La sanzione pecuniaria per il ritardato pagamento degli oneri concessori si applica anche se c’è una fideiussione

14 Ott 2013
14 Ottobre 2013

Segnaliamo sul punto la sentenza del Consiglio di Stato n.  4966 del 2013, che conferma l'ormai  consolidato orientamento del Consiglio di Stato.

Il ricorrente esponeva che il Comune, con la nota impugnata, nel dare atto dell’avvenuto versamento in data 10 luglio 2000 della somma di £. 80.049.600 in relazione alla concessione edilizia rilasciata per la realizzazione di un edificio commerciale, rilevava che lo stesso versamento era stato effettuato oltre il termine di validità della concessione (18 maggio 1998) ed irrogava per questo, a termini dell’art. 3 della legge n. 47/1985, la sanzione prevista pari al raddoppio dell’importo dovuto per oneri concessori. Con la stessa nota il Comune intimava, contestualmente, alla Reale Mutua di Assicurazione, che aveva rilasciato polizza fideiussoria per conto della ricorrente società, di provvedere al pagamento dell’importo di £. 80.049.600, entro il termine di 30 giorni successivi dal ricevimento della stessa nota. La ricorrente  riteneva illegittima la nota comunale nella parte in cui aveva disposto il raddoppio del contributo per tardivo versamento in quanto, a suo parere, sarebbe bastato che l’Amministrazione si fosse rivolta alla Reale Mutua di Assicurazione per ottenere il pagamento nei termini previsti.

La tesi non è accolta dal Consiglio di Stato, che scrive: "I dedotti motivi d’appello vanno respinti, alla stregua dell’ormai consolidato orientamento della sezione. Con decisioni C.S. n. 1250/2005, n. 6345/2005, n. 4025/2007 e n. 5395/2011 è stato, infatti, precisato che:
- l’obbligazione di corrispondere gli oneri di urbanizzazione ha per oggetto una prestazione pecuniaria, da eseguire al domicilio del creditore, senza che su quest’ultimo gravi alcun onere di preventiva sollecitazione o avvertenza;
- in assenza di inadempimenti imputabili all’Amministrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità "da contatto" oppure di natura precontrattuale, non può farsi riferimento all’art. 1227 c.c. essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso in esame. L'applicazione della sanzione pecuniaria poi non doveva essere preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento, trattandosi dell’applicazione ex lege di una sanzione pecuniaria connessa al ritardato pagamento del contributo dovuto per il rilascio della concessione edilizia. Per il principio tempus regit actum, va disattesa la istanza dell’appellante in ordine all’applicazione dell’art. 27, comma 17, della legge 448/2001 che prevede una riduzione della sanzione irrogata dal Comune ai sensi dell’art. 3 della legge 47/1985".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4966 del 2013

 

Se si forma un silenzio assenso l’opera non è abusiva neppure se insiste su area pubblica ma si può utilizzare l’autotutela

14 Ott 2013
14 Ottobre 2013

La sentenza del Consiglio di Stato n. 4946 del 2013 esamina un caso nel quale il Comune ha ordinato la demolizione di una scala esterna in c.a. delle dimensioni di ml 1,20 di larghezza e ml 4,20 di lunghezza, che insiste su area pubblica di proprietà comunale, nonostante che la sua realizzazione fosse stata preceduta da una comunicazione sulla quale si era formato il silenzio-assenso in base a una legge speciale.

Scrive il Consiglio di Stato: "Risulta chiaramente dagli atti di causa (cfr. in particolare la nota dell’Ufficio di Polizia Municipale del Comune di Baragiano prot. n. 9 P.M:/08 del 17 gennaio 2008) che la scala in contestazione è stata realizzata sulla base di uno straordinario silenzio-assenso comunale formatosi ai sensi dell’art. 14, ottavo comma, della legge 14 maggio 1981, n. 219 ( conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 marzo 1981, n. 75, recante ulteriori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti). Non si tratta, quindi, di un’opera abusiva, ma di un intervento edilizio assentito così legittimato. È evidente, allora, che l’ordine di demolizione della scala avrebbe dovuto essere preceduto da un procedimento in autotutela (con le correlate garanzie partecipative per il privato interessato) diretto all’annullamento d’ufficio del titolo edilizio tacitamente formatosi. Al contrario, l’Amministrazione comunale, senza fare previo, necessario ricorso al potere di annullamento d’ufficio, si è avvalsa direttamente dei poteri repressivi e sanzionatori previsti dall’art. 35 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Ne discende l’illegittimità dell’ordine di demolizione impugnato in primo grado per difetto di un atto presupposto".

Il principio sembra applicabile a tutti i casi nei quali si forma un silenzio-assenso.

avv. Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4946 del 2013

L’amministratore di un condominio può proporre un ricorso al TAR solo se autorizzato dall’assemblea

14 Ott 2013
14 Ottobre 2013

Lo precisa la sentenza del Consiglio di Stato n. 4944 del 2013.

