28 Maggio 2024
Il TAR Veneto ha affermato che la normativa regionale, susseguitasi nel tempo e disciplinante le attività produttive in zona impropria (ossia la l.r. Veneto 12 gennaio 1982, n. 1; l’art. 126 l.r. Veneto 27 giugno 1985, n. 61; l’art. 17, co. 2, lett. i l.r. Veneto 11/2004, che attualmente disciplina la materia), è stata concepita e deve essere interpretata come eccezionale, non potendosi applicare “oltre i casi e i tempi in essa considerati”, ai sensi dell’art. 14 Preleggi.
La possibilità di mantenere insediamenti produttivi teoricamente contrastanti con la destinazione urbanistica della zona considerata configura per sua natura una situazione temporanea e un’ipotesi straordinaria e derogatoria, che non può generare affidamenti qualificati in ordine allo sviluppo produttivo dell’area né può essere stabilizzata o portata a conseguenze ulteriori.
Nel caso di specie, nell’approvare il nuovo strumento urbanistico, ben poteva il Comune rigettare le richieste del privato, volte ad ottenere la possibilità di cedere o affittare a terzi una parte del suo opificio industriale, con l’effetto di far insediare nell’area (agricola) un nuovo operatore economico: ciò avrebbe comportato sicuramente l’aumento del carico urbanistico della zona e avrebbe finito per trasformare un’area agricola, temporaneamente e straordinariamente adibita ad ospitare una determinata attività produttiva, in una zona produttiva di fatto, tendenzialmente sine die. Ciò è coerente anche con le logiche sottese alla legge regionale sul consumo di suolo.
Post di Alberto Antico – avvocato
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