Da capezzagna a reticolo stradale: valutazione paesaggistica e ambientale

18 Giu 2025
18 Giugno 2025

Il proprietario di un fondo agricolo realizzava, in un’area vincolata paesaggisticamente e boscata, una serie di opere edilizie abusive, tra cui un articolato sistema di strade interpoderali pavimentate, muretti, cordoli, terrazzamenti, impianti di illuminazione, nonché spianamenti e muri di contenimento. Tali opere erano prive di titolo edilizio e autorizzazione paesaggistica.

Dopo aver ricevuto alcune ordinanze di demolizione, ottemperate in parte, il proprietario domandava una sanatoria per la realizzazione delle strade interpoderali, con contestuale istanza di compatibilità paesaggistica ex art. 167 d.lgs. 42/2004.

Il Comune respingeva l’istanza, richiamando i pareri negativi della Commissione locale per il paesaggio e della Soprintendenza.

In primo grado, il TAR Veneto accoglieva in parte il ricorso del privato, ritenendo carente l’istruttoria comunale.

In sede di appello, il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza, confermando la legittimità del diniego comunale.

La trasformazione in strada o in piazzale, con modifica tendenzialmente non reversibile dello stato dei luoghi, comporta una modifica del territorio e costituisce quindi una nuova opera.

Con questa premessa, il termine “manutenzione straordinaria” adoperato dall’art. 167, co. 4 lett. c d.lgs. 42/2004 costituisce una precisa qualificazione giuridica che rinvia alle definizioni dell’art. 3 d.P.R. 380/2001, al fine di escludere la sanatoria paesaggistica per tutti gli altri interventi edilizi, come risulta confermato dall’art. 36-bis d.P.R. cit., introdotto dalla cd. riforma Salva casa (d.l. 69/2024, come convertito dalla l. 105/2024), che ha aggiunto la sanatoria paesaggistica postuma in caso di parziali difformità dal titolo edilizio.

Più analiticamente, la sentenza afferma i seguenti principi.

Inammissibilità della sanatoria paesaggistica per opere non rientranti nell’art. 167, co. 4 d.lgs. 42/2004.

Le opere devono ricadere tassativamente nei casi previsti (mancanza di aumento volumetrico, manutenzione ordinaria/straordinaria, ecc.).

La trasformazione delle capezzagne in strade pavimentate con infrastrutture permanenti è intervento di nuova costruzione.

Prevalenza della tutela del paesaggio e del vincolo ambientale.

Interventi in area boscata e tutelata da specifico D.M. non possono compromettere la naturalità e la percezione visiva del paesaggio.

L’alterazione morfologica della collina, mediante muri di contenimento e spianamenti, è incompatibile con i valori ambientali protetti.

Sindacato giurisdizionale limitato sulle valutazioni paesaggistiche.

Le valutazioni tecniche della Soprintendenza e della Commissione paesaggio sono opinabili ma non sindacabili nel merito, salvo manifesta illogicità o errore di fatto (non riscontrati).

Il giudice non può sostituirsi all’autorità preposta alla tutela paesaggistica.

La presenza di un vincolo paesaggistico rende necessaria l’autorizzazione preventiva.

In assenza di autorizzazione ex ante, e in difetto dei presupposti per la sanatoria ex post, l’opera è insanabile e soggetta a demolizione.

Il ripristino dei luoghi è atto dovuto in caso di abuso edilizio in area vincolata.

La legge impone l’eliminazione delle opere abusive con ripristino morfologico e vegetazionale del sito.

È irrilevante la difficoltà di ricostituire l’assetto originario.

I vizi procedurali non determinano l’annullabilità del provvedimento se l’esito è vincolato.

Anche se la comunicazione del preavviso di rigetto non ha rispettato le proroghe emergenziali Covid, ciò non incide sull’esito se il diniego era comunque vincolato dai pareri negativi paesaggistici (art. 21-octies, co. 2 l. 241/1990).

Conformità urbanistica come requisito essenziale della sanatoria edilizia.

Il diniego si fonda anche sul contrasto con le NTO del PI comunale, che vietano sistemazioni artificiali del terreno in zona agricola e impongono il rispetto della morfologia del suolo.

Legittimità di provvedimenti motivati anche su più basi autonome.

Un provvedimento è valido anche se una delle motivazioni è sufficiente a sostenerlo, rendendo irrilevanti eventuali carenze su altri profili.

Post di Daniele Iselle

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Accesso agli atti nelle procedure ad evidenza pubblica

18 Giu 2025
18 Giugno 2025

Il TAR Veneto ha affermato che, nel caso in cui la Stazione appaltante, contestualmente alla comunicazione dell’aggiudicazione, non renda disponibile attraverso la piattaforma digitale la documentazione di gara prevista dall’art. 36, co. 1-2 d.lgs. 36/2023, la richiesta di accesso dell’operatore economico interessato è regolata dall’ordinario procedimento disciplinato dalla l. 241/1990, con conseguente applicazione, in caso di diniego espresso o tacito all’ostensione, dell’art. 116 c.p.a., non essendo in tal caso applicabile il rito accelerato previsto dall’art. 36, co. 4 d.lgs. 36/2023.

