Author Archive for: SanVittore

Certificazioni e dichiarazioni sostitutive

13 Set 2013
13 Settembre 2013

Il Consiglio di Stato, nella medesima sentenza n. 4471/2013, giĂ  allegata al post che precede, approfondisce le problematiche connesse alle certificazioni di qualitĂ  ed alle dichiarazioni sostitutive.

Nel caso di specie il disciplinare prevedeva, a pena di esclusione, l’onere di fornire le certificazioni di qualità richieste in originale o in copia conforme.

Sul punto si legge che: “Non può nemmeno essere condivisa l’argomentazione secondo la quale la presentazione del certificato di qualità, in originale o in copia autentica, costituisce un adempimento formale desumibile dall’art. 43 del d.lgs. n. 163/2006 (Norme di garanzia della qualità), il quale, in assenza di un sistema accreditato di qualificazione pubblica, fa riferimento al rilascio dei certificati da parte di organismi privati, e pertanto non suscettibili di essere prodotti in gara mediante autocertificazione.

Osserva il Collegio che la suddetta disposizione deve essere letta in chiave non formalistica, potendo l’impresa partecipante provare l’esistenza della qualificazione con mezzi idonei che garantiscano un soddisfacente grado di certezza, nel limite della ragionevolezza e della proporzionalità della previsione della legge speciale di gara, la quale deve garantire la massima partecipazione.

Peraltro, l'attestazione di qualità è certificazione a rilevanza pubblica, tanto è che gli organismi di attestazione, pur essendo privati, rilasciano certificazioni aventi contenuto vincolato e rilievo pubblicistico in rigida osservanza dei criteri fissati dal d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207 e nell'esercizio di una funzione di certificazione soggetta alla vigilanza dell’Autorità, con la conseguente possibilità di produrre le prescritte certificazioni mediante il sistema dell'autocertificazione.

Deve quindi essere affermato che l’art. 5 del disciplinare di gara, nella parte in cui fissa le modalità di allegazione degli obblighi dichiarativi, è illegittimo onde la dichiarazione sostitutiva è idonea, in virtù del principio di autoresponsabilità di cui è espressione, a creare affidamento nella stazione appaltante sul possesso dei requisiti di partecipazione”.

Il Collegio, altresì, specifica come dagli artt. 38, 47 e 76 del D.P.R. 445/200 - che impongono al dichiarante di allegare il documento di identità e di indicare le sanzioni penali per le ipotesi di falsità in atti e di dichiarazioni mendaci - “non si ricava la necessità che ogni sottoscrizione sia supportata da uno specifico richiamo alle sanzioni penali e singolarmente corredata di fotocopia del documento di identità, in quanto la domanda di partecipazione e i relativi allegati sono stati resi in un unico contesto e pertanto assumono, unitariamente considerati, la funzione sostanziale di prova della provenienza della domanda e delle dichiarazioni rese.

L’osservazione secondo la quale i suddetti elementi dovevano essere contenuti in un unico documento, anziché in diversi atti, è priva di rilevanza, una volta che le dichiarazioni suddette sono di contenuto convergente.

Atteso che certamente la domanda di partecipazione e i documenti allegati hanno contenuto convergente e risultano idonei – per il principio di autoresponsabilità – a creare affidamento nella stazione appaltante sul possesso dei requisiti di partecipazione, la censura deve essere respinta”.

dott. Matteo Acquasaliente

Il c.d. principio di tassativitĂ  delle cause di esclusione si applica anche alla concessione di servizi

13 Set 2013
13 Settembre 2013

Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza del 09 settembre 2013 n.4471, indica quale disposizioni del Codice Appalti si applicano alle concessioni di servizi.

Nel post del 19.06.2013 si erano sollevati dei dubbi sull’affermazione contenuta nella sentenza del T.A.R. Veneto n. 797/2013 ove si leggeva che la concessione di servizi, non essendo un affidamento di servizi, è “sottratta all’applicazione delle disposizioni del codice dei contratti (cfr. art. 30 del codice dei contratti)”e agli artt. 119 e 120 c.p.a..

Nella sentenza che ivi si commentata l’appellante ritiene che la tassatività della cause di esclusione, ex art. 46, c. 1 bis, D. Lgs. 163/2006, non si applicherebbe all’affidamento di una concessione di servizi poiché, “ex art. 30 del d.Lgs. 163/2006, non è attratta, per materia, nell’ambito di applicazione della disciplina comunitaria ed interna in materia di appalti pubblici”.

