Il ricorso gerarchico avverso la dichiarazione di interesse culturale
Nel caso di specie, la Direzione regionale del Ministero della cultura dichiarava con decreto l’interesse storico-artistico particolarmente importante dell’opera X.
Il proprietario presentava un ricorso gerarchico nel quale richiamava correttamente gli estremi del decreto, ma involontariamente procedeva ad un’erronea ricostruzione dei fatti, descrivendo il provvedimento di vincolo come riferito all’opera Y.
Il Ministero della cultura dichiarava quindi il ricorso gerarchico nullo per mancanza di oggetto.
Il TAR Veneto ha annullato quest’ultima determinazione.
I refusi contenuti nel ricorso gerarchico avrebbero dovuto essere superati, anche attraverso la richiesta di chiarimenti al ricorrente, in applicazione dell’art. 5, co. 1 d.P.R. 1199/1971 secondo cui l’organo che decide il ricorso gerarchico, “se ravvisa una irregolarità sanabile, assegna al ricorrente un termine per la regolarizzazione e, se questi non vi provvede, dichiara il ricorso improcedibile”.
Per l’effetto, il TAR ha scrutinato le censure di illegittimità della dichiarazione di interesse culturale, affermando che la decisione sul ricorso gerarchico non assorbe il provvedimento di primo grado ma accede ad esso, con la conseguenza che il giudice, ove annulli la statuizione sul ricorso amministrativo, ha il potere-dovere di riesaminare la fattispecie nella sua interezza, senza limitarsi ai profili di legittimità formale del procedimento di secondo grado.
Post di Alberto Antico – avvocato
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