La diffida del privato va riscontrata
Il T.A.R. Veneto stabilisce che sussiste l’obbligo del Comune di riscontare le diffide provenienti dal privato.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Il T.A.R. Veneto stabilisce che sussiste l’obbligo del Comune di riscontare le diffide provenienti dal privato.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Il TAR Veneto ha affermato che nel processo amministrativo l’integrazione in sede giudiziale della motivazione dell’atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento - nella misura in cui i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta - oppure attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida; è invece inammissibile un’integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi.
Post di Alberto Antico – avvocato
Il TAR Veneto ha affermato che nel processo amministrativo l’integrazione in sede giudiziale della motivazione è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento – nella misura in cui i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta – oppure attraverso l’emanazione di un autonomo provvedimento di convalida, restando invece inammissibile un’integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi.
Post di Alberto Antico – avvocato
Il TAR Veneto ha affermato che il provvedimento amministrativo, preceduto da esaurienti atti istruttori, può ritenersi adeguatamente motivato per relationem anche col mero richiamo a tali atti. In questo modo, l’Autorità che lo emana fa propri gli esiti dell’istruttoria condotta da altra P.A., ponendoli a fondamento della determinazione adottata. In questi casi, la motivazione può dirsi comunque esaustiva perché dal complesso degli atti del procedimento sono evincibili le ragioni giuridiche che supportano la decisione, in modo da consentire, non solo al destinatario di contrastarle con gli strumenti offerti dall’ordinamento, ma anche al G.A., ove investito della relativa controversia, di sindacarne la fondatezza.
Post di Alberto Antico – avvocato
Il T.A.R. afferma che gli accordi pubblico-privati, avendo carattere pianificatorio, sfuggono allo schema privatistico di accettazione della proposta tipico della conclusione dei contratti civilistici.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Nel caso di specie, un privato conveniva in sede civile il Comune – in quanto custode delle strade cittadine ex art. 2051 c.c. – per ottenere il ristoro dei danni subiti iure proprio a causa del decesso del loro congiunto, avvenuto a seguito di sinistro stradale: il motociclista era finito con la ruota anteriore in una depressione del manto stradale di circa 8 cm di profondità, perdendo così il controllo del mezzo e impattando con il fianco destro della moto contro un palo della pubblica illuminazione, perdendo la vita in conseguenza dell’urto.
In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda, poiché in sede di CTU emergeva la condotta imprudente del defunto, il quale non aveva rispettato il limite di velocità, né osservato le regole di comune prudenza (stante sia le condizioni metereologiche caratterizzate da forte vento, che l’orario notturno), non facendo neppure uso di un casco conforme alla normativa di sicurezza, il che interrompeva il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.
La decisione era confermata dal giudice d’appello, il quale ribadiva che la condotta del defunto aveva interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, non essendo stato fornito alcun elemento idoneo a ritenere provata una condotta di guida della vittima diligente e prudente.
La Corte di cassazione ha ribaltato questo ragionamento: in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., a carico del soggetto danneggiato sussiste l’onere di provare soltanto la derivazione del danno dalla cosa e la custodia della stessa da parte del preteso responsabile, non pure la propria assenza di colpa nel relazionarsi con essa.
Cosa potrebbero fare i Comuni per tutelarsi da simili richieste risarcitorie? Il pensiero corre ad una polizza assicurativa, ma questo rimedio presenta anche degli svantaggi.
Di norma le polizze RCT prevedono che in caso di sinistro, il Comune dia avviso scritto all’assicurazione, documentando i fatti. L’assicurazione assume di norma la gestione di tutte le vertenze, assumendo le relative responsabilità. Facciamo ora l’esempio che la polizza preveda una franchigia di 1000 euro per sinistro e che venga presentata una richiesta di risarcimento di 900 euro (caso tipico di insidia stradale causata da una buca non visibile sulla strada). In questo caso la compagnia assicurativa non ha alcun interesse a favorire un contenzioso con il cittadino danneggiato, perché il contratto di assicurazione prevede che si assuma le spese di procedimento e di perizia e che anticipi il risarcimento, rivalendosi poi nei confronti del Comune per il rimborso. E se il Comune non ci sta, libera l’assicurazione da ogni responsabilità e si assume l’intero carico sia della procedura che del risarcimento.