Il Collegio, tuttavia, ritiene che “la tesi non è condivisibile. Deve essere rilevato infatti che, come precisato anche dal primo giudice, l’art. 30 dispone che la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici, se ed in quanto norme di principio o esplicative di principi generali (C. di S., A. P., 7 maggio 2013, n. 13).

Ai sensi del terzo comma dell'art. 30, appena richiamato, la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicitĂ , non discriminazione, paritĂ  di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalitĂ .

Sulla base di tali principi generali, è pacifico che la norma richiamata indica nella proporzionalità delle prescrizioni della legge di gara il limite alla richiesta di elementi o documenti ulteriori rispetto a quelli essenziali, e che l’art. 46, evidente e concreta espressione dei principi medesimi, è suscettibile di generale applicazione.

I provvedimenti di esclusione da una procedura di gara devono quindi essere fondati - in virtĂą del fondamentale principio di massima partecipazione alla gara e di proporzionalitĂ  - su un'espressa comminatoria di esclusione, la quale deve essere non solo univoca ma anche interpretata nel rispetto dei principi di tipicitĂ  e tassativitĂ  disposti dall'art. 46 comma 1-bis.

Al riguardo, deve essere affermato che detti principi generali rivestono carattere cogente anche contro la previsione di segno contrario della lex specialis, la quale in parte qua deve essere dichiarata illegittima in quanto contrasta con il principio di tassatività delle cause di esclusione (inosservanza di prescrizioni normative, incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, violazione del principio di segretezza delle offerte) le quali non sono configurabili nel caso di specie”.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza CDS 4471 del 2013

 

S.O.S. Tecnico: l’art. 30 del DL 21 giugno 2013 che proroga i termini dei piani attuativi si applica anche ai piani giĂ  scaduti prima?

12 Set 2013
12 Settembre 2013

Un lettore ci invia il seguente quesito: "con riferimento all' art.30 del DL 21 giugno 2013 convertito in legge 9 agosto 2013, che prevede al punto 3-bis la proroga di tre anni dei termini di validità dei Piani attuativi e Piani similari stipulati entro il 31 dicembre 2012, confrontato con il precedente punto 3 per il quale " sono prorogati di due anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori ........ nei titolo abilitativi rilasciati........ purchè i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell'interessato....." si richiede di sapere se, mancando riferimenti nel caso dei Piani Attuativi alla loro avvenuta decadenza, la proroga può intendersi automaticamente autorizzata ai sensi di legge. Dal fatto che sia la precisazione della decadenza dei titoli abilitativi rilasciati rispetto al testo del D.L., sia l'introduzione del punto 3bis sono stati introdotti contemporaneamente nella conversione in legge del DL, sembrerebbe proprio voluta la indifferenza dell'avvenuta o meno decadenza del Piano Attuativo".

La segnalazione è interessante e il testo dell'articolo citato sembrerebbe militare nel senso che la proroga valga anche per i piani già scaduti (al contrario di quello che vale per i permessi di costruire già scaduti).

Voi cosa ne pensate?

avv. Marta Bassanese

Per il Consiglio di Stato l’ordinanza di demolizione di opere abusive richiede l’avviso di avvio del procedimento o qualcosa di equivalente

12 Set 2013
12 Settembre 2013

Lo dice il Consiglio di Stato nella sentenza n. 4470 del 2013.

