Le deliberazioni che reiterano i vincoli richiedono una motivazione seria

25 Lug 2014
25 Luglio 2014

La sentenza del TAR Veneto n. 920 del 2014 si occupa anche della necessità di motivare in modo serio le deliberazioni che reiterano i vincoli scaditi.

Scrive il TAR: "6. E’, altresì, da accogliere il terzo motivo, nell’ambito del quale si rileva il difetto di motivazione delle delibere che procedono alla reiterazione del vincolo.

6.1 Come correttamente ricorda parte ricorrente l’orientamento giurisprudenziale prevalente richiede l’indicazione e l’esplicitazione delle ragioni alla base del provvedimento, precisando che nell’ipotesi in cui vi sia stata una prima reiterazione, quella successiva deve contenere una ponderata valutazione degli interessi coinvolti, esponendo le argomentazioni idonee ad escludere profili di eccesso di potere e, nel contempo, ad ammettere l’attuale sussistenza dell’interesse pubblico (in questo senso si veda Cons. di Stato sez. IV del 02/10/2008 n. 4765).

6.2 In particolare una recente pronuncia del Consiglio di Stato (n. 3365/2012), i cui contenuti questo Collegio non può che condividere, ha rilevato che “la reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti (oggi rientrante nella previsione di cui all'art. 9 D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) non può disporsi senza svolgere una specifica indagine concreta relativa alle singole aree finalizzata a modulare e considerare le differenti esigenze, pubbliche e private, in quanto l'amministrazione nel reiterare i vincoli scaduti è tenuta ad accertare che l'interesse  pubblico sia ancora attuale e non possa essere soddisfatto con soluzioni alternative e deve indicare le concrete iniziative assunte o di prossima attuazione per soddisfarlo, nonché disporre l'accantonamento delle somme necessarie per il pagamento dell'indennità di espropriazione. Si è rilevato, in particolare, che: " l'obbligo di motivazione in materia di reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti sussiste anche quando la reiterazione del vincolo sia disposta in occasione dell'adozione di variante generale al p.r.g. “.

6.3 Sempre secondo la pronuncia sopra citata per conferire alla valutazione di imposizione di vincoli scaduti ed alla conseguente motivazione un grado di concretezza sufficiente occorre che si proceda secondo uno schema logico "minimo" composto ssenzialmente: “a) dalla ricognizione del perdurante bisogno di realizzare un certo assetto urbanistico di interesse della collettività e della portata, dimensione e priorità di tale interesse in relazione alla situazione attuale ed alle risorse disponibili; b) dall'accertamento che la realizzazione di tale assetto possa implicare il coinvolgimento necessario ed attuale dell'are di proprietà privata già oggetto di vincolo; c) dalla dimostrazione che eventuali soluzioni alternative siano impraticabili o eccessivamente onerose in base a criteri oggettivi di comparazione che tengano, però, anche conto del necessario bilanciamento tra costo dell'intervento pubblico e sacrificio imposto al privato".

6.4 Nulla di tutto ciò è presente nelle delibere impugnate che dispongono la reiterazione e, ciò, a prescindere dal fatto che riguardino l’adozione o l’approvazione della variante n. 55/2013.

6.5 Nulla si afferma circa la persistenza e l'attualità dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, così come non è possibile evincere le ragioni del ritardo nell'esecuzione che, in quanto tali, hanno determinato la decadenza del primo vincolo e del successivo. 

6.6 In presenza di detto obbligo di motivazione va evidenziato come sia del tutto irrilevante la qualifica formale dell'atto; se quindi quest’ultimo integri la fattispecie di una variante o un provvedimento esplicito, finalizzato esclusivamente all’apposizione del vincolo, realizzandosi in tutti i casi una lesione sostanziale e protratta nel tempo del diritto di proprietà del singolo.

6.7 Ne consegue che la reiterazione non può essere disposta senza svolgere una specifica indagine concreta relativa alle singole aree, finalizzata a modulare e considerare le differenti esigenze pubbliche e private.

6.8 Ciò premesso, e pur nella convinzione dell'illegittimità in parte qua degli atti impugnati, va comunque rilevato come la necessità di vagliare soluzioni alternative costituisce un profilo che va strettamente correlato al caso di specie e allo stato di avanzamento dell’opera. 

6.9 Se il caso di specie era foriero di una particolare “tipicità” come sostiene l’Amministrazione comunale ciò non esclude che dell’esistenza di queste ragioni si sarebbe dovuto dar conto nelle delibere che reiteravano il vincolo, ponendo in stretta correlazione la reiterazione con le circostanze che avevano determinato il ritardo e le ragioni che ritenevano indispensabile disporre l’ulteriore limitazione al diritto di  proprietà.

6.9 Si consideri, inoltre, che nel caso in esame la valutazione circa l’esistenza di soluzioni alternativa era già stata esaminata dalla
precedente sentenza di questo Tribunale nell’ambito della quale si era già avuto modo di evidenziare come detta fattispecie attenga al merito dell'azione amministrativa e non sia suscettibile di una valutazione, se non per i tradizionali profili in materia di eccesso di potere, peraltro insussistenti nel caso di specie.

6.10 In conclusione a parere di questo Tribunale vanno nettamente distinti i profili attinenti alle pur legittime istanze finalizzate ad un "riposizionamento delle opere", rispetto a quei profili strettamente correlati al rispetto degli obblighi di motivazione gravanti nei confronti dell'Amministrazione procedente.

7. In definitiva è possibile accogliere le censure sopra citate, assorbendo gli ulteriori motivi dedotti e disponendo l’annullamento degli atti impugnati limitatamente alla parte in cui dispongono la reiterazione del vincolo espropriativo nei termini sopra citati".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 920 del 2014

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