Scrive nil Consiglio di Stato: "11.2. Deve richiamarsi in questa sede l’indirizzo giurisprudenziale più volte espresso dalla Corte di Cassazione e  recentemente avallato dalle Sezioni Unite (cfr. Cass., SS.UU., 6 agosto 2010, n, 18331) che, partendo dalla premessa secondo cui l’amministratore di condominio non ha autonomi poteri, ma si limita ad eseguire le deliberazioni dell’assemblea ovvero a compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio (art. 1130 Cod. civ.), giunge alla conclusione che, anche in materia di azioni processuali, il potere decisionale spetta solo ed esclusivamente all’assemblea, la quale deve deliberare se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulta soccombente. Un tale potere decisionale non può competere in via autonoma all’amministratore che, per sua natura, non è un organo decisionale ma meramente esecutivo del condominio. Ove tale potere spettasse all’amministratore, questi potrebbe anche autonomamente non solo costituirsi in giudizio ma anche impugnare un provvedimento senza il consenso dell'assemblea e, in caso di ulteriore soccombenza, far sì che il condominio sia tenuto a pagare le spese processuali, senza aver in alcun modo assunto decisioni al riguardo.
12. Non vi è dubbio, quindi, che, in base a questo orientamento, che la Sezione condivide, l’amministratore può proporre ricorso giurisdizionale nell’interesse del condominio che rappresenta solo in presenza di una specifica autorizzazione assembleare, la sola a poter esprimere il relativo potere decisionale, anche in campo processuale.
13. Nel caso di specie, tale autorizzazione deve ritenersi mancante. 13.1. In senso contrario non vale, infatti, richiamare la delibera assembleare del 5 ottobre 2004, con la quale l’assemblea ha deliberato “il conferimento agli avvocati Scala ed Invernizzi per procedere a tutte le azioni destinate a tutelare il condominio in sede amministrativa e civilistica”. Tale delibera, infatti, ha un contenuto del tutto generico, è priva di un oggetto e non conferisce all’amministratore alcuna specifica autorizzazione ad impugnare i titoli edilizi che sono oggetto del presente giudizio, mediante la proposizione di un ricorso innanzi al giudice amministrativo. Del resto, la delibera assembleare in questione risale al 2004, mentre i titoli edilizi oggetto del presente giudizio sono del 2009. Già questo dato temporale esclude che in quella delibera assembleare possa rinvenirsi la necessaria autorizzazione all’impugnazione giurisdizionale di provvedimenti amministrativi non ancora adottati a quella data.
13.2. Né rileva la circostanza che il regolamento condominiale attribuisca all’amministratore “la rappresenta giuridica di fronte ai singoli comproprietari, ed ai terzi, anche in giudizio, nei limiti delle attribuzioni stabilite dal vigente codice civile” (art. 28). Ciò che è in contestazione nel presente giudizio, non è, infatti, il potere rappresentativo dell’amministratore di condominio, ma la sua legittimazione processuale, che richiede una specifica autorizzazione assembleare. Pertanto, come correttamente rileva la società Biribissi nel suo appello incidentale, la possibilità di intraprendere l’azione giudiziaria proposta in questa sede esulava dai poteri dell’amministratore di condominio che risulta essere stato specificamente autorizzato dall’assemblea. Tale mancanza determina il difetto di legittimazione processuale attiva, con conseguente inammissibilità del ricorso proposto in primo grado".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4944 del 2013

La competenza in caso di frana e se spetti al privato il risarcimento dei danni

11 Ott 2013
11 Ottobre 2013

Il TAR Veneto - sezione III - con la sentenza n. 1141 del 2013 affronta il problema della competenza in caso di frana e se competa al privato l'eventuale risarcimento dei danni.

Scrive il TAR: "Con raccomandata parte ricorrente aveva intimato alla Provincia di Padova di provvedere ad effettuare tutti gli interventi necessari ed utili per mettere in sicurezza l’area soprastante la proprietà di parte ricorrente, dove si era staccata una frana in seguito alle abbondanti precipitazioni verificatesi tra i mesi di Febbraio e Marzo 2011. La Provincia di Padova, con nota in data 10 Maggio 2012, ha risposto a parte ricorrente, facendo presente tra l’altro quanto segue: - il dissesto lamentato da parte ricorrente non interessa la strada provinciale; - la Provincia di Padova ha sempre mantenuto la strada provinciale in sicurezza; - la frana rientra in quei casi in cui compete ai proprietari provvedere alla sistemazione del dissesto.  Parte ricorrente lamenta il verificarsi di fenomeni franosi sul proprio terreno e, in relazione a ciò, ha intimato alla provincia di Padova di effettuare tutti gli interventi necessari ed utili per mettere in sicurezza il sito.  Nel territorio del Parco dei Colli Euganei la competenza in ordine alla tutela dal dissesto idrogeologico è affidata all’Ente Parco dei Colli Euganei.  Tale competenza è prevista dall’art. 2 primo comma lettera a) e dal secondo comma lettera b) dell’art. 16 della legge regionale n° 38 del 1989. Tale norma stabilisce che l’Ente Parco esercita le funzioni amministrative in materia di vincolo idrogeologico, vincolo forestale e tutela forestale, attualmente esercitate dalla giunta regionale dal servizio forestale regionale territorialmente competente, ai sensi della legge regionale n° 52 del 1978, ivi compresa l’applicazione delle prescrizioni di massima e di polizia forestale.Tra le norme della legge regionale n° 52 del 1978, richiamate dall’art. 16 della legge regionale n° 38 del 1989 per definire la competenza dell’Ente Parco, vi è l’art. 8 della legge regionale n° 52 del 1978, secondo cui la Regione provvede alla sistemazione idro-geologica, alla conservazione del suolo ed alla difesa delle coste con gli interventi e nell'ambito dei territori di cui all'art. 1 della legge regionale 28 gennaio 1975, n. 16, nonché alla conservazione ed alla manutenzione delle opere esistenti, secondo le seguenti norme e procedure:

- la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, approva i programmi d'intervento predisposti, d'intesa con le Comunità montane, formulati organicamente per unità idrografica;

- la Giunta regionale provvede alla progettazione ed alla esecuzione delle opere direttamente e, qualora ne ravvisi l'opportunità, mediante concessione amministrativa alle Comunità montane ed ai Consorzi di Bonifica Montana.

- i lavori relativi agli interventi suddetti sono eseguiti in economia.

All’Ente Parco spetta dunque il compito di aprire un’istruttoria per verificare se approvare un programma d’intervento in relazione ai fenomeni franosi che hanno interessato la proprietà di parte ricorrente.

La competenza provinciale di cui al primo comma dell’art. 85 della legge regionale n° 11 del 2001 (secondo cui sono conferite alle province le funzioni relative alla programmazione, progettazione, approvazione ed esecuzione degli interventi di difesa idrogeologica, nonché dei relativi manufatti, funzionali alla prevenzione dei dissesti) vale al di fuori del territorio del Parco.

 Nell’ambito del territorio del Parco opera, per effetto del principio di specialità, la legge regionale n° 38 del 1989, che stabilisce appunto la competenza dell’Ente Parco.

Il collegio pertanto non condivide il contenuto della memoria dell’Ente Parco in data 17 Luglio 2013, secondo cui all’Ente Parco non è demandata alcuna competenza in materia di frane.

L’Ente Parco richiama sotto tale profilo la delibera della giunta regionale del Veneto n° 4424 del 2006, avente ad oggetto la ricognizione delle funzioni amministrative attribuite dalla regione Veneto agli Enti Parco regionali.

Se è vero infatti che sulla base di tale delibera della giunta regionale sarebbero di competenza della regione Veneto gli interventi relativi ad opere pubbliche ed interventi di difesa idrogeologica e di sistemazione idraulico-forestale, è anche vero che la delibera della giunta regionale non può porsi in contrasto con la legge regionale ed in particolare con la legge regionale n° 38 del 1989, con cui le funzioni in materia sono state attribuite all’Ente Parco dei Colli Euganei.

È invece possibile che sia concordato tra Ente Parco, Regione Veneto o Provincia di Padova che gli interventi decisi dall’Ente Parco siano attuati con il concorso materiale e/o finanziario della regione Veneto o della Provincia di Padova.

L’Ente Parco è tenuto a valutare se i fenomeni franosi lamentati compromettano o meno la sicurezza idrogeologica del territorio.ed a verificare se approvare un programma d’intervento in relazione ai fenomeni franosi che hanno interessato la proprietà di parte ricorrente.

Gli interventi da programmare attengono al mantenimento ed alla prevenzione della sicurezza idrogeologica del territorio. Spetta alla discrezionalità tecnica dell’Ente Parco valutare quali siano gli interventi di pubblico interesse e quelli invece di rilevanza meramente privata a carico dei singoli proprietari.

L’Ente Parco valuterà a tali fini le risultanze emerse nel c.d. “Tavolo tecnico”, avente ad oggetto riunione tra le parti al fine di concordare gli interventi necessari (documento n° 5 depositato in giudizio dalla regione Veneto in data 5 Luglio 2013).

Tali risultanze riguardano gli interventi ritenuti necessari ai fini della definizione delle indagini geologiche minime per la determinazione dell’estensione del movimento franoso e delle cause che lo hanno provocato:

- esecuzione di due stendimenti sismici a rifrazione disposti longitudinalmente rispetto alla frana, di estensione di circa 200 metri ciascuno. Saranno ubicati uno tra la nicchia di distacco della frana e la parte distale a valle del corpo di accumulo e uno in prosecuzione del verso monte precedente e spinto fino alla viabilità provinciale;

- esecuzione di due stendimenti sismici a rifrazione in direzione trasversale al corpo di frana, di lunghezza di circa 120 -150 metri ciascuno. Uno sarà ubicato lungo la vecchia viabilità di accesso alla casa Bonino e uno subito a monte della nicchia di distacco;

- esecuzione di due sondaggi geognostici a carotaggio continuo spinti fino al raggiungimento del substrato. La profondità sarà determinata in fase esecutiva, ma può essere ipotizzata in circa 10 – 15 metri. I sondaggi sono necessari sia per la taratura delle indagini geofisiche sia per la determinazione più precisa del piano di scivolamento della frana. I fori di sondaggio potranno essere attrezzati con piezometri e/o con inclinometri;

- a completamento potrebbe essere utile la costituzione di una rete di monitoraggio topografico per lo studio dei movimenti in atto e delle relative velocità.