Scrive il Consiglio di Stato: "2. Circa la censura con la quale l’appellante lamenta la mancata adozione dell’avviso di avvio del procedimento a monte dell’ordinanza di demolizione, occorre ribadire che la partecipazione procedimentale dell’interessato deve essere assicurata o attraverso l’invio della comunicazione di avvio del procedimento o attraverso un suo effettivo coinvolgimento nell’attività istruttoria che caratterizza la tipologia  procedimentale in questione. Nel caso in questione l’adozione dell’ordine di demolizione è subordinato all’accertamento del carattere abusivo delle opere, desumibile sulla base di accertamenti tecnici. Pertanto, ciò che appare necessario è che al privato sia data la possibilità di partecipare a quelle attività di rilevamento fattuale che preludono alla valutazione circa l’adozione dell’ordine di demolizione. Il contraddittorio sulle prime esclude che l’attività istruttoria dell’amministrazione si sottragga al contraddittorio con l’amministrato e che quest’ultimo, avvisato di fatto dell’avvio dell’iter procedimentale, possa utilizzare tutte le altre facoltà di accesso infraprocedimentale, di impulso istruttorio, di dialettica per iscritto, che gli consentono di tutelare la propria posizione di interesse legittimo. Del resto, accertato l’abuso, la  disciplina dell’art. 14, l. 47/1985, impone l’adozione dell’ordine di demolizione (cfr. Cons. St., Sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2266). Nella controversia in esame l’appellante è stata reso edotto della presenza di un procedimento teso ad accertare la presenza di un abuso edilizio in costanza del sopralluogo effettuato dalla Polizia Municipale in data 2 maggio 2001 (cfr. verbale prot. 323/2001 in data 7 maggio 2001) e già in quella sede gli era chiesto, se fosse in possesso di eventuali autorizzazioni, ed egli aveva avuto modo di prospettare le proprie considerazioni in ordine all’epoca di realizzazione ed all’utilizzazione dei manufatti oggetto dell’ordinanza di ripristino. Inoltre, la seconda nota di contestazione dell’occupazione abusiva, che confermava la prima, era da quest’ultima preannunciata a guisa di avviso della presenza di un procedimento sanzionatorio in capo all’appellante.  Pertanto, non si riscontra lesione alcuna dei diritti partecipativi del Cibei, essendo stato quest’ultimo sempre in grado di interloquire con l’amministrazione prima dell’adozione dei  provvedimenti recanti gli effetti lesivi della sua sfera giuridica".

Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4470 del 2013

Come si calcolano i termini per il rilascio del parere della Soprintendenza di cui all’art. 146 del D.Lgs. 42/2004

12 Set 2013
12 Settembre 2013

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 1081 del 2013.

Il TAR ha deciso un caso nel quale  il ricorrente aveva presentato alla Regione Veneto una domanda per la trasformazione di un terreno agricolo, parzialmente sottoposto al vincolo idrogeologico,  in vigneto, ai sensi dell’art. 15 della L. reg. 52/78 e dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 e dell’art. 2 della L. reg. 63/94terreno boschivo.

Il Servizio Forestale Regionale esprimeva parere favorevole all’intervento. La Soprintendenza comunicava, con nota del 21/10/2011 e al contrario, i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza rilevando che “l’intervento proposto consistente nell’impianto di un nuovo vigneto  …in un’area di eccezionale bellezza e di grande visibilità, … comporterebbe un’alterazione sostanziale dell’ambiente e inciderebbe negativamente sull’equilibrio del contesto sottoposto a tutela paesaggistico…”. Il ricorrente sosteneva la violazione dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004, in quanto non sarebbero rispettati i termini della norma, rilevando nel contempo che comunque il parere avrebbe dovuto considerarsi favorevole, essendo trascorsi 90 giorni senza che la Soprintendenza si fosse pronunciata.

Il TAR non accoglie questa tesi, affermando che: "1.1 E’ infondato il primo motivo mediante il quale si asserisce lala violazione dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 in quanto non sarebbero rispettati i termini della norma, rilevando nel contempo che comunque il parere avrebbe dovuto considerarsi favorevole, essendo trascorsi 90 giorni senza che la Soprintendenza si fosse pronunciata;
2. Con riferimento a dette eccezioni in primo luogo va confermato la natura obbligatoria e vincolante del parere di cui all’art. 146 sopra citato e, ciò, in ossequio ad un costante orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, 16-01-2013, n. 11) che ha sancito che “il parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici previsto dall'art. 146 D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali) ha natura obbligatoria e
vincolante e, quindi, assume una connotazione non solamente consultiva, ma tale da possedere un'autonoma capacità lesiva della sfera giuridica del destinatario..”
2.1 Va, inoltre, rilevato come nel concreto siano rispettati anche i termini entro i quali il parere doveva essere emanato e, ciò, considerando che i termini sia di cui al comma 5 che al comma 8 decorrono dalla data di ricezione degli atti e non dalla data di deposito dell’istanza presso l’ufficio regionale competente come sostenuto dalla parte ricorrente.
2.2 Ne consegue come non risulti nemmeno condivisibile l’applicazione di un presunto silenzio assenso di cui al comma 5 della disposizione sopra citata e, ciò, in considerazione del fatto che il parere sfavorevole era stato emesso nei termini sopra citati.
2.3 Si consideri, ancora, come sia infondata l’ulteriore eccezione contenuta sempre nel motivo di cui si tratta diretta a rilevare il mancato rispetto, da parte del Servizio forestale, del termine di 20 giorni dal ricevimento del parere della Soprintendenza per l’emissione del provvedimento finale.
2.4 Le parti resistenti hanno evidenziato, infatti, che il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 146 sopra citato, per quanto concerne la riduzione della superficie boscata, è sottoposta al rilascio del contestuale parere della Commissione Tecnica Regionale Decentrata Lavori Pubblici ai sensi dell’art. 15 della L. Reg. n. 27/2003. L’acquisizione di detto parere ha determinato il superamento del termine di 20 giorni sopracitato, circostanza quest’ultima che consente di evincere come detto superamento non sia ricollegabile ad un’inerzia dell’Amministrazione, ma alla necessità di acquisire l’ulteriore parere sopra citato".

