Tag Archive for: Amministrativo

Il confinante ha diritto all’accesso alle pratiche edilizie anche indipendentemente dall’esistenza di una lesione della sua posizione giuridica

31 Ott 2013
31 Ottobre 2013

Lo afferma la stessa sentenza del TAR Veneto n. 1211 del 2013, già allegata al post che precede.

Scrive il TAR: "8. Per quanto concerne l’esame del merito va rilevato come a parere di questo Collegio sussista l’obbligo dell’Amministrazione comunale di esibire la documentazione richiesta e, in ciò, accogliendo il ricorso di cui si tratta.
8.1 Sul punto va, in primo luogo, chiarito che la posizione giuridica del soggetto che chiede l’esibizione di atti amministrativa è, per costante giurisprudenza, del tutto autonoma rispetto a quelle valutazioni circa la fondatezza delle pretese alla cui tutela viene svolta l’acquisizione della documentazione.
8.2 Ciò premesso, alla fattispecie in esame, è possibile applicare un altrettanto e costante orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato Sez. V, 14-05-2010, n. 2966) nella parte in cui ha sancito che “al proprietario del fondo vicino a quello su cui siano state realizzate nuove opere edilizie spetta il diritto di accesso a tutti gli atti abilitativi edilizi quando faccia valere l'interesse ad accertare il rispetto delle previsioni urbanistiche. Tale  posizione, in quanto qualificata e differenziata e non meramente emulativa o preordinata ad un controllo generalizzato dell'azione amministrativa, basta ai sensi dell'art. 22 della L. n. 241 del 1990 a legittimare il diritto di accesso alla documentazione amministrativa richiesta (Riforma della sentenza del T.a.r. Liguria - Genova, sez. I, n. 2791/2009)”.
8.2 Si consideri ancora che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione comunale, il diritto di accesso può essere esercitato anche indipendentemente dall'esistenza di una lesione della posizione giuridica del richiedente, essendo invece sufficiente un interesse personale e concreto, serio e non emulativo, a conoscere gli atti già posti in essere. Per l'ordinamento, infatti, l'ostensione dei documenti è strumentale alla tutela di un interesse meritevole di tutela (in questo senso T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 09-07-2013, n. 598).
9. Non può nemmeno essere condivisa l’interpretazione dell’Amministrazione comunale laddove ritiene che non sussista l’interesse della ricorrente in considerazione della distanza tra le proprietà in questione, quest’ultima pari a circa 46 metri.
9.1 Al contrario è proprio l’esiguità di detta distanza a costituire una dimostrazione del fatto che le proprietà di cui si tratta incidano sulla stessa zona di riferimento. Ne consegue che sulla base di quanto esposto, in accoglimento del ricorso, deve essere ordinato all'Amministrazione Comunale sopra citata di procedere all'esibizione dei documenti richiesti con la domanda del 27 febbraio 2013 nel termine di giorni trenta dalla comunicazione della presente sentenza".

Quando è possibile reiterare una istanza di accesso agli atti?

31 Ott 2013
31 Ottobre 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 1211 del 2013 si occupa, tra l'altro, della questione della reiterazione di una istanza di accesso agli atti. E' opinione diffusa che reiterazione sarebbe inammissibile, ma il TAR puntualizza che la questione non può essere risolta  in termini così secchi e rigidi.

