Il diniego di compatibilità paesaggistica richiede un concreto e analitico accertamento del pregiudizio ambientale arrecato dalle opere

17 Dic 2013
17 Dicembre 2013

Il TAR Veneto continua giustamente a fulminare i provvedimenti negativi della Soprintendenza in materia di beni ambientali.

Ma quante volte ancora il TAR Veneto dovrà annullare prima che qualcuno capisca che non va bene dire di no solo per lo sfizio di dire di no? (mi perdoni Bob Dylan...).

Si legge nella sentenza: "2. In particolare risulta fondato il primo motivo di ricorso, laddove si è lamentato il difetto di motivazione del provvedimento di diniego di compatibilità paesaggistica, non essendo lo stesso fondato su di un concreto e analitico accertamento del pregiudizio ambientale arrecato dalle opere in questione.
3. Trattasi in particolare di: una piscina fuori terra removibile, delle dimensioni di mt. 12,71 x 6,45, altezza di mt. 1,30, appoggiata su di una cordonata in calcestruzzo appositamente creata; una platea in calcestruzzo (di mt. 1,5 x 1,5) in cui sono sistemati la pompa e i servizi della piscina; una casetta in legno ad uso deposito di 4.5 mq. di superficie per 2 mt. di altezza. Tali opere sono state realizzate all’interno di un giardino privato e non risultano visibili dall’esterno, tranne un bordo della piscina (nel periodo estivo in cui la stessa viene montata) che può essere visibile dalla strada pubblica.
4. L’Ente Parco Colli Euganei, al fine di supportare il diniego di sanatoria, avvalendosi del parere della competente Soprintendenza, quanto alla piscina e alle opere connesse si è limitato a rilevare che la struttura (ritenuta di carattere permanente) risulta priva di valore architettonico e di fatto non finalizzabile nè alla valorizzazione del sito nè compatibile con i valori paesaggistici oggetto di tutela, senza altro specificare in ordine alla descrizione del vincolo, alle strutture ed ai materiali, e senza individuare le specifiche caratteristiche dell'opera che si porrebbero concretamente in contrasto con le esigenze di tutela poste dal vincolo.
5. Ebbene, osserva il Collegio come in fattispecie affini alla presente, la giurisprudenza amministrativa, non solo di questo TAR (si veda la n. 738/2012), ha avuto modo di precisare che "nei casi in cui - come quello in esame - la discrezionalità tecnico/amministrativa abbia un ruolo considerevole, un diniego di nulla osta deve essere assistito da una motivazione concreta sulla realtà dei fatti e sulle ragioni ambientali ed estetiche che sconsigliano alla P.A. di non ammettere un determinato intervento: affermare che un determinato intervento compromette gli equilibri ambientali della zona interessata per le incongruenze fra tipologia e materiali scelti e contesto paesaggistico senza nulla aggiungere, non spiega alcunché sul futuro danno alle bellezze ambientali che ne deriverebbe ed è un mero postulato apodittico" (T.A.R. Liguria, sez. I, 22 dicembre 2008, n. 2187). Ed ancora: "Per quanto concerne la motivazione idonea a sorreggere un provvedimento di diniego del richiesto nulla osta per la costruzione in area soggetta a vincolo paesaggistico, deve chiarirsi che l'Amministrazione non può limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe o formule stereotipate, ma tale motivazione deve contenere una sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le quali si ritiene che un'opera non sia idonea ad inserirsi nell'ambiente, attraverso l'individuazione degli elementi di contrasto; pertanto, occorre un concreto ed analitico accertamento del disvalore delle valenze paesaggistiche" (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 10 novembre 2010, n. 23751). Alla luce di tali precisazioni, risulta di tutta evidenza come, anche nel caso di specie, lo stringato rilievo posto a fondamento dell’ impugnato provvedimento di diniego sia del tutto inidoneo a costituire sufficiente supporto motivazionale dello stesso, poiché esso non rende conto in alcun modo né delle caratteristiche del bene tutelato né delle specifiche ragioni per cui le opere sarebbero incompatibili con l'ambiente. Si tratta, perciò, di motivazione solo apparente che, come correttamente rilevato dalla difesa della ricorrente, non consente all'interessato di individuare gli elementi specifici delle opere che siano eventualmente in contrasto con il bene tutelato e, in ipotesi, di apprestare interventi di adeguamento alle esigenze di tutela. Peraltro, nel caso in esame, le specifiche caratteristiche di totale rimovibilità della piscina, che viene solo appoggiata sul terreno nel periodo estivo per essere poi ripiegata e custodita altrove, il fatto che il cordolo in cemento rimanga quasi completamente interrato (come si vede dalle fotografie da ultimo prodotte dalla difesa del ricorrente) e dunque l’assenza di qualsiasi rilevante e permanente incidenza dell’opera sull’ambiente circostante, costituiscono ulteriori elementi tali da richiedere una motivazione particolarmente pregnante ed approfondita a sostegno del diniego di sanatoria. Va poi considerato che con le ultime produzioni del 16 ottobre 2013 il ricorrente ha dimostrato come la piscina venga effettivamente ed agevolmente rimossa al trascorrere dell’estate, così smentendo nei fatti la postulata permanenza dell’opera".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto 1394 del 2013

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