L’esproprio nei confronti dei proprietari dissenzienti delle aree ricomprese nel piano di lottizzazione di iniziativa privata è fatto dal consorzio e non dal Comune

10 Nov 2014
10 Novembre 2014

L'articolo 21, comma 5, della L.R. Veneto n. 11/2004, in materia di piani urbanistici attuativi, stabilisce che: " 5. Il consorzio, costituito ai sensi del comma 4, ha titolo per procedere all'occupazione temporanea degli immobili dei dissenzienti per l'esecuzione degli interventi previsti, con diritto di rivalsa delle spese sostenute nei confronti degli aventi titolo, oppure per procedere all'espropriazione degli stessi immobili ai prezzi corrispondenti all'indennità di esproprio". Il TAR Veneto afferma che, in applicazione di tale disposizione, l'esproprio nei confronti dei proprietari dissenzienti delle aree ricomprese nel piano di lottizzazione di iniziativa privata è emanato dal consorzio e non dal Comune. In tale procedura espropriativa il ruolo del Comune è quello di effettuare la perizia di stima dei mappali espropriandi e di determinare la somma che il Consorzio dovrà liquidare ai proprietari dissenzienti a titolo d’indennità di esproprio, invitando, poi, quest’ultimo al deposito della somma presso la Tesoreria del Comune.

Si legge nella sentenza n. 1344 del 2014: "2.1. Ed infatti, l’espropriazione delle aree del comparto urbanistico appartenenti ai proprietari dissenzienti è prevista dall’art. 21 della L.R. n. 11/2004 e, pur costituendo una ipotesi particolare di procedura espropriativa (essendo rimessa all’iniziativa del Consorzio che è il beneficiario dell’espropriazione ed essendo uno strumento per risolvere anche conflitti d’ interessi interprivati), questa non è disciplinata da alcuna norma di legge o di regolamento.

Ne deriva che alla fattispecie in questione devono applicarsi le norme previste in tema di procedimento espropriativo dal D.P.R. n. 327/2001, in quanto compatibili. 

Tali norme prevedono termini procedimentali propri e diversi da quelli stabiliti in via sussidiaria dall’art. 2 L. 241/1990, erroneamente invocati dal ricorrente. In particolare, ai sensi dell’art. 13 del T.U. espropri, il decreto di esproprio deve essere emanato entro il termine di cinque anni decorrente dalla dichiarazione di p.u., ovvero entro il limite di efficacia del piano attuativo.

Ciò premesso - considerato inoltre che il termine di 180 giorni che l’amministrazione si è auto-assegnata per la conclusione del procedimento espropriativo è da ritenersi meramente indicativo e non perentorio, non derivando da una norma di legge e di regolamento - ne consegue l’insussistenza di alcun ritardo del Comune nella conclusione del procedimento in parola e pertanto l’infondatezza del ricorso.

2.2. In ogni caso alcun inadempimento pare imputabile alla pubblica amministrazione anche da un punto di vista più sostanziale.

Ed infatti, una volta che il Comune di Mirano, già antecedentemente alla proposizione del ricorso, ha effettuato la perizia di stima dei mappali espropriandi ed ha determinato la somma che il Consorzio dovrà liquidare ai proprietari dissenzienti a titolo d’indennità di esproprio, invitando, poi, quest’ultimo al deposito della somma presso la Tesoreria del Comune di Mirano, esso null’altro doveva fare se non attendere le ufficiali determinazioni del Consorzio, dalle quali, allo stato, dipende il compimento della procedura espropriativa.

Peraltro, le attuali  contestazioni del Consorzio in ordine alla determinazione dell’indennità e all’individuazione delle aree espropriande esulano dall’oggetto del presente giudizio".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 1344 del 2014

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