Nel ricorso amministrativo vi è l’obbligo di indicare i motivi di diritto in modo specifico

21 Mar 2013
21 Marzo 2013

L’art. 40, c.p.a., come modificato dall’art. 1, c. 1, lett. f), D. Lgs. 160/2012 recita: “1. Il ricorso deve contenere distintamente:

a) gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti nei cui confronti il ricorso è proposto;

b) l'indicazione dell'oggetto della domanda, ivi compreso l'atto o il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza;

c) l'esposizione sommaria dei fatti;

d) i motivi specifici su cui si fonda il ricorso;

e) l'indicazione dei mezzi di prova;

f) l'indicazione dei provvedimenti chiesti al giudice;

g) la sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della procura speciale.

2. I motivi proposti in violazione del comma 1, lettera d), sono inammissibili”.

Recentemente il T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, con la sentenza del 14 dicembre 2012 n. 1213, ha affermato che: “giova ricordare che nel ricorso presentato al giudice amministrativo i motivi di gravame, pur se non rubricati in modo puntuale né espressi con formulazione giuridica assolutamente rigorosa, devono essere però esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile alla identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale (per tutte Consiglio di Stato, sez. VI, 9 luglio 2012, n. 4006), oltre che per rispondere ad esigenze di certezza e garanzia, così come espressamente chiarito e prescritto dal vigente articolo 40 del D.Lgs 2 luglio 2010, n. 104 (recante il codice del processo amministrativo), formulato sulla base della normativa (art. 6 n. 3, R.D. 17 agosto 1907 n. 642, applicabile ai ricorsi dinanzi ai Tar per effetto dell’art. 19 comma 1, legge 6 dicembre 1971 n. 1034) e dell’esperienza giurisdizionale pregresse, nel quale si richiede l’esposizione “dei motivi specifici su cui si fonda il ricorso”;

conseguentemente, deve ritenersi inammissibile il ricorso che, in violazione del citato art. 40 CPA, non contenga l’esposizione dei “motivi specifici” su cui il ricorso medesimo trova giustificazione e fondamento (TAR Toscana, sez. III, 11 novembre 2011, n. 1675);

giova, altresì, rilevare che, il citato art. 40 CPA è stato modificato dall’art. 1, comma 1, lett. f) del D. Lgs. 14 settembre 2012, n. 160 (c.d. secondo correttivo), applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, in forza del quale il ricorso deve contenere “distintamente” i motivi “specifici” su cui si fonda;

è stato osservato, in particolare, che la novella, pur senza modificare il contenuto del ricorso rispetto alla disciplina precedente, ha chiarito ulteriormente che i motivi sui quali esso si fonda devono essere “specifici” e che eventuali motivi proposti in violazione di detta regola sono inammissibili;

detta inammissibilità consegue non solo al difetto di specificità dei motivi, ma altresì all’ipotesi in cui la loro indicazione non avvenga “distintamente”;

pertanto, i motivi devono essere contenuti nell’apposita parte del ricorso ad essi dedicata, e devono essere specifici, a pena di inammissibilità;

lo scopo della disposizione è di incentivare la redazione di ricorsi “chiari”, a fronte di una prassi in cui i ricorsi non contengono una esatta suddivisione tra fatto e motivi, con conseguente frequente rischio dei c.d. “motivi intrusi”, ossia inseriti in parti del ricorso dedicate al fatto (Consiglio di Stato, sez. VI, 24 giugno 2010 n. 4016);

a tale proposito, il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che se il ricorso amministrativo viene diviso in "fatto" e "diritto", i motivi di censura devono essere contenuti nella parte in diritto, e sono per l’effetto inammissibili i motivi intrusi, contenuti cioè nella parte in fatto, principio questo codificato dal ricordato secondo correttivo del codice del processo amministrativo, in sede di novella dell’art. 40 (Consiglio di Stato sez. VI, 25 ottobre 2012, n. 5469);

passando al caso in esame e facendo applicazione degli esposti principi, si deve rilevare che parte ricorrente omette di formulare i motivi di ricorso nei termini sopra precisati, cioè in termini “specifici”, limitandosi ad esporre una sorta di “forte protesta” per la condotta tenuta dalla Capitaneria di Porto di Crotone, la quale, peraltro, ha assunto il provvedimento contestato con innegabile ritardo;

in particolare, nella parte dedicata al “diritto”, la ditta ricorrente si duole genericamente di come la Capitaneria di Porto non abbia osservato alcun articolo o precetto delle leggi n. 241/1990 e n.15/2005, ma detta doglianza risulta espressa in modo del tutto generico ed inidoneo a chiarire, precisare e specificare i vizi effettivamente denunciati e che inficerebbero il provvedimento di diniego impugnato;

altrettanto è a dirsi per la parte del ricorso che –per quanto non espressamente indicato –dovrebbe riguardare il “fatto” della questione, nella quale la ricorrente ripercorre la tortuosa vicenda in discussione, senza peraltro specificare in maniera puntuale i vizi del provvedimento contestato, con la conseguenza che detti argomenti risultano inammissibili non solo in quanto “motivi intrusi” nel senso sopra chiarito, ma anche e soprattutto, in quanto espressi in maniera del tutto generica ed approssimativa, difettando, quindi, del requisito della “specificità”;

oltre tutto, dalle conclusione formulate in ricorso non emerge nemmeno con chiarezza se parte ricorrente ha inteso chiedere l’annullamento, previa sospensione cautelare, del provvedimento impugnato, ovvero abbia inteso agire con il rito speciale del silenzio ex artt. 31 e 117 CPA;

in definitiva, per tutte le esposte ragioni, il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile”.

L’obbligo di motivare, a pena di inammissibilità, i motivi di diritto in modo chiaro, specifico e separato è confermato anche dall’articolo di Gaetano Ciccia “Processo amministrativo, la p.a. non avrà più vie di fuga”, pubblicato su Italia Oggi il 24.09.2012.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Catanzaro n. 1213 del 2012

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