28 Aprile 2025
Nel caso di specie, il Comune annullava d’ufficio, a distanza di circa vent’anni, il condono edilizio rilasciato al privato, in quanto asseritamente rilasciato sulla scorta di una falsa rappresentazione delle distanze tra pareti finestrate, risultando le stesse inferiori alla distanza minima inderogabile di 10 metri stabilita dall’art. 9 d.m. 1444/1968.
Il privato eccepiva di aver rappresentato le reali distanze, di poco inferiori a quelle legali, in un elaborato grafico.
Il TAR Veneto, dopo aver ricostruito l’istituto dell’annullamento d’ufficio, nella specifica ipotesi delle dichiarazioni erronee, ha dato ragione al privato.
Non ogni incompletezza, omissione, errore, imprecisione o contraddizione nella redazione delle istanze, degli elaborati progettuali o nell’interpretazione delle norme che presiedono alla determinazione dei parametri rilevanti ai fini della verifica della conformità di un progetto alla normativa urbanistico-edilizia può essere valorizzata ai fini del legittimo esercizio dell’autotutela oltre il termine previsto dall’art. 21-nonies, co. 1 l. 241/1990. Occorre, invece, che sussista una “falsa rappresentazione” dei fatti idonea ad indurre in errore la P.A., ossia una rappresentazione di fatti divergente dalla realtà (quindi falsa, o anche solo parziale) di cui la P.A. stessa non possa avvedersi nel corso di un’ordinaria istruttoria e che disveli, pertanto, un intento fraudolento o malizioso del richiedente, come tale non meritevole di tutela.
Di contro – al di fuori di tali ipotesi – ove risulti che l’erronea, incompleta o contraddittoria rappresentazione di dati di fatto fosse rilevabile dalla P.A. nel corso dell’istruttoria, le suddette circostanze non possono condurre al superamento del termine ordinario per l’esercizio dell’autotutela.
Post di Alberto Antico – avvocato
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