Il Comune non può revocare un piano attuativo senza comparare l’interesse pubblico con quello dei privati al suo mantenimento

09 Set 2013
9 Settembre 2013

La questione è esaminata dalla sentenza del TAR Veneto n. 1089 del 2013.

Scrive il TAR: "3. Nel merito, risulta fondato il primo motivo di ricorso, laddove si è contestata la violazione delle norme e dei principi che disciplinano l’istituto della revoca degli atti amministrativi.
3.1. Infatti, anche se in linea di principio non sussistono ragioni ostative alla possibilità di revoca di un piano attuativo da parte del Comune, rimanendo pur sempre l’Amministrazione arbitra della destinazione urbanistica da imprimere alle aree comprese nel territorio comunale, tuttavia, l’esercizio di tale potere di revoca, proprio per il suo particolare oggetto, dovrà tener conto dell’efficacia decennale del piano attuativo e dell’affidamento dei proprietari delle aree sulla possibilità di realizzare le opere ivi contemplate fino alla compiuta scadenza dello stesso.
Conseguentemente, nel caso specifico, la verifica dell’esistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di revoca non può prescindere dalla considerazione di tali elementi. Non potendosi, peraltro dubitare dell’esistenza di una posizione qualificata e differenziata maturata dai privati proprietari a seguito dell’approvazione del piano attuativo, vantando essi un’ aspettativa, assistita da uno specifico affidamento, alla realizzazione dell’operazione di riqualificazione prevista dal piano particolareggiato, comprensiva dell’assegnazione di nuove potenzialità edificatorie dei suoli, ed alla corrispondente cura dell’ Amministrazione a non compromettere quell’interesse senza la sua ponderazione insieme con l’ interesse pubblico. Ebbene, nel caso di specie, nella motivazione della delibera di revoca impugnata è totalmente assente la considerazione degli interessi dei privati proprietari e dunque il momento di comparazione degli interessi implicati dalla scelta operata dalla P.A. . Ciò costituisce un primo motivo di illegittimità della delibera di revoca.
3.2. In secondo luogo, va osservato che, ai sensi dell’art. 21 quinquies L. 241/1990, la revoca di un atto amministrativo può essere disposta nel caso di sopravvenienze (mutamento della situazione di fatto ovvero sopravvenuti motivi di interesse pubblico) ed in caso di diversa valutazione dell’interesse pubblico originario (ius poenitendi, che comporta una riconsiderazione dell’originaria situazione di fatto). In sostanza, la ratio di tale istituto è l’incompatibilità fra il perdurare degli effetti di un provvedimento già adottato ed interessi ritenuti dalla P.A. preminenti. Inoltre, va osservato che, costituendo la revoca espressione dell’esercizio di un potere di amministrazione attiva, essa deve essere assistita dalla necessità di cura di un interesse pubblico concreto ed attuale. Per tale ragione, la giurisprudenza costante richiede, ai fini della legittimità dei provvedimenti in discorso, l’attualità dell’interesse pubblico alla rimozione degli effetti dell’atto originario. Ciò premesso, nel caso in esame, la delibera di revoca impugnata si basa, in sostanza, sulle seguenti considerazioni: a) la sopravvenuta incompatibilità del rilevante volume edificabile previsto con l’attuale andamento del mercato immobiliare nel periodo di crisi economica; b) la negativa incidenza di tale nuova cubatura sulle caratteristiche del borgo medievale di Portobuffolè; c) la necessità di riconsiderare urbanisticamente l’ambito in oggetto in funzione delle linee di sviluppo che verranno stabilite in sede di redazione del P.A.T.I. . Ebbene, è evidente che tali generiche indicazioni non sono sufficienti ad integrare quegli interessi pubblici concreti ed attuali che possono legittimare la rimozione del piano attuativo. Né il riferimento alla crisi economica generale, che riguarda l’intero Paese, che può al massimo incidere sugli interessi economici dei proprietari interessati al Piano, e che, di per sé, non impedisce la possibilità del verificarsi di condizioni favorevoli per l’attuazione del Piano entro il suo periodo decennale di efficacia. Né l’esigenza di conservare le caratteristiche tipiche del borgo medievale, trattandosi di una considerazione generica, ed assumendo in tal caso la scelta della revoca le caratteristiche di un semplice ripensamento, nella fattispecie incompatibile con l’efficacia predeterminata del piano attuativo (che altrimenti verrebbe privata di ogni vincolatività). Infine, il terzo elemento indicato nella motivazione rivela piuttosto come non vi sia attualmente, non solo alcuna sopravvenuta incompatibilità del Piano attuativo con la pianificazione di livello superiore, ma nemmeno alcun sopravvenuto motivo di pubblico interesse, essendo stato operato un generico richiamo alle diverse valutazioni che potrebbero essere compiute dal P.A.T.I. ancora “in fase di studio”. Pertanto, le indicazioni contenute nell’atto gravato, lungi dal concretizzare la motivazione necessaria, evidenziano la carenza dell’elemento strutturale del provvedimento di revoca, ossia l’indicazione dell’attualità dell’interesse alla rimozione.
4. Conclusivamente, senza intaccare i profili del merito amministrativo, la motivazione della delibera di revoca appare oggettivamente carente sotto plurimi profili".

Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto 1089 del 2013

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