L’Ente Parco potrebbe anche valutare se interessare o meno il dipartimento di geologia dell’Università di Padova.

Invece con riferimento alla domanda con cui parte ricorrente richiede il ristoro dei danni patiti per effetto delle frane non sussiste l’obbligo della pubblica amministrazione di provvedere in senso favorevole a parte ricorrente.

Affinchè tale obbligo sussista è necessario che vi sia una normativa che ammetta e disciplini la concessione di contributi ai privati danneggiati.

 Tale normativa non sussiste né il caso di specie rientra tra le provvidenze erogabili sulla base della legge regionale n° 4 del 1997 “Contributi in materia di eventi calamitosi naturali”.

La pubblica a amministrazione potrebbe astrattamente erogare contributi, anche non specificamente previsti da previa disposizione di legge, purchè il contributo persegua rigorosamente i fini istituzionali dell’amministrazione e sia posta una previa disciplina amministrativa, ai sensi dell’art. 12 della legge n° 241 del 1990, dei criteri di concessione dei contributi.

Sotto tale profilo l’amministrazione competente a decidere l’erogazione dei contributi potrebbe anche essere diversa dall’Ente Parco, purchè l’erogazione dei contributi sia congruente con i fini istituzionali.

La domanda impugnatoria è dunque infondata perché parte ricorrente ha richiesto l’intervento di ente incompetente (la provincia di Padova)".

sentenza TAR Veneto 1141 del 2013

Aldo Moro “Un uomo così” :Salboro (PD) giovedì 17 Ottobre 2013

11 Ott 2013
11 Ottobre 2013

Aldo Moro è stato un uomo politico nonchè un professore di Istituzioni di diritto e procedura penale a Roma.

La figlia Agnese presenta il libro "Un uomo così" a Salboro (PD)  Giovedì 17 Ottobre 2013 alle ore 20.45 presso il Pala-Tenda parrocchiale di Salboro - Via Salboro 4 (Padova).

E' una raccolta di ricordi, episodi, parole. "Un uomo così" è un ritratto intimo e commovente attraverso cui Agnese Moro svela il lato familiare e privato del padre Aldo.

Volantino_Agnese Moro_17-10-13

Come si calcolano gli oneri concessori per le sale cinematografiche

10 Ott 2013
10 Ottobre 2013

Si occupa della questione la sentenza del Consiglio di  Stato n. 4859 del 2013.

Scrive il Consiglio di Stato: " 2.1) L'art. 20 del d.l. 14 gennaio 1994, n. 26, convertito con modificazioni nella legge 1° marzo 1994, n. 153 (recante "Interventi urgenti in favore del cinema") -nel quadro di disposizioni tese ad agevolare "...la trasformazione, la ristrutturazione e l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale esistenti anche ai fini del rispetto della normativa sulla sicurezza dei locali di pubblico spettacolo e di quella sull'abolizione delle barriere architettoniche, nonché per l'installazione e la ristrutturazione di impianti e di servizi accessori alle sale, per l'installazione di casse automatiche computerizzate, per la realizzazione di nuove sale, per il ripristino di sale non più in attività e per l'acquisto dei locali per l'esercizio cinematografico e per i servizi connessi.." (comma 1)-, ha previsto, al comma 7, che: "Ai fini del rilascio delle concessioni edilizie, la volumetria necessaria per la realizzazione di sale cinematografiche non concorre alla determinazione della volumetria complessiva in base alla quale sono calcolati gli oneri di concessione". L'ambito della fattispecie agevolativa deve essere, pertanto, raccordato all'identificazione tipologica del suo oggetto, come enucleabile anzitutto dall'art. 2 comma 8 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n.28 (recante "Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137"), a tenore del quale: " Per sala cinematografica si intende qualunque spazio, al chiuso o all'aperto, adibito a pubblico spettacolo cinematografico". Peraltro, il successivo art. 22, nel demandare alle Regioni di disciplinare "...le modalità di autorizzazione alla realizzazione, trasformazione ed adattamento di immobili da destinare a sale ed arene cinematografiche, nonché alla ristrutturazione o all'ampliamento di sale e arene già in attività, anche al fine di razionalizzare la distribuzione sul territorio delle diverse tipologie di strutture cinematografiche..", al comma 2 ha dettagliato la descrizione tipologica delle aree destinate a pubblici spettacoli cinematografici, tra le quali, per quanto qui interessa, alla lettera c) ha incluso anche le "... multisala, (ossia) l'insieme di due o più sale cinematografiche adibite a programmazioni multiple accorpate in uno stesso immobile sotto il profilo strutturale, e tra loro comunicanti".