Dario Meneguzzo

sentenza TAr Veneto 1081 del 2013

Si può presentare una SCIA per il cambio di destinazione d’uso di un fabbricato?

11 Set 2013
11 Settembre 2013

Si occupa della questione la sentenza del TAR Napoli n. 4193 del 2013.

Scrive il TAR: "parte ricorrente ha affermato solo genericamente che l’intervento non comporterebbe nessun carico urbanistico, senza allegare ossia alcun elemento serio e circostanziato, in questa direzione, e dunque senza fornire il benché minimo principio di prova ai sensi dell’art. 2697 c.c. Tale carenza appare tanto più evidente ove soltanto si consideri che il cambio di destinazione d’uso tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee – come nel caso di specie dove si passerebbe da struttura residenziale ad attività di ristorazione – deve essere espressamente vagliato ed autorizzato dall’amministrazione, mediante rilascio di permesso di costruire e non mediante semplice SCIA, anche qualora non si riscontrino modifiche edilizia esteriori: e ciò proprio perché è necessario valutare in siffatte ipotesi gli effetti arrecati sul piano del carico urbanistico, ad esempio in termini di impatto sulla viabilità e sui parcheggi. Analisi questa che il ricorrente, come già anticipato, ha del tutto omesso di effettuare".

Per la verità, tale  questione non era l'oggetto del ricorso e il discorso del carico urbanistico riguardava l'applicazione del PAI, ma il TAR lo ha detto lo stesso, senza, peraltro, chiarire quale sia il nesso normativo tra i concetti richiamati.

Un altro punto della sentenza non risulta tanto chiaro. Il ricorrente ha impugnato l'inibitoria di una SCIA, lamentando, tra l'altro, la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, perchè non è stato inviato il preavviso di diniego prima dell'inibitoria. Il TAR respinge qesto motivo, dicendo che: "per giurisprudenza pressoché pacifica (cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 12 marzo 2013, n. 1407) è irrilevante la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 nei casi in cui il ricorrente, come nella specie, non avrebbe comunque potuto addurre elementi idonei a modificare il contenuto finale del provvedimento, con ogni conseguenza in ordine alla applicazione della disposizione sanante di cui all'art. 21-octies, comma 2, della stessa legge generale sul procedimento amministrativo".

Ma siamo sicuri che l'inibitoria di una SCIA richieda il preavviso di diniego ex art. 10 bis L. 241/90?

Dario Meneguzzo

TAR Napoli 4193 del 2013

Le novitĂ  in materia di DURC

11 Set 2013
11 Settembre 2013

Il Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) è un certificato unico che attesta la regolarità di un’impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi nonché in tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente nei confronti di Inps, Inail e Casse Edili, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento (cfr. "requisiti di regolarità"). La normativa che regola le modalità di rilascio del certificato e le regole di utilizzo è stata modificata ad opera dell’art.31 del D.L. n.69/13 (c.d. “Decreto del Fare”), convertito in legge il 9 agosto scorso. In sintesi, gli interventi riguardano le ipotesi di esenzione, i casi di acquisizione d’ufficio, l’estensione temporale di validità, le modalità di regolarizzazione della posizione del contribuente. Infine, si segnala l’avvio dell’obbligo di richiesta del certificato solo a mezzo PEC.

