Quanto c’è il conflitto di interesse del consigliere comunale?

01 Ott 2014
1 Ottobre 2014

Il Consiglio di Stato, sez. IV, nella sentenza del 25 settembre 2014 n. 4806 si occupa del conflitto di interesse degli amministratori locali tenuti a deliberare in materia di piani urbanistici: “Al riguardo la regola ricavata dall’esegesi della citata disposizione del T.U. sugli enti locali è nel senso che “l'astensione del Consigliere comunale dalle deliberazioni assunte dall'organo collegiale deve trovare applicazione in tutti i casi in cui, per ragioni di ordine obiettivo, egli non si trovi in posizioni di assoluta serenità rispetto alle decisioni da adottare di natura discrezionale, con la precisazione che il concetto di "interesse" del consigliere alla deliberazione comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali, comportante una tensione della volontà, verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all'adozione di una delibera” (Cons. Stato Sez. IV, 28 gennaio 2011 n..693).


Non è quindi inutile aggiungere che tale “obiettivo” interesse dell’ingegner Guerrisi , come risulta dagli atti depositati in giudizio da parte appellata, è stato prontamente rilevato all’interno del Consiglio Comunale in seno al quale è stata formalmente sollevata la questione della sua posizione di conflitto di interessi con l’oggetto all’ordine del giorno della seduta, ponendo in evidenza la possibile lesione del prestigio dell’ente.

Contrariamente a quanto assume parte appellante, non rileva quindi che il consiglio abbia proceduto in modo imparziale ovvero senza condizionamenti, essendo l'obbligo di astensione per incompatibilità, espressione del principio generale di imparzialità e di trasparenza (art. 97 Cost.), al quale ogni Pubblica amministrazione deve conformare la propria immagine, prima ancora che la propria azione.

Viene nella sostanza recepito nella norma in esame quel comune sentire che nei riguardi di coloro che amministrano la cosa pubblica si traduce nel detto secondo il quale essi non soltanto debbono essere ma anche apparire non in conflitto con l’oggetto della questione che sono chiamati a deliberare.

Né può apparire quella esposta un’esegesi della norma in esame che ne favorisce un’applicazione generalizzata contraria alla sua lettera, per la quale il conflitto d’interessi in essa normato richiede, quando si tratta di piani urbanistici, la condizione di “ una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado” .

Del rapporto sul piano interpretativo tra la prima e la seconda parte del comma secondo dell’art.78 del T.U. in esame sopra delineato, si parlerà in seguito, essendo prima necessario , alla luce della complessa censura esposta da parte appellante, chiarirne il suo rapporto con il successivo comma terzo.

Quest’ultimo invero non ha, in tema di conflitto d’interessi, come sostiene parte appellante, il rilievo di regola generale per tutti gli amministratori della cosa pubblica, ai sensi della quale l’obbligo dell’astensione sussiste soltanto quando ciò sia espressamente previsto.

Il comma terzo si riferisce non ai consiglieri comunali ma ai componenti della giunta, i quali sono tenuti a non esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio amministrato quando sono titolari di competenze in materia urbanistica , edilizia e lavori pubblici.

Si tratta quindi di un diverso tipo di conflitto d’interessi, non solo in senso soggettivo ma anche oggettivo inerendo alla carica, la cui disciplina non opera quindi per l’attività deliberativa dei consiglieri comunali quanto alla previsione espressa di un obbligo di astensione.

Una volta chiarito ciò e tornando al comma secondo della norma in commento, va chiarito anzitutto che il dovere di astensione si impone al consigliere , per così dire, ex ante, ogniqualvolta cioè incidendo l'atto da adottare su un interesse dell'amministratore, in senso vantaggioso o svantaggioso, vi sia il pericolo che la volontà dello stesso non sia immune da condizionamenti, e che vi sia invalidità della delibera adottata con il concorso di chi avrebbe dovuto astenersi.

E ciò a prescindere dai vantaggi o svantaggi in concreto conseguiti; v’è un contrasto dunque tra due interessi facenti capo alla stessa persona, uno dei quali di tipo «istituzionale» ed un altro di tipo personale che va risolto con l’astensione dal partecipare alla discussione e alla votazione sulla deliberazione.

Inoltre, dal tenore letterale dell'art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000 emerge che la deroga divisata per gli atti generali e normativi, oltre a non essere assoluta posto che se ricorre l’interesse personale si ripristina l’obbligo di astensione anche se non vengono in considerazione i detti atti, è da considerarsi tassativa e dunque se non opera in presenza di atti di natura diversa in via generale tuttavia l’astensione diviene doverosa se sussiste la correlazione ivi descritta .

Il dovere di astensione ha quindi portata generale e dunque non possono esservi dubbi, per stare al caso in esame, sulla sua applicabilità (oltre che ai piani generali) anche con riguardo alle convenzioni aventi valore di piani esecutivi.

A tal proposito, va anzi sottolineato che se sussiste un interesse immediato e diretto in caso di adozione di piano attuativo (cosa molto più facile a verificarsi, data la maggiore determinatezza del piano di livello esecutivo o attuativo), sussiste certamente l'obbligo di astensione, né tale obbligo viene meno per la maggiore possibilità che sia l’intero piano attuativo ad essere coinvolto.
L’ attenuazione delle conseguenze che la norma dispone per la violazione del dovere di astensione, circoscrivendo gli effetti dell’illegittimità dell’approvazione della deliberazione a parti dello strumento urbanistico, connettendosi alla natura di atto generale del piano, rafforza, invero, pena la loro vanificazione, le ragioni del rigoroso rispetto di tale dovere nella ipotesi in cui, come nella fattispecie in esame, anche per le ridotte dimensioni di un progetto di piano di lottizzazione eseguibile da un solo progettista, sia ancora più evidente il concreto, diretto e immediato conflitto di posizioni tra il consigliere comunale che esercita la professione di ingegnere progettista di quest’ultimo tipo di piano ed il contenuto della deliberazione consiliare che ha ad oggetto la richiesta della sua approvazione, evidente essendo il vantaggio concorrenziale nei riguardi del progettista del piano proposto”.

dott. Matteo Acquasaliente

CdS n. 4806 del 2014

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