2.2) Orbene, il Collegio condivide anzitutto il rilievo del giudice amministrativo partenopeo in ordine alla estraneità alla fattispecie agevolativa di tutti gli spazi della c.d. bouvette, ossia delle aree destinate alla somministrazione e al consumo di alimenti e bevande, nonché delle aree destinate a uffici o attività di ristorazione e giochi elettronici, posto che essi riguardano l'esercizio di attività non strettamente inerenti all'attività di pubblico spettacolo cinematografico. Né in senso diverso può assumere rilievo l'invocato d.m. 29 settembre 1998, n. 391 ("Regolamento recante disposizioni per il rilascio di autorizzazione per l'apertura di sale cinematografiche, ai sensi dell'articolo 31 della l. 4 novembre 1965, n. 1213, e successive modificazioni"), che attiene ai requisiti richiesti per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio delle sale e che impone lo svolgimento di "...almeno due servizi complementari in favore degli spettatori, tra quelli indicati dal decreto 30 ottobre 1996, n. 683..." (art. 3 comma 1 lettera e), e quindi ammette, tra gli altri, anche la vendita e somministrazione "durante lo svolgimento dello spettacolo" di  "dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria; frutta secca; cereali soffiati; prodotti derivanti da sfarinati, diversi dal pane e dalle paste alimentari pastigliaggi" o "bevande" (art. 1 comma 1, rispettivamente lettere c) e d) del d.m. 30 ottobre 1996, n. 683 ("Regolamento riguardante la disciplina di commercio nelle sale cinematografiche").
2.3) Al contrario, non possono essere esclusi dal calcolo della volumetria, a differenza di quanto opinato dal giudice amministrativo partenopeo, gli spazi adibiti a parcheggio. Nel caso di specie, il complesso, come pure evidenziato in sentenza (pag. 4), consta di cinque blocchi con undici sale cinematografiche, nei quali sono localizzate aree destinate a uffici, ristoro, attività ricreative, al servizio del complesso delle quali è stato realizzato un parcheggio interrato e un parcheggio di superficie. Poiché non sussiste, né è stato comprovato, un vincolo d'asservimento esclusivo degli spazi a parcheggio alla sola attività di spettacolo cinematografico, non può invocarsi una relazione di pertinenzialità tra i parcheggi e le sale cinematografiche che consenta di includere i primi nella fattispecie agevolativa.
2.4) In funzione dell'inesistenza di un vincolo di pertinenzialità esclusiva con l'attività di pubblico spettacolo cinematografico non possono nemmeno escludersi dal computo della volumetria i c.d. spazi "promiscui", ossia ingressi, uscite, atrii, servizi igienici, salvo che non ne sia possibile una delimitazione fisica e strutturale tale da renderli funzionali ai soli spettatori delle proiezioni cinematografiche. Il criterio individuato dal primo giudice di una "percentuale di utilizzo", secondo quanto esattamente osservato dal Comune di Napoli appellante, è effettivamente generico e praticamente inattuabile, proprio perché trattasi di spazi "promiscui", e quindi funzionali, in misura indeterminabile, sia alle esigenze dell'attività di pubblico spettacolo cinematografico sia a tutte le altre diverse attività esercite nel compendio immobiliare".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4859 del 2013

Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo – Modifiche al Codice dei Beni Culturali

10 Ott 2013
10 Ottobre 2013

 Testo del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, coordinato con la la legge di conversione 7 ottobre 2013, n. 112, recante: "Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo"

Art. 2 bis  - Modifiche all'articolo  52  del  codice  dei  beni  culturali  e  del paesaggio

  1. All'articolo 52 del codice dei beni culturali e  del  paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sono  apportate le seguenti  modificazioni:
  a) dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente:
  «1-bis. Fermo  restando  quanto  previsto  dall'articolo  7-bis,  i comuni, sentito il soprintendente, individuano altresi' i  locali,  a chiunque appartenenti, nei quali si svolgono attivita' di artigianato tradizionale e altre attivita' commerciali tradizionali, riconosciute quali espressione dell'identita' culturale collettiva ai sensi  delle convenzioni UNESCO di cui al medesimo  articolo  7-bis,  al  fine  di assicurarne apposite forme di promozione e salvaguardia, nel rispetto della liberta' di iniziativa economica di cui all'articolo  41  della Costituzione»;
  b)  la  rubrica  e'  sostituita  dalla  seguente:  «Esercizio   del commercio  in  aree  di  valore  culturale  e  nei   locali   storici tradizionali». ))

(( Art. 3 ter  Disposizioni per la valorizzazione dei siti UNESCO

  1. All'articolo 4, comma 1, della legge 20 febbraio 2006, n. 77,  e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

  a) alla lettera c), dopo la parola: «realizzazione,» e' inserita la seguente: «anche»;
  b) la lettera d) e' sostituita dalla seguente: «d) alla riqualificazione e alla valorizzazione dei  siti  italiani inseriti nella  lista  del  "patrimonio  mondiale"  sotto  la  tutela
dell'UNESCO,  nonche'  alla   diffusione   della   loro   conoscenza;
nell'ambito delle istituzioni scolastiche la valorizzazione si  attua anche attraverso il sostegno ai viaggi di istruzione e alle attivita' culturali delle scuole.». ))

(( Art. 3 quater Autorizzazione paesaggistica

   1. All'articolo  146,  comma  4,  del  codice  di  cui  al  decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42,  e  successive  modificazioni, l'ultimo periodo e' sostituito dal seguente: «I lavori  iniziati  nel corso del quinquennio di efficacia dell'autorizzazione possono essere conclusi entro, e  non  oltre,  l'anno  successivo  la  scadenza  del quinquennio medesimo».