Ampliamento dei casi di esenzione

Viene sancito l’esonero dall’obbligo di richiesta del DURC qualora vengano eseguiti lavori privati di manutenzione in edilizia effettuati direttamente in economia dal proprietario dell’immobile, senza ricorrere a imprese “esterne”. Rimane ovviamente da chiarire il significato della locuzione di lavori “effettuati direttamente in economia dal proprietario”; sul punto, nemmeno la circolare n.36/13 del Ministero del Lavoro suggerisce utili spunti.

Casi di acquisizione d’ufficio del DURC

Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori, nell’ambito degli appalti pubblici, debbono acquisire d’ufficio il DURC, tanto ai fini della verifica di ricorrenza di eventuali cause di esclusione, sia ai fini del pagamento delle prestazioni rese nell’ambito dell’appalto o subappalto. L’acquisizione d’ufficio del DURC interessa anche gli uffici pubblici chiamati a verificare l’assenza di violazioni, la regolarità della aggiudicazione dell’appalto e della stipula del relativo contratto, la possibilità di effettuare i pagamenti dei SAL, la regolarità per collaudi e conformità, nonché il pagamento del saldo finale.
Ampliamento della validitĂ  temporale del DURC Il documento unico di regolaritĂ  contributiva rilasciato per i contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture ha validità di 120 giorni dalla data del rilascio, ed ha validità per la fase della verifica, dell’aggiudicazione e della stipula del contratto. Dopo la stipula del contratto, i soggetti obbligati acquisiscono il DURC ogni 120 giorni; per il pagamento del saldo finale é in ogni caso necessaria l'acquisizione di un nuovo DURC. Fino al 31 dicembre 2014, la validità di 120 giorni del DURC interessa anche i lavori edili dei soggetti privati.

Invito alla regolarizzazione della posizione

Poiché il DURC attesta lo stato di regolarità contributiva del richiedente, vi possono essere situazioni in cui non siano stati regolarmente effettuati alcuni versamenti oppure non siano stati posti correttamente in essere alcuni adempimenti. Per effetto delle modifiche apportate alla norma, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, gli Enti interessati devono invitare l’azienda interessata, direttamente o tramite il Consulente del lavoro/Commercialista ed utilizzando la PEC, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a 15 giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità. In tal modo, si potrà provvedere tempestivamente per rimuovere eventuali anomalie ed ottenere il
certificato.

Richiesta del certificato solo a mezzo PEC

Dopo alcune proroghe, l’Inps, l’Inail e le Casse Edili, in accordo con il Ministero del Lavoro, hanno deciso di dare pratico avvio alle modalità di comunicazione esclusivamente tramite PEC; ne danno notizia appositi messaggi degli istituti di fine agosto. A decorrere dal 2 settembre scorso, dunque, è fatto obbligo di richiedere il DURC esclusivamente a mezzo di posta elettronica certificata (PEC). In tal senso, dovrà essere appositamente valorizzato il campo dell’indirizzo di posta elettronica certificata sul format presente sul sito www.sportellounicoprevidenziale.it. In mancanza di tale dato, non è più consentita la trasmissione della richiesta. L’invio tramite PEC equivale alla notifica a mezzo posta.

In vigore dal 31 agosto il “decreto IMU”

11 Set 2013
11 Settembre 2013

Sono entrate in vigore lo scorso 31 agosto le disposizioni contenute nel Decreto Legge n.102 del 31 agosto 2013 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo stesso giorno): si tratta di un provvedimento emanato per definire la nota vicenda riguardante la sospensione della prima rata Imu, rinviata dal D.L. n.54/13 al 16 settembre. L’approvazione del decreto in oggetto elimina tale scadenza. Oltre a questo, il provvedimento in oggetto contiene comunque altre disposizioni (non solo in campo di imposta comunale).

