La giurisdizione in materia di compartecipazione comunale alla retta di degenza in strutture residenziali protette spetta al giudice ordinario

15 Apr 2013
15 Aprile 2013

Si segnala la sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato n. 1280 del 4/3/2013, relativa alla giurisdizione in materia di compartecipazione comunale alla retta di degenza in strutture residenziali protette di anziani ultrasessantacinquenni non autosufficienti.

Il Consiglio di Stato conferma la sentenza del TAR Veneto, Sezione Terza, n. 6041/2010, che aveva escluso la giurisdizione del Giudice amministrativo, in considerazione del petitum e della causa petendi.

Nel caso di specie, la rappresentante legale dell’anziano aveva comunicato ai Comuni di Verona e Bovolone e alla Fondazione che ospitava l’anziano il recesso dall’impegno a integrare la retta di degenza, chiedendo il rimborso di quanto ingiustamente pagato come integrazione della retta.

Il Comune di Verona rispondeva invitandola a continuare a corrispondere alla Fondazione l’integrazione alla retta con le consuete modalità, e a rivolgersi ai servizi sociali del Comune per esaminare la possibilità di un intervento economico da parte dell’Amministrazione comunale.

L’atto del Comune veniva impugnato davanti al TAR, unitamente ad altri atti presupposti, tra cui il Regolamento comunale sulla compartecipazione alla retta, chiedendone l’annullamento, nonché formulando domande di condanna nei confronti del Comune a corrispondere la retta e a rifondere le rette già pagate che si presumono non dovute.

Il TAR concludeva declinando la sua giurisdizione a favore del giudice ordinario, sulla base della seguente considerazione: “Viene in rilievo la questione relativa alla addebitabilità, a carico della parte pubblica, di una obbligazione di natura assistenziale quale è la integrazione della retta di ospitalità, che si ricollega, anche nella prospettazione di parte ricorrente, a presupposti prefigurati dalla legge, e che appare estranea all’esercizio di poteri autoritativi. Nella lettera del Comune non appare riconoscibile un atto di esercizio di potere pubblico. Non si fa questione, insomma, di contestazioni di atti autoritativi (cfr. , su fattispecie analoga, TAR Sardegna, sent. n. 1472/09).

Importante è anche il seguente passaggio della sentenza di primo grado: “Né la giurisdizione del giudice amministrativo può ritenersi nella specie sussistente per il fatto che la controversia investe anche il “regolamento comunale per l’erogazione di interventi economici integrativi”, approvato con DCC n. 8/05, atteso che al riguardo viene in rilievo il potere del giudice ordinario, ex art. 5 dell’Allegato E –l. 2248/1865, di disapplicare gli atti amministrativi illegittimi, la cui efficacia condiziona l'esistenza ed il contenuto del diritto sostanziale costituente l'oggetto del processo (cfr. Cons. St., sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3226, su fattispecie per certi versi analoga a quella odierna).

Il Consiglio di Stato ha confermato il TAR per il Veneto, escludendo che l’ipotesi ricada nella giurisdizione esclusiva del G.A. ai sensi dell’art. 33 del  D.Lgs. 80/1998 (con riguardo ai pubblici servizi, nella specie il servizio sanitario nazionale), e precisando che “non sposta la regola del riparti di giurisdizione il fatto che vengono in questione scelte regolamentari circa i limiti al diritto alle prestazioni assistenziali, che potranno eventualmente formare oggetto di disapplicazione in sede di giudizio avanti all’a.g.o.”.

Si sottolinea che la sentenza del Consiglio di Stato contiene il seguente inciso: “gli atti impugnati non rivestono natura autoritativa, né si riconducono ad una potestà discrezionale intesa a modulare, secondo diversi parametri, il concorso dell’ente pubblico nell’integrazione economica degli oneri di spesa per lo stabile ricovero presso la struttura assistenziale secondo quanto previsto dall’art. 12, comma 4 della L. 328/2000”.

Posto che la citazione dell’art. 12, comma 4 della L. 328/200 parrebbe errata e che il riferimento corretto sarebbe all’art. 2, comma 4 della medesima legge (“i parametri e le valutazioni delle condizioni di cui al comma 3 (si tratta delle condizioni per l’accesso ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali, n.d.r.) sono definiti dai Comuni, sulla base dei criteri generali stabiliti dal Piano nazionale di cui all’art. 18”), l’inciso da ultimo riportato farebbe pensare che, nel caso in cui, invece, l’interessato contesti i criteri fissati dai regolamenti  Comuni per la compartecipazione del privato, la giurisdizione sarebbe del giudice amministrativo.

Quindi, in estrema sintesi, la posizione della giurisprudenza più recente in materia sarebbe la seguente:

-          se l’interessato invoca davanti al giudice il diritto ad ottenere dal Comune il pagamento della retta, la giurisdizione sarebbe del G.O.;

-          se, invece, vengono contestati gli atti di esercizio da parte dei comuni del potere di stabilire i criteri di compartecipazione del privato alla retta ex art. 2, comma 4, della L. 328/2000 (vale a dire il regolamento sulla compartecipazione e gli atti applicativi), la giurisdizione sarebbe del G.A.

Il dubbio potrebbe però sorgere considerando che, comunque, chi contesta l’atto con cui viene liquidata la somma di sua compartecipazione (sulla scorta dei criteri dettati dai regolamenti comunali) fa valere comunque una pretesa patrimoniale alla corresponsione della retta, cosicché, seguendo le argomentazioni del Consiglio di Stato, potrebbe pensarsi che la giurisdizione fosse ugualmente del G.O.

avv. Marta Bassanese

Sentenza CDS 1280 del 2013

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