  2. All'articolo 30, comma 3, del decreto-legge 21 giugno  2013,  n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n.  98, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «E' altresi' prorogato  di tre anni il termine delle autorizzazioni paesaggistiche in  corso  di efficacia alla data di entrata in vigore della legge  di  conversione del presente decreto.». ))

(( Art. 4 bis  Decoro dei complessi monumentali ed altri immobili

   1. All'articolo 52 del Codice dei beni culturali e  del  paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente:

  «1-bis. Al fine di contrastare l'esercizio,  nelle  aree  pubbliche aventi  particolare  valore  archeologico,   storico,   artistico   e paesaggistico,  di  attivita'  commerciali  e  artigianali  in  forma ambulante o su posteggio, nonche' di qualsiasi  altra  attivita'  non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio  culturale,  con particolare riferimento alla necessita' di assicurare il  decoro  dei complessi monumentali e degli altri immobili  del  demanio  culturale interessati da flussi turistici  particolarmente  rilevanti,  nonche' delle aree a essi contermini,  le  Direzioni  regionali  per  i  beni culturali e paesaggistici  e  le  soprintendenze,  sentiti  gli  enti locali, adottano apposite determinazioni volte a vietare gli  usi  da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di  tutela  e  di valorizzazione, comprese le forme di  uso  pubblico  non  soggette  a concessione di uso individuale, quali le  attivita'  ambulanti  senza posteggio,  nonche',  ove  se  ne  riscontri  la  necessita',   l'uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio  di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico.». ))

Art. 7  Misure urgenti per la promozione della musica di  giovani  artisti  e compositori emergenti, (( nonche' degli eventi  di  spettacolo  dal  vivo di portata minore. ))

(( 8-bis. Al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di  cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, sono apportate  le  seguenti modificazioni:

  a) all'articolo 68, primo comma, e' aggiunto, in fine, il  seguente periodo: «Per eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che  si svolgono entro le  ore  24  del  giorno  di  inizio,  la  licenza  e' sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attivita' di  cui all'articolo 19 della legge 7  agosto  1990,  n.  241,  e  successive modificazioni, presentata  allo  sportello  unico  per  le  attivita' produttive o ufficio analogo»;

  b) all'articolo 69, primo comma, e' aggiunto, in fine, il  seguente periodo: «Per eventi fino ad un massimo di 200 partecipanti e che  si svolgono entro le  ore  24  del  giorno  di  inizio,  la  licenza  e' sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attivita' di  cui all'articolo  19  della  legge  n.  241  del  1990,  presentata  allo sportello unico per le attivita' produttive o ufficio analogo»;

    c) all'articolo 71, primo comma, dopo la parola:  «licenze»  sono aggiunte le  seguenti:  «e  le  segnalazioni  certificate  di  inizio attivita'». ))

 

 


Art. 38 ptrc e vas: convegno a Spinea giovedì 31 ottobre 2013

10 Ott 2013
10 Ottobre 2013

L’assessorato all’urbanistica del comune di Spinea organizza, il prossimo 31 ottobre, un incontro durante il quale verranno illustrati i recentissimi provvedimenti regionali in ambito urbanistico in materia di articolo 38 del Ptrc e in materia di Vas.

La prima parte della mattinata verrà dedicata ai criteri di applicazione del nuovo articolo 38 del Ptrc “Aree afferenti ai caselli autostradali, agli accessi alla rete primaria, alle superstrade e alle stazioni SFMR”. L’arch. Alberto Miotto della Direzione pianificazione territoriale e strategica della Regione Veneto   illustrerà i criteri di applicazione delle misure di salvaguardia.

La seconda  parte della mattinata sarà dedicata alla Vas. La dirigente del settore regionale – dott. avv. Paola Noemi Furlanis – illustrerà il nuovo provvedimento regionale contenente le linee di indirizzo applicative, relativamente alla valutazione ambientale strategica, in seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 58/2013 e chiarirà le nuove modalità e i criteri operativi che dovranno applicarsi in relazione ai diversi livelli di pianificazione (Prg, Pat, Pi, Pua, ecc.).

La parte conclusiva della giornata seminariale sarà poi dedicata al dibattito  e alla risposta ai quesiti.

L’incontro si svolgerà dalle 9.00 alle 13.00 presso la sala municipale del comune di Spinea.

Un dottore agronomo è competente a sottoscrivere progetti edilizi?

