E’ legittima l’ordinanza comunale con cui si vieta di dare da mangiare ai cani randagi e si rende obbligatoria la museruola per i cani di grossa taglia?

08 Ott 2018
8 Ottobre 2018

Una particolare problematica viene sottoposta all'attenzione del TAR Campania, che frena il comune.

Post di Diego Giraldo – avvocato

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Il DASPO deve specificare esattamente i luoghi cui si estende il divieto

06 Ott 2018
6 Ottobre 2018

Il DASPO deve specificare esattamente i luoghi cui si estende il divieto, altrimenti si pone in contrasto con il diritto di libera circolazione del cittadino e non è esigibile.

E' quanto stabilito recentemente dal T.A.R. Calabria, sezione staccata di Reggio, che ha riformato in parte qua il provvedimento di DASPO emesso dal Questore, con cui era stato imposto ad un tifoso "facinoroso", il divieto di accedere, per quattro anni, non solo agli stadi o agli impianti sportivi dove si fossero svolte tutte le manifestazioni sportive nelle quali fosse stata impegnata a qualsiasi titolo la propria compagine calcistica "del cuore", ma anche ai luoghi interessati alla sosta, al transito ed al trasporto dei partecipanti alle citate manifestazioni sportive.

Secondo il TAR, l’art. 6, comma, 1 della L. n. 401/1989, impone la necessità di specificare i luoghi cui si estende il divieto, discendendo la ratio della specificazione, dalla fondamentale esigenza di conciliare la misura interdittiva con la garanzia costituzionale della libertà di circolazione; la necessità di un'indicazione specifica delle manifestazioni sportive e dei luoghi cui il divieto deve applicarsi, inoltre, è da ricondursi ad un'esigenza di razionalità del divieto e, pertanto, di esigibilità del rispetto del comando il quale, se non chiaramente e specificamente enunciato, rimarrebbe privo di efficacia precettiva.

E' stata, dunque, censurata la parte del provvedimento in cui estendeva il divieto a luoghi esterni non esattamente individuati, dopo che comunque era stata confermata nel merito la bontĂ  della misura.

La pronuncia, infine, risulta interessante in quanto riepiloga alcuni principi giurisprudenziali in materia di DASPO:

-per tale tipo di provvedimento, essendo proteso alla più efficace tutela dell’ordine pubblico e ad evitare la reiterazione dei comportamenti vietati, si può prescindere dal previo coinvolgimento procedimentale del destinatario della misura di prevenzione e, quindi, non gli va notificato previamente l'avvio del procedimento;

- all'Autorità amministrativa spetta una valutazione di affidabilità del soggetto che, se negativa, si concretizza nel DASPO e che rimane incensurabile in sede di legittimità, ove sia congruamente motivata, avuto riguardo a circostanze di fatto specifiche, in relazione alle quali non può risultare, peraltro, indifferente, nel giudizio di comparazione, la sproporzione significativa, per ordini di grandezza, tra l'interesse pubblico alla tutela dell'ordine e della sicurezza dei cittadini e l'interesse privato ad accedere liberamente negli stadi per assistere alla partita della squadra preferita.

Post di Giorgio Nespoli - avvocato

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Quanti tipi di ristrutturazione edilizia sussistono?

05 Ott 2018
5 Ottobre 2018

Secondo il T.A.R. Brescia tre. In questa sentenza il Collegio esamina con chiarezza e precisione l’evoluzione normativa e giurisprudenziale della “ristrutturazione edilizia”, chiarendo come devono essere coordinate le varie norme del d.P.R. n. 380/2001 che, solo apparentemente, sembrano in antinomia le une con le altre.

