Crac delle banche venete: incostituzionale la confisca dei beni utilizzati per commettere i reati

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2641, co. 1 c.c., secondo il quale in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei reati previsti dal Titolo XI del Libro V c.c. (concernente i reati societari) è ordinata la confisca del prodotto o del profitto del reato, nella sola parte in cui prevede anche la confisca dei beni utilizzati per commettere il reato stesso.

Ha altresì dichiarato l’incostituzionalità del successivo secondo comma, nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria di una somma di denaro o beni di valore equivalente a quelli utilizzati per commettere il reato.

L’obbligo di disporre la confisca di tutti beni utilizzati per commettere un reato societario, anche nella forma della confisca di beni di valore equivalente, può condurre a risultati sanzionatori manifestamente sproporzionati, ed è pertanto incompatibile con la Costituzione.

La questione è stata sollevata dalla Corte di cassazione nell’ambito del processo relativo alla crisi della Banca popolare di Vicenza (in primo grado, il Tribunale di Vicenza aveva disposto, a carico di quattro imputati, la confisca dell’importo di 963 milioni di euro; in secondo grado, la Corte d’appello di Venezia aveva confermato in parte la responsabilità penale degli imputati, ma aveva revocato la confisca, giudicandola in contrasto con il principio di proporzionalità delle pene sancito dalla cd. Carta di Nizza).

Spetterà al legislatore valutare se introdurre una nuova disciplina della confisca dei beni strumentali e delle somme di valore equivalente, nei limiti consentiti dal principio di proporzionalità, così come previsto in altri sistemi giuridici e nella stessa legislazione dell’Unione europea.

Resta invece in vigore l’obbligo di confiscare integralmente i profitti ricavati dal reato, in forma diretta e per equivalente, a carico di qualunque persona – fisica o giuridica – che risulti effettivamente avere conseguito le utilità derivanti dal reato. Resta ferma, inoltre, la facoltà per il giudice di confiscare i beni utilizzati per commettere il reato prevista in via generale dell’art. 240 c.p., nel rispetto del principio di proporzionalità.

Post di Alberto Antico – avvocato

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