09 Ott 2013
9 Ottobre 2013

La sentenza n. 4854 del 2013 del Consiglio di Stato decide un ricorso presentato  dall’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Bari avverso un provvedimento col quale il Dirigente del Comune ha respinto una domanda avente ad oggetto il rilascio di un titolo edilizio richiesto dalla Cantina Cooperativa Coltivatori Diretti di Barletta per la costruzione di un frantoio oleario, in quanto il relativo progetto era stato redatto da un dottore agronomo. Il ricorrente Ordine ha dedotto l’avvenuta violazione dell’art. 2, lett. d), della L. 7 gennaio 1976 n. 3, recante l’ordinamento della professione di dottore agronomo, laddove si stabiliscono le competenze proprie di tale categoria di professionisti, menzionando – tra l’altro - “la progettazione... ed il collaudo dei lavori relativi alle costruzioni rurali e di quelli attinenti alle industrie agrarie e forestali”.

In primo grado il TAR aveva ritenuto dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto proposto dall'ordine professionale e non dal professionista interessato.

Il Consiglio di Stato riforma la decisione, precisando che: "La tesi del giudice di primo grado è – viceversa – smentita da esplicita e del tutto unanime giurisprudenza formatasi sul punto in discussione, secondo la quale gli Ordini professionali hanno legittimazione a difendere in sede giurisdizionale gli interessi della categoria di soggetti di cui abbiano la rappresentanza istituzionale qualora si tratti della violazione di norme poste a tutela della professione stessa, o allorché si tratti comunque di conseguire determinati vantaggi - sia pure di carattere strumentale - giuridicamente riferibili alla intera categoria, con il limite (che qui non rileva) derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli Ordini medesimi (così, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 10 novembre 2010 n. 8006; cfr., altresì, la decisione n. 8404 resa sempre dalla Sez. V); ossia, detto altrimenti, sussiste nel nostro ordinamento la legittimazione di un Ordine professionale a tutelare anche in via contenziosa l’interesse collettivo dei professionisti suoi iscritti in modo generale e indistinto (così Cons. Stato, Sez. II, 24 gennaio 2011 n. 2783). Nel caso in esame, quindi, non è ravvisabile – a differenza di quanto affermato dal giudice di primo grado – una sostituzione processuale da parte dell’Ordine nei riguardi della posizione del singolo professionista, per certo preclusa a’ sensi dell’art. 81 c.p.c., ma è sussiste – anche al di là della lesione arrecata sia alla sfera dell’interesse individuale del progettista, sia alla sfera del committente dell’opera, i quali peraltro liberamente non hanno ritenuto di tutelarsi in sede giudiziale – un concomitante e del tutto autonomo interesse dell’Ordine a veder assicurata l’applicazione delle disposizioni normative che disciplinano la competenza professionale dei suoi iscritti - anche se materialmente non coinvolti nel presente procedimento giudiziale – proprio in quanto soggetto ex lege esponenziale di tutti gli iscritti medesimi. Tale interesse alla decisione del ricorso perdura anche allorquando – come, per l’appunto, nel caso di specie – l’annullamento dell’atto impugnato non può dispiegare effetti concreti ma è apprezzabile comunque la perdurante lesività dell’atto stesso per il credito, il prestigio e l’estimazione sociale della parte ricorrente, ossia allorquando comunque persistano come fatti storici valutazioni e giudizi negativi su qualità e capacità della parte medesima (così, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 30 luglio 2002 n. 4076 e Sez. V, 5 marzo 2001 n. 1250). Nel caso di specie, è indiscutibile la permanenza a tutt’oggi dell’interesse dell’Ordine a rimuovere ope iudicis un provvedimento che, se considerato nel suo intrinseco contenuto, si pone come non corretta valutazione dell’idoneità professionale non solo – contingentemente - del dott. Cassandro ma di qualsivoglia iscritto all’Ordine professionale degli agronomi se chiamato a progettare un frantoio, configurandosi quindi come un precedente ostativo – anche perché reiterabile dallo stesso Comune, nonchè da altre pubbliche amministrazioni - per le opportunità professionali di tutti i suoi iscritti.
4.3. Premesso ciò, il ricorso proposto in primo grado va accolto, in quanto – come detto innanzi - l’art.2, lett. d), della L. 7 gennaio 1976 n. 3, recante l’ordinamento della professione di dottore agronomo, riconduce testualmente alla relativa competenza professionale anche “la progettazione... ed il collaudo dei lavori relativi alle costruzioni rurali e di quelli attinenti alle industrie agrarie e forestali”. A suo tempo questo stesso giudice ha già avuto modo di affermare la legittimità di un titolo edilizio per la realizzazione di un complesso industriale per la lavorazione di carni suine e di pollame su progetto redatto da un dottore agronomo, posto che la disposizione testè riportata consente la prestazione professionale di quest’ultimo relativamente alle industrie, tra le quali devono essere annoverate le “industrie agrarie” e, quindi, il complesso in questione, essendo indubitabile che nella disposizione medesima il termine “industria” è sempre usato nel senso tecnico-giuridico di attività diretta alla produzione di beni o di servizi di cui all’art. 2195, n. 1 c. c. e che l’opera in questione è – per l’appunto - relativa ad industria agraria (cfr. al riguardo Cons. Stato, Sez. V, 29 ottobre 1992 n. 1078). Lo stesso ragionamento non può - quindi - non valere anche per la realizzazione di un frantoio, trattandosi parimenti di “industria agraria” nel senso ora descritto. Va comunque precisato che se il progetto eventualmente fuoriesce dai caratteri propri della semplice edilità e richiede, ad esempio, opere di “conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare la incolumità delle persone”, la competenza professionale spetta inderogabilmente, a’ sensi del tuttora vigente art. 1, primo comma, del R.D.L. 16 novembre 1939 n. 2229, agli ingegneri e agli architetti iscritti ai relativi albi, “nei limiti delle rispettive attribuzioni, ai sensi della L. 24 giugno 1923 n. 1395 e del R.D. 23 ottobre 1925 n. 2537, sull’esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto, e delle successive modificazioni” (cfr. ivi; cfr., altresì, sul punto, ad es., Cassazione civ., Sez. II, 2 settembre 2011 n. 18038)".

Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4854 del 2013

 

Anche il provvedimento c.d. “di secondo grado” in astratto richiede l’avviso di avvio del procedimento ma tale avviso può sempre essere surrogato

09 Ott 2013
9 Ottobre 2013

La sentenza del Consiglio di Stato n. 4855 del 2013 si occupa della decadenza di un titolo edilizio, in relazione alla quale esamina la questione della necessità dell'avviso di avvio del procedimento sotto due profili.

In primo luogo il Consiglio di Stato precisa che tale avviso è richiesto anche per i provvedimenti c.d. di "secondo grado" (quelli incidenti su posizioni giuridiche del suo destinatario originate da un provvedimento precedentemente adottato in suo favore). In secondo luogo il Consiglio di Stato ribadisce che l'avviso di avvio del procedimento non va inteso come un formalismo da applicare in modo meccanico.

Si legge, infatti, nella sentenza: "4.2. Innanzitutto, per quanto attiene ai motivi dedotti da Ste.Ros. in ordine all’asseritamente avvenuta violazione degli artt. 7 e 8 della L. 241 del 1990 sia con riguardo al difetto di motivazione della sentenza impugnata per quanto attiene alla valutazione delle relative censure formulate nel primo grado di giudizio, sia sotto il profilo della violazione dei principi di diritto che assistono l’annullamento degli atti di secondo grado, il Collegio ribadisce – concordando sul punto con il contenuto della sentenza impugnata – che le norme dettate in tema di partecipazione al procedimento amministrativo non devono essere applicate in via del tutto meccanica e a fini meramente strumentali, essendo esse deputate non solo ad una funzione difensiva a favore del destinatario dell’atto conclusivo del procedimento, ma anche a formare nell’Amministrazione procedente una più completa e meditata volontà e dovendosi, comunque, ritenere che il vizio derivante dall’omissione di comunicazione non sussista nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o manchi l’utilità della comunicazione all’azione amministrativa (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. III, 20 giugno 2012 n. 3595). Segue dunque ciò, anche in dipendenza dei principi stabiliti dall’art. 21- octies della L. 241 del 1990, che non può configurarsi la violazione di tale obbligo di comunicazione nel caso in cui il soggetto inciso sfavorevolmente da un provvedimento non dimostri che, ove fosse stato reso edotto dell’avvio del procedimento , sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali da far determinare in modo diverso le scelte dell’Amministrazione procedente dell’azione amministrativa (cfr. ibidem). Nel caso di specie assume pertanto valore dirimente la circostanza che Ste.Ros. non dimostra che l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento conclusosi con l’adozione del provvedimento n. 13120 dd. 5 novembre 2002 di decadenza della concessione edilizia n. 1650/98 dd. 18 marzo 1998 le ha precluso di dedurre nel procedimento medesimo a propria difesa elementi decisivi e tali dunque da indurre l’Amministrazione Comunale ad un diverso apprezzamento della fattispecie; né va sottaciuto che parimenti non sussiste la violazione dell’art. 7 e ss. della L. 241 del 1990 se l’interessato ha comunque avuto aliunde informazione dell’avvio del procedimento (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. V, 7 settembre 2011 n. 5032), come nell’ipotesi – qui, per l’appunto, sussistente – nella quale la relativa conoscenza proviene all’interessato medesimo dalla sussistenza di un contenzioso con l’amministrazione sul punto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2001 n. 2884). Il Collegio non sottace che l’anzidetto provvedimento recante la pronuncia di decadenza della concessione si configura come provvedimento c.d. “di secondo grado”, in ordine al quale la regola generale di per sé impone l’inoltro dell’avviso dell’avvio del relativo procedimento in quanto incidente su posizioni giuridiche del suo destinatario originate da un provvedimento precedentemente adottato in suo favore (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 29 luglio 2003 n. 3169); ma anche in tale evenienza l’inoltro medesimo non è ritenuto necessario se risulta che l’interessato ha comunque avuto aliunde la relativa informazione (cfr. al riguardo, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 26 ottobre 2006, n. 6413; Sez. V, 18 novembre 2004,n. 7553 e 22 gennaio 2003 n. 243)".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4855 del 2013

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