L’unico rimedio previsto dal codice dei contratti pubblici per il caso di ostensione parziale degli atti di gara è contenuto nella norma da ultimo citata, il quale rimedio, però, si riferisce soltanto all’impugnazione delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte, indicate dagli operatori.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Accesso civico generalizzato e pubblici appalti

18 Giu 2025
18 Giugno 2025

Il TAR Milano ha affermato che l’accesso civico generalizzato in materia di appalti pubblici risulta attualmente disciplinato dall’art. 35 d.lgs. 36/2023 e va riconosciuto indipendentemente dalla partecipazione dell’istante alla procedura di gara, ferma restando la verifica della compatibilità con le eccezioni di cui all’art. 5-bis, co. 1 e 2 d.lgs. 33/2013, poste a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati.

In presenza di istanze di accesso civico generalizzato, qualora vengano in rilievo ipotesi intersecate, tanto di violazione di un segreto tecnico o commerciale di cui all’art. 35, co. 4, lett. a d.lgs. 36/2023, quanto di pregiudizi agli interessi economici e commerciali dell’offerente di cui all’art. 5-bis, co. 2 d.lgs. 33/2013, la P.A. è tenuta ad esercitare un potere discrezionale di ponderazione mediante la tecnica del bilanciamento, al fine di accertare la sussistenza o no di un pericolo di concreto pregiudizio per gli interessi tutelati dal legislatore.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Il Collegio Consultivo Tecnico negli appalti di servizi e forniture alla luce del d.lgs. 209/2024: natura, regime transitorio e principio del tempus regit actum

18 Giu 2025
18 Giugno 2025

Il dottor Riccardo Renzi, che ringraziamo, ci invia la nota che volentieri pubblichiamo, su "Il Collegio Consultivo Tecnico negli appalti di servizi e forniture alla luce del d.lgs. 209/2024: natura, regime transitorio e principio del tempus regit actum".

Riccardo_Renzi_Italia_Ius_Il Collegio Consultivo Tecnico negli appalti di servizi e forniture alla luce del decreto legislativo 209 del 2024

Pronuncia “anticipatoria” dell’Amministrazione

18 Giu 2025
18 Giugno 2025

Il TAR Veneto rileva che l’Amministrazione non può esprimersi, pro futuro e già ora, su eventuali istanze di rilascio di titoli edilizi non ancora presentate, avendo l’obbligo di valutare autonomamente e specificatamente i singoli progetti.

Post di Alessandra Piola – avvocato

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Nuova legge per tutelare gli animali con sanzioni anche penali

17 Giu 2025
17 Giugno 2025

Con la l. 6 giugno 2025, n. 82 (pubblicato in G.U., Serie generale n. 137 del 16.06.2025), che entrerà in vigore il 01.07.2025, sono state approvate alcune modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per l’integrazione e l’armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali.

Segnaliamo, tra le altre, la seguente disposizione:

"DIVIETO DI DETENZIONE DI ANIMALI DI AFFEZIONE ALLA CATENA
L’art. 10 l. 82/2025 recita: “1. Al proprietario o al detentore, anche temporaneo, di animali di affezione è fatto divieto di custodirli nel luogo di detenzione e dimora tenendoli legati con la catena o con altro strumento di contenzione similare che ne impedisca il movimento, salvo che ciò sia imposto da documentate ragioni sanitarie o da temporanee esigenze di sicurezza.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque viola il divieto di cui al comma 1 si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 500 euro a 5.000 euro”. 

La legge è consultabile al seguente link:

https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2025-06-16&atto.codiceRedazionale=25G00089&elenco30giorni=false.

Si allega un prospetto delle modifiche normative apportate dalla legge in commento.

modifiche normative a tutela degli animali

Post di Alberto Antico – avvocato

Il Consiglio di Stato ha affermato che il condono non rende l’opera condonata legittima

17 Giu 2025
17 Giugno 2025

Il Consiglio di Stato ha affermato che il condono non rende l’opera condonata legittima: ne evita solo la demolizione e ne consente il trasferimento, che sarebbe altrimenti vietato. Conseguentemente le opere condonate non possono costituire il presupposto per la realizzazione di ulteriori interventi edilizi, che ne mutuano inevitabilmente la natura illegittima.

Debbono quindi ritenersi ammissibili, sui beni oggetto di condono, solo gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e risanamento conservativo, per mera coerenza con il consenso che il legislatore ha dato al mantenimento delle opere medesime.