Nella tabella allegata vengono riepilogate le piĂą importanti previsioni aventi contenuto tributario.

tabella imu

Consultabili gratuitamente gli indirizzi PEC di imprese e professionisti

11 Set 2013
11 Settembre 2013

Dopo la fase di primo caricamento, prosegue con regolarità l'aggiornamento di INI-PEC, l'Indice nazionale della posta elettronica certificata che raccoglie tutti gli indirizzi di PEC delle Imprese e dei Professionisti presenti sul territorio italiano. Ad oggi sono disponibili oltre 930.000 indirizzi PEC di professionisti relativi a quasi 1.470 ordini e collegi professionali, e circa 3.400.000 indirizzi PEC di imprese (società e imprese individuali) e l'Indice è in continuo aggiornamento. La copertura degli Ordini e Collegi professionali che hanno comunicato gli indirizzi PEC dei loro iscritti è di circa il 78%. (Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata, www.inipec.gov.it, 09/08/2013)

Fideiussione per il pagamento degli oneri: in caso di ritardato pagamento si applicano lo stesso le sanzioni?

10 Set 2013
10 Settembre 2013

La sentenza del TAR Bologna n. 598 del 2013 esamina la dibattuta questione se debbano essere applicate le sanzioni per il ritardato pagamento degli oneri concessori nel caso in cui il Comune non escuta la fideiussione.

Scrive il TAR: "La tesi della ricorrente, che peraltro trova supporto in talune pronunce risalenti dei giudici amministrativi, ritiene che la mancata immediata escussione del fideiussore da parte del Comune integri la fattispecie di sottrazione del creditore all'obbligo di cui all'art. 1227 Cod. Civ., che impone a questa parte contrattuale di non aggravare la posizione debitoria della controparte. Secondo tale tesi, quindi, il Comune non può irrogare le sanzioni ex art. 3 della L. n. 47 del 1985, senza prima avere prontamente esercitato - relativamente a ciascun versamento di contributi non effettuato nel termine previsto - la relativa garanzia fideiussoria, in modo da limitare il danno per il titolare del permesso di costruire e
soprattutto consentire all'amministrazione comunale procedente il pronto soddisfacimento del proprio credito mediante l'immediata attivazione della fideiussione "a prima richiesta" (v. in termini: Cons. Stato., sez. V, 3/7/1995 n. 1001). Al suddetto orientamento giurisprudenziale si oppone, però, un contrapposto e altrettanto consistente indirizzo, che si è ormai consolidato, a cui il Collegio aderisce (T.A.R. Bologna Emilia Romagna sez. II, 26 febbraio 2010, n. 1666), ritenendolo logicamente e giuridicamente più persuasivo e, quindi, maggiormente condivisibile, secondo il quale l'obbligo di collaborazione di cui all'art. 1227 Cod. Civ. deve ritenersi estraneo all'ambito sanzionatorio amministrativo, con la conseguenza che anche la prestazione di garanzia "a prima richiesta", da parte del debitore principale, oltre a non vincolare in alcun modo l'amministrazione comunale ad escutere immediatamente dal fideiussore il credito o la singola rata appena dopo la scadenza, tanto meno esime il debitore dal tenere un comportamento contrattuale diligente nell'estinguere tempestivamente il proprio debito "portabile" presso il domicilio del creditore, senza che il medesimo possa pertanto giovarsi del mero comportamento inerte tenuto dall'amministrazione. Sotto altro profilo della stessa questione, si deve rilevare che detto dovere di diligenza non risulta in alcun modo attenuato dalla prestazione della fideiussione , in quanto tale strumento giuridico non è oggettivamente diretto ad agevolare l'adempimento del debitore, bensì a costituire un'ulteriore garanzia personale in favore e nell'esclusivo interesse del creditore (Cons. Stato, sez. V, 16/7/2007, n. 4025; sez. V, 24/3/2005 n. 1250; T.A.R. Lombardia -BS- 11/9/2009 n. 1688; T.A.R. Campania -SA- sez. II, 14/4/2008 n. 721; T.A.R. Emilia - Romagna -BO- Sez. II, 12/5/2004 n. 645; T.A.R. Abruzzo -PE- 19/6/2003 n. 586). Tale orientamento è ormai condiviso anche dal Consiglio di Stato il quale ha sottolineato che tale dovere non può farsi discendere dal richiamo all'art. 1227 cod. civ., che è disposizione riferibile alle sole obbligazioni di natura risarcitoria, e non anche a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come è quella in esame (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 luglio 2012, nr. 4320; Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2005, nr. 1250; id., 11 novembre 2005, nr. 6345; id., 16 luglio 2007, nr. 4025, Consiglio di Stato sez. IV, 19 novembre 2012, n. 5818)".

TAR Bologna 598 del 2013

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