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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Anche un edificio degli anni ’50 può essere abusivo per mancanza di un titolo

05 Ott 2018
5 Ottobre 2018

In contrasto con una opinione abbastanza diffusa (ma evidentemente infondata), secondo la quale gli edifici costruiti prima del 1967 erano automaticamente  dispensati dalla necessità di un titolo edilizio, il TAR Veneto spiega perchè anche un edificio costruito negli anni '50 del secolo scorso può essere abusivo per mancanza o difformità da un titolo edilizio.

IL TAR si occupa anche del valore delle dichiarazioni dei terzi sull'epoca di realizzazione dell'edificio.

Post di Dario Meneguzzo - avvocato

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Piena conoscenza dell’atto lesivo

05 Ott 2018
5 Ottobre 2018

Il T.A.R. afferma che, se da un lato, spetta alla parte che eccepisce la tardività del ricorso dimostrare che la piena conoscenza del provvedimento impugnato si fosse già formata anteriormente alla proposizione del ricorso, dall’altro lato, riconosce i poteri del Collegio ad indagare con scrupolo su tale aspetto.

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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Il rebus del calcolo della sanzione ex art. 34, co. 2 d.P.R. 380/2001: la Corte dei Conti dribbla la domanda

04 Ott 2018
4 Ottobre 2018

Il Comune di Chiampo aveva inoltrato alla Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti del Veneto una richiesta di parere, in ordine al modo di calcolare la sanzione comminata dall’art. 34, co. 2 T.U. edilizia (d.P.R. 380/2001), cd. fiscalizzazione dell’abuso (si veda il post del 26 giugno 2018, con l'allegata richiesta motivata).

Il contrasto, anche giurisprudenziale, verte sul momento nel tempo in cui bisogna considerare il “doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392” ai fini del calcolo della sanzione: secondo alcuni, si dovrebbe fare riferimento al momento dell’abuso; secondo altri, al momento dell’applicazione della sanzione (per approfondire, si vedano i due post, datati 9 agosto 2017 e 16 gennaio 2018, a firma dell’avv. Matteo Acquasaliente).

La Corte dei Conti ha dichiarato inammissibile la richiesta di parere, ritenendo che una sua risposta avrebbe interferito con la discrezionalitĂ  della p.a. e con la giurisdizione amministrativa.

Tuttavia, la Corte cita “in funzione collaborativa” una sentenza del T.A.R. Bologna e una del Consiglio di Stato. La prima esclude che il valore indicato nella l. 392/1978 debba essere rivalutato secondo gli indici Istat. La seconda ritiene esente da vizi – anzi, addirittura attività vincolata – l’operato del Comune, che nell’anno 2000 ha calcolato la sanzione con i valori della l. 392/1978, come rivalutati dall’ultimo decreto ministeriale emanato in proposito (D.M. Lavori Pubblici 18 dicembre 1998).

Non sarebbe assurdo trarne un “suggerimento”, per il quale ai fini della cd. fiscalizzazione dell’abuso, si deve fare riferimento al costo di produzione al momento di realizzazione dell’abuso, in base ai valori fissati dalla l. 392/1978, senza rivalutazione alla data di irrogazione della sanzione, dato che il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 3633/2018, sembra avallare – seppur in modo indiretto - tale metodo di calcolo utilizzato dal Comune di Macerata. Qualora invece si ritenga doverosa la rivalutazione, essa andrebbe calcolata in coerenza con le fonti secondarie: i vari regolamenti, con cadenza pressoché annuale, hanno aggiornato i valori della l. 392 cit. fino al 1997; per gli anni dal 1998 in poi, troverebbe generale applicazione l’ultimo regolamento emanato, ovvero il prefato D.M. LL.PP. 18 dicembre 1998.

Quindi, ad oggi, nonostante il T.A.R. Veneto ritenga necessario attualizzare la sanzione de qua al momento della sua applicazione (sent. 1114/2017), non chiarendo, tuttavia, a quale momento storico la stessa debba essere ricondotta (rectius: se al momento di commissione dell’abuso o a quello di applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria), altri Giudici, non solo negano l’attualizzazione della stessa, ma lasciano persino presumere che la sanzione dovrebbe essere commisurata ai valori sussistenti al momento di commissione dell’abuso o, in assenza di tale informazione temporale, all’ultimo D.M. del 1998.

