Come far valere la clausola risolutiva espressa inserita in una concessione

19 Ago 2013
19 Agosto 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. I, con la sentenza del 08 agosto 2013 n. 1034, si occupa della clausola risolutiva espressa inserita in una concessione: nello specifico il disciplinare della concessione prevedeva che la violazione degli obblighi del concessionario comportasse, previa contestazione dell’inadempimento, la decadenza dal titolo.

A riguardo si legge: “E’ insegnamento pacifico e costante della giurisdizione di legittimità che: ”..Per la configurabilità della clausola risolutiva espressa, le parti devono aver previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell'inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, restando estranea alla norma contenuta nell'art. 1456 c.c., la clausola redatta con generico riferimento alla violazione di tutte le obbligazioni contenute nel contratto; con la conseguenza che, in tale ultimo caso, l'inadempimento non risolve di diritto il contratto, sicché di esso deve essere valutata l'importanza in relazione alla economia del contratto stesso secondo la normativa generale in materia, non essendo sufficiente l'accertamento della sola colpa, come previsto invece in presenza di una valida clausola risolutiva espressa" (cfr. Cass., Sent. n. 11055 del 26/07/2002; Cass. civ. Sez. III, Sent. n. 1950 del 27/01/2009).

Sicché ciò che occorre, anche nel contesto pubblicistico, per la esatta operatività della clausola è, non già una generica previsione decadenziale, quanto la specifica previsione di singolari inadempimenti obbligazionari, né tale esigenza può essere compensata con l’intervenuta partecipazione dialettica del concessionario nel procedimento per l’asserito inadempimento.

Il disciplinare, infatti, difetta di una puntuale gradazione dei fatti estintivi il rapporto giuridico nato con la concessione, prevedendo, il citato punto 8, una generica e generalizzata evenienza estintiva del titolo, collegata a qualsivoglia ipotesi di inadempimento.

Non solo.

La possibilità della p.a di rimuovere unilaterale il rapporto giuridico concessorio attraverso un provvedimento di secondo grado non può prescindere dalla valutazione dell’interesse generale affidato all’amministrazione circa il corretto, ordinato svolgimento dell’attività istituzionale ad essa demandata.

In altri termini la p.a., in questo caso, non valuta l’interesse sotteso al rapporto negli stessi termini utilizzati per la sua costituzione, seppure di segno contrario, ma ha riguardo alla sola e ordinata disciplina della propria generale attività.

E’ questo il criterio essenziale e fondante la legittimità il provvedimento amministrativo estintivo il rapporto, proprio perché la natura dell’inadempimento deve essere tale da compromettere le finalità essenziali del disciplinare che, conseguentemente, compromettono le finalità essenziali e pubblicistiche della concessione.

Tale percorso deve essere puntualmente rappresentato dalla p.a., anche attraverso sintetiche formule risolutive in grado di individuare l’inadempimento secondo una significativa valenza, ovvero delineato nel contesto motivazionale del provvedimento decadenziale”.

In definitiva l’ente ha l’onere di dimostrare un inadempimento del disciplinare (da parte del concessionario) grave ed essenziale tale da compromettere le finalità pubblicistiche della concessione medesima.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1034 del 2013

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