Nel caso di specie, il privato vantava un’istanza di condono non ancora esitata e cercava di sanare ex artt. 36 o 37 d.P.R. 380/2001 un pergolato con area cementificata di 38 mq. Il Consiglio ha escluso che il Comune potesse mai rilasciare la sanatoria.

Si segnala che la sentenza non si interroga sull’eventuale rilevanza della cd. riforma Salva casa.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Segue: quindi un immobile condonato non ha lo stato legittimo neanche dopo il Salva Casa?

17 Giu 2025
17 Giugno 2025

Lo afferma una sentenza del Consiglio di Stato, la quale, se è comprensibile dal punto di vista formale, fa capire che il legislatore ha creato un sistema incoerente, visto che oggi, dopo il salva casa, anche la fiscalizzazione dà lo stato legittimo e, quindi, non si capisce perchè non debba darla il condono edilizio: ci teniamo per l'eternità immobili condonati ma ancora e per sempre abusivi?

Evidentemente il giudice amministrativo non vuole rimediare a questo pasticcio in via interpretativa.

Una ipotesi per uscire da questo vicolo cieco potrebbe essere quello di sanare di nuovo l'immobile già condonato, ricorrendo alle sanatorie previste dal Salva Casa ((D.L. 69/2024, se vi siano i presupposti degli articoli 36 bis e 34 ter).

Si legge nella sentenza n. 482 del 2025: "9. Ebbene, occorre rilevare che le opere abusive che siano state regolarizzate con condono edilizio - e non con accertamento di conformità - non possono costituire il presupposto per ulteriori interventi edilizi. La sanatoria straordinaria disciplinata al Capo IV della L. n. 47/85, richiamata dalle leggi n. 724/94 e n. 326/2003 (c.d. “condono edilizio”) ha natura del tutto eccezionale, consentendo il mantenimento di opere edilizie, non altrimenti regolarizzabili, dietro pagamento di una sanzione, oltre che degli oneri concessori: tale straordinaria sanatoria opera solo nel senso che viene evitata la demolizione dei manufatti abusivi e ne viene consentita anche la circolazione giuridica, ma nulla di più, trattandosi di manufatti realizzati in difformità dalla normativa edilizia ed urbanistica. In altre parole: il condono edilizio non rende l’opera condonata legittima, ne evita solo la demolizione e ne consente il trasferimento, che sarebbe altrimenti vietato; conseguentemente le opere condonate non possono costituire il presupposto per la realizzazione di ulteriori interventi edilizi, che ne mutuano inevitabilmente la natura illegittima: opinando diversamente si finirebbe per attribuire al titolo edilizio rilasciato in sede di condono una sorta di “ultrattività indeterminata”, cioè una estensione oggettiva e temporale che va ben al di là dei limiti indicati nella L. 47/85 (e dalle successive leggi che hanno reso possibile la ripresentazione di domande di condono, i.e. la L. n. 724/904 e la L. n. 326/2003), limiti che nel caso della L. n. 47/85 consentivano di condonare solo le opere realizzate prima del 1° ottobre 1983 e alla condizione che la domanda fosse presentata entro 30 novembre 1985, poi prorogato fino al 31 marzo 1986.

9.1. Debbono quindi ritenersi ammissibili, sui beni oggetto di condono edilizio, solo gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e risanamento conservativo, per mera coerenza con il consenso che il legislatore ha dato al mantenimento delle opere medesime".

Post di Dario Meneguzzo - avvocato

Sentenza CDS 482 del 2025

Distanza tra pareti finestrate in centro storico

17 Giu 2025
17 Giugno 2025

Il TAR Veneto rileva che la deroga alla distanza minima di 10 m tra pareti finestrate prevista dal d.m. n. 1444/1968 per le zone A è limitata alle ipotesi di mero risanamento conservativo o ristrutturazione; non si può perciò estendere agli interventi di ampliamento, da considerarsi quindi come ipotesi di nuova costruzione anche se connessi ad una ristrutturazione edilizia.

Post di Alessandra Piola – avvocato

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Varianti al P.I. e decadenza delle aree di espansione

17 Giu 2025
17 Giugno 2025

La legge regionale del Veneto (n. 11/2004 e successivi aggiornamenti, come la n. 14/2017) disciplina la decadenza delle previsioni urbanistiche relative alle aree di espansione. In particolare, l'art. 18, comma 7 della LR 11/2004 prevede che, per le aree soggette a strumenti attuativi non approvati, le previsioni decadano automaticamente dopo cinque anni dall'entrata in vigore del piano di intervento. 

Il TAR Veneto precisa che la variante al P.I. adottata prima della decadenza delle prescrizioni sulle aree di espansione non permette di evitare tale decadenza, non potendo in quel momento costituire volontaria ed effettiva nuova pianificazione dell’area non più zonizzata.

Post di Alessandra Piola – avvocato

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