Post di Alberto Antico – dottore in giurisprudenza

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Abusi e vicinitas

04 Ott 2018
4 Ottobre 2018

Il T.A.R. Milano afferma che, in presenza di abusi edilizi, il presupposto della c.d. vicinitas è idoneo e sufficiente a radicare il potere di intervento e di controllo urbanistico-edilizio del Comune ex art. 27 del d.P.R. n. 380/2001.

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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Quale titolo richiede la recinzione?

04 Ott 2018
4 Ottobre 2018

Il T.A.R si sofferma sul titolo edilizio necessario per realizzare una recinzione.

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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Sulla motivazione dei provvedimenti di diniego al rilascio al porto d’armi

04 Ott 2018
4 Ottobre 2018

Secondo il T.A.R. di Brescia, il Questore, nel negare il porto d'armi al privato richiedente, deve motivare compiutamente la propria scelta discrezionale di rigetto.

Dopo un approfondito excursus giurisprudenziale, il TAR Lombardo ha riepilogato i principi che devono informare l'AutoritĂ  di Pubblica sicurezza in materia, per cui:

-la facoltà di detenere e portare armi corrisponde ad un interesse del privato ritenuto, tuttavia, cedevole di fronte al ragionevole sospetto di abuso della facoltà medesima, il cui soddisfacimento recede al cospetto dell’esigenza di evitare rischi per l’incolumità pubblica e per la tranquilla convivenza della collettività; sicché la P.A. può legittimamente negare la detenzione e il porto d’armi, anche qualora la condotta dell’interessato presenti soltanto segni di pericolosità o semplici indizi di inaffidabilità;

- nel valutare la affidabilità del soggetto circa il possesso e l’uso corretto delle armi, i poteri dell’Autorità sono ampiamente discrezionali e finalizzati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici, sicché i relativi provvedimenti negativi sono sufficientemente motivati mediante il riferimento a fatti idonei a far dubitare, anche solo per indizi, della sussistenza dei requisiti di affidabilità richiesti dalla normativa, fermo restando che rientra nella discrezionalità amministrativa la valutazione, ai fini del giudizio di affidabilità rispetto al non abuso dell’arma, di singoli episodi anche privi di rilevanza penale.

Nel caso sottoposto all'attenzione dei Giudici amministrativi bresciani, tuttavia, la P.A. resistente si era limitata a prendere atto di un'informativa dell'Arma dei Carabinieri sulla radicazione di un procedimento penale a carico dell'interessato per minacce, percosse e danneggiamento (per fatti del 2006, peraltro), senza assumere informazioni in ordine allo stato dello stesso e senza, soprattutto, formulare un giudizio circa gli elementi che avevano concretamente caratterizzato la vicenda e senza evidenziare in che termini, questi elementi, avessero inciso sul giudizio di inaffidabilità nell’uso delle armi.

Nella fattispecie, è stato dunque caducato il provvedimento  di conferma della sospensione del porto d'armi del ricorrente, per inadeguata motivazione, con la precisazione che l'accoglimento del ricorso non comportava per il richiedente l'automatica restituzione della licenza, ma l'obbligo dell'Amministrazione di pronunciarsi sulla sua istanza, tenendo conto dei principi ricordati in motivazione.

Post di Giorgio Nespoli - avvocato

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Pertinenza urbanistica e civilistica

03 Ott 2018
3 Ottobre 2018

Il T.A.R. ricorda la diversità sussistenza tra la pertinenza urbanistica e quella civilistica. La sentenza è particolarmente interessante perché il Collegio enuclea le caratteristiche che dovrebbero sussistere affinché un’opera edile possa rientrare nella prima categoria.

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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