Appare quindi di tutta evidenza che il Comune non ha nessuna convenienza a prevedere la franchigia nelle RCT, in quanto deve comunque pagare di tasca propria il risarcimento (e sono i casi più numerosi), deve far perdere tempo prezioso a vigili urbani, ufficio tecnico e affari generali per istruire e definire la pratica e gestire contenziosi con i suoi cittadini il che provoca spesso non poco imbarazzo. Ma c’è di più. Spesso i dipendenti comunali trascurano il fatto che quando si paga un risarcimento dovrebbe attivare un antipatico procedimento di verifica di responsabilità dei dipendenti.
Post di Daniele Iselle
Il TAR Veneto ha affermato che, qualora il privato presenti una CILA nel (vano) tentativo di sanare opere che richiedono il PdC e che non ricadono tra quelle consentite in regime di CILA, il Comune non può che disporre degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori dell’abuso, come peraltro implicitamente previsto dallo stesso art. 6-bis d.P.R. 380/2001, laddove fa salve ‘”le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia”.
L’esercizio da parte del Comune del potere di accertamento dell’inefficacia della CILA in vista dell’adozione dei conseguenti provvedimenti repressivi non è soggetto a termini di decadenza né a procedure particolari e non deve seguire il procedimento di inibizione in autotutela della SCIA.
Post di Alberto Antico – avvocato
Il TAR Veneto ha affermato che agli immobili realizzati da ATER, per la locazione a canone predeterminato in favore dei cittadini più bisognosi, si applica l’art. 17, co. 1 d.P.R. 380/2001, secondo cui nei casi di edilizia abitativa convenzionata, relativa anche ad edifici esistenti, il contributo afferente al PdC è ridotto alla sola quota degli oneri di urbanizzazione, qualora il titolare del permesso si impegni, a mezzo di una convenzione con il Comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo prevista dal successivo art. 18.
Post di Alberto Antico – avvocato
Con il decreto del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste del 12 dicembre 2024 (pubblicato in G.U., Serie generale n. 303 del 28.12.2024), sono stati definiti i requisiti per l’assunzione da parte dei Comuni della denominazione di «città di identità», nonché i requisiti e le modalità per l’iscrizione nel Registro delle associazioni nazionali delle città di identità.
Si fa riferimento all’art. 40 l. 206/2023, secondo cui, al fine di assicurare la più ampia partecipazione degli operatori dei settori agricoli nella pianificazione strategica degli interventi di valorizzazione e di promozione delle produzioni di pregio e di alta rinomanza, è istituito presso il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste il Registro delle associazioni nazionali delle città di identità.
Si definiscono «città di identità» le città o realtà territoriali che si caratterizzano per le produzioni agricole di pregio, in cui operano organismi associativi a carattere comunale aventi lo specifico scopo di promuovere e valorizzare le identità colturali dei loro territori nei mercati nazionali e internazionali.
I Comuni, anche compresi nei distretti del prodotto tipico italiano ex art. 39 l. cit., in cui hanno sede i luoghi della produzione agricola di pregio in parola che possiedono i requisiti indicati dal decreto, assumono la denominazione di città di identità.
Il decreto è disponibile al seguente link:
Post di Alberto Antico – avvocato
Nel caso di specie, il Comune si avvaleva della clausola risolutiva espressa prevista in una convenzione di lottizzazione, dopo aver scoperto che la fideiussione prestata dal privato e da una società estera era contraffatta.
Il TAR Veneto ha affermato che, in tale fattispecie, trova applicazione l’art. 1456 c.c., che prevede un’ipotesi di risoluzione di diritto. Non c’è quindi bisogno della previa diffida ad adempiere, tutt’altro istituto regolato dall’art. 1454 c.c.
Post di Alberto Antico – avvocato
Commenti recenti