Illegittima costituzionalmente la legge toscana che disciplina gli orari degli esercizi commerciali
Lo ha stabilito la Corte Costizionale con la sentenza n. 27 del 2013: "L’art. 3, comma 1, del decreto-legge 14 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, nel dettare le regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale − al fine di garantire condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale – individua gli ambiti normativi per i quali espressamente esclude che lo svolgimento di attività commerciali, comprese quelle di somministrazione di alimenti e bevande, possa incontrare limiti e prescrizioni.
L’art. 35, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha aggiunto la lettera d-bis) al comma 1 del citato art. 3 del d.l. n. 223 del 2006, estendendo anche alla disciplina degli orari e della chiusura domenicale o festiva degli esercizi commerciali l’elenco degli ambiti normativi per i quali è espressamente escluso che lo svolgimento di attività commerciali possa incontrare limiti e prescrizioni, sia pure solo in via sperimentale e limitatamente agli esercizi ubicati nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte
L’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011 ha modificato la lettera d-bis) del comma 1 dell’art. 3 citato, eliminando dal testo della norma le parole «in via sperimentale» e dopo le parole «dell’esercizio» l’espressione «ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte», con il risultato che le attività commerciali non possono più incontrare limiti o prescrizioni relative a orari o giornate di apertura e chiusura da rispettare, essendo tutto rimesso al libero apprezzamento dell’esercente.
Tale ultima norma è stata oggetto di impugnazione da parte di numerose Regioni che hanno lamentato la violazione della competenza legislativa residuale in materia di commercio, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.
Questa Corte, con sentenza n. 299 del 2012, ha ritenuto non fondate le questioni di costituzionalità sollevate dalle Regioni ricorrenti, dovendosi inquadrare l’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011 nella materia «tutela della concorrenza», riservata alla competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
La prima delle norme impugnate nel presente giudizio (art. 88 della legge regionale n. 66 del 2011) si rivolge agli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa, in relazione ai quali reintroduce l’obbligo di chiusura domenicale e festiva, salvo limitate deroghe, e prescrive il limite massimo di apertura oraria di tredici ore giornaliere, salvo la possibilità di introdurre deroghe da parte dei comuni.
La seconda delle norme impugnate (l’art. 89 della medesima legge reg. n. 66 del 2011) reintroduce limiti agli orari di apertura e chiusura al pubblico per gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, da determinarsi da parte dei Comuni previa concertazione con le organizzazioni imprenditoriali del commercio e del turismo, le organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore e le associazioni dei consumatori, maggiormente rappresentative.
Risulta palese il contrasto tra la normativa regionale impugnata e l’art. 3, comma 1, lettera d-bis), del d.l. n. 223 del 2006, come novellato dall’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, ascrivibile alla competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela della concorrenza», che, come si è innanzi precisato, ha liberalizzato gli orari e le giornate di apertura degli esercizi commerciali.
Ne consegue che gli artt. 88 e 89 della legge reg. n. 66 del 2011 violano l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.".
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