorizzazione per l’installazione di una stazione radio-base, chiede all’istante di presentare una variante al piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti di telefonia mobile, costituisce un atto interlocutorio che non può essere autonomamente impugnato perché: “Va peraltro evidenziato che il provvedimento impugnato col presente ricorso non è un provvedimento di diniego conclusivo del procedimento, bensì un provvedimento interlocutorio, dunque neutrale, che tuttavia determinava un aggravamento ingiustificato se non un arresto del procedimento, come accennato dal Collegio nell’ordinanza cautelare. Con esso infatti si indicava alla ricorrente la necessità di presentare, per il proseguimento della pratica edilizia, un’istanza di variante al piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti per la telefonia mobile, come previsto, dall’art. 24 delle n.t.a. di tale piano, per i casi in cui l’area interessata dalla nuova infrastruttura non fosse compresa tra i siti previsti dal piano di settore.
Ne deriva che nel caso in esame, ai fini di una definitiva e completa soddisfazione dell’interesse della ricorrente, non vi era alcun provvedimento di diniego da revocare preventivamente da parte dell’amministrazione, come invece argomentato dalla difesa della ricorrente, occorrendo solo il superamento della tortuosità procedimentale imposta dalla nota impugnata, che era di ostacolo ad una celere e favorevole conclusione del procedimento, come poi effettivamente avvenuto”.
Nel caso di specie, però, è lo stesso Collegio a confermare che questo atto interlocutorio aveva la natura di un c.d arresto procedimentale per il quali, si ricorda, vi è l’onere di impugnazione: “Di arresto procedimentale può parlarsi ove ci si trovi dinanzi a fattispecie endoprocedimentali sostanzialmente provvedimentali, ossia preclusive delle aspirazioni dell’istante o comunque di uno sviluppo diverso e per esso maggiormente favorevole: è il caso, ad es., delle clausole escludenti, o delle statuizioni terminative di fasi del procedimento destinato a concludersi con provvedimenti favorevoli a terzi (Cfr. Cons. di Stato, Ad. plen., 10 luglio 1986, n. 8; da ultimo Ad.Plen. 28 gennaio 2012, n. 1). Esse onerano il destinatario del tempestivo esperimento dell’azione di annullamento, pena la decadenza (non così per i pareri vincolanti. Sul punto, da ultimo, Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-03-2012, n. 1829)” (Consiglio di Stato, sez. IV, 09.05.2013, n. 2511).
dott. Matteo Acquasaliente
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