Scrive il TAR: "1. In primo luogo va esaminata l’eccezione preliminare di irricevibilità proposta dai controinteressati, nella parte in cui è sostenuto che l’istanza ora denegata costituirebbe, in realtà, una mera reiterazione di precedenti richieste già denegate dall’Amministrazione comunale.
2. Sul punto va applicato quell’orientamento giurisprudenziale, citato dallo stesso controinteressato, che a sua volta, ha sancito l’inammissibilità della reiterazione dell’istanza di accesso e, ciò, con l’eccezione di specifiche ipotesi (per tutti si veda Cons. Stato Sez. IV, 13-06-2013, n. 3267). Detta Giurisprudenza ritiene, infatti, che “La reiterazione in sé di una  istanza di accesso agli atti della P.A. ove non acquisti un contenuto pretestuoso, o contrario alla legge, non è illegittima qualora si sia in presenza di fatti nuovi sopravvenuti, non rappresentati nell'originaria istanza, o anche a fronte di una diversa prospettazione dell'interesse giuridicamente rilevante”.
2.1 Un’ulteriore, e altrettanto recente, pronuncia (Cons. Stato Sez. VI, 02-09-2013, n. 4354) ha sancito che “L'interessato può risultare legittimato a reiterare l'istanza di accesso agli atti della P.A. tacitamente disattesa o respinta dalla medesima amministrazione (con determinazione non tempestivamente impugnata), solo in presenza cumulativa o alternativa di: a) fatti nuovi, sopravvenuti o anche solo successivamente conosciuti, non rappresentati nell'istanza originaria; b) una diversa e fondata prospettazione della consistenza dell'interesse giuridicamente rilevante ovvero della posizione legittimante l'accesso invocato (artt. 22 ss. L.n. 241/1990) (Conferma della sentenza del T.a.r. Puglia, Bari, sez. II, n. 1912/2012)”.
3. Nell’ultima istanza di accesso è possibile individuare proprio detta evidenziata fattispecie e, quindi, una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante e, ciò, considerando come parte ricorrente abbia – ora e a differenza delle precedenti istanze - espressamente motivato l’ultima richiesta “nella tutela dei diritti e degli interessi legittimi della Sig.ra Flavia Bolzon”.
3.1 Si consideri ancora che nelle precedenti istanze è possibile evincere che le ragioni che avevano determinato il Si. Mazzacca Marino nella richiesta dei documenti sopra citati era individuata “nella verifica correttezza e tempistica azione dell’Ufficio Tecnico (istanza del 25/11/2011) e nell’esistenza di un diverso contenzioso con i soggetti controinteressati (istanza del 23/02/2012) e, ancora, nella “verifica e controllo con Ente terzo di fiducia del richiedente”.
4. Ne consegue come i precedenti dinieghi devono essere strettamente correlati alla motivazione all’accesso cui si riferiscono, senza poter costituire un presupposto idoneo ad inficiare l’attuale posizione qualificata della ricorrente.
5. Va in ultimo evidenziato che il diniego ora impugnato non può essere considerato (come sostiene l’Amministrazione comunale) un atto di mera conferma e, ciò, avendo presente che secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, ricorre l'atto meramente confermativo (di cd. conferma impropria) allorchè l'Amministrazione, a fronte di un'istanza, si sia limitata a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione, espressiva di una nuova valutazione (in termini, tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5196; 29 ottobre 2012, n. 5509).
5.1 Nel caso di specie, una nuova valutazione è stata evidentemente posta in essere e, ciò, in presenza di nuove e differenti ragioni poste a fondamento del provvedimento di diniego sopra citato. 6. Pur considerando dirimente quanto sopra affermato va, altresì, evidenziato come l’istanza di cui si tratta sia stata proposta da un soggetto diverso (Sig.ra Flavia Bolzon) in luogo del Sig. Mazzocca Marino.
7. L’eccezione preliminare sopra ricordata è, pertanto, respinta".

sentenza TAR Veneto 1211 del 2013

Spetta davvero al Sindaco emettere il provvedimento di rimozione dei rifiuti?

30 Ott 2013
30 Ottobre 2013

Nella sentenza del T.A.R. Veneto n. 1181/2013, commentata nel post del 23 ottobre 2013, si affermava che la competenza in materia di rimozione dei rifiuti spetterebbe al Sindaco e non al Dirigente perché: “l’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152 del 2006, che è norma speciale sopravvenuta rispetto all`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000, attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti, prevalendo per il criterio della specialità e quello cronologico sul disposto dell`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V, 25 agosto 2008, n. 4061)”.

Ma è davvero così?

Sebbene l’art. 192, comma 3, D. Lgs. 13 aprile 2006 n. 52 (T.U. Ambiente) reciti: “Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”, tale disposizione deve essere coordinata con l’art. 107 del D. Lgs 267/2000 (T.U. Enti Locali), al fine di individuare l’organo competente ad emanare l’ordinanza di rimozione e di smaltimento di rifiuti abbandonati.

 L’art. 107, comma 1 e 2, del D. Lgs. 267/2000, infatti, sancisce il principio di separazione tra l’attività gestionale e l’attività di indirizzo politico-amministrativo: “1. Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico- amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.

2. Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108”. Tale principio era già affermato dall’art. 51, comma 2, della legge 8 giugno 1990 n. 142 con riferimento alle Provincie ed ai Comuni, poi esteso dall’art. 3, D. Lgs 3 febbraio 1993, n. 29 a tutte le Pubbliche Amministrazioni.

 La giurisprudenza, analizzando la natura giuridica dell’ordinanza di rimozione dei rifiuti e la connessa disciplina normativa, è giunta a negare che sia il Sindaco l’autorità competente ad emanarla. A tal fine è utile evidenziare il sillogismo giuridico che permette di arrivare a tale conclusione.

 Il T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 11 maggio 2012, n. 198 si sofferma sulla portata dall’art. 107, comma 5, D. Lgs. 267/2000, il quale recita: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I titolo III” - cioè al Consiglio comunale/provinciale, alla Giunta comunale/provinciale ed al Sindaco/Presidente della Provincia – “l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall'articolo 50, comma 3, e dall'articolo 54”, per evidenziare come l’ordinanza di rimozione dei rifiuti, non concernendo né quanto previsto dall’art. 50, comma 3, né dall’art. 54 del D. Lgs. 267/2000, rientri nella competenza dirigenziale e non del Sindaco.

 Infatti l’art. 50, comma 3, TUEL, pur riconoscendo le funzioni sindacali attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti, specifica che tale funzioni devono essere svolte salvo quanto previsto dall'articolo 107, cioè nel rispetto del principio di separazione dell’attività gestionale e di quella di indirizzo politico-amministrativo.

 Per quanto riguarda l’art. 54, comma 4, TUEL (che riconosce il potere del Sindaco di adottare con atto motivato i provvedimenti contingibili ed urgenti atti a prevenire ed eliminare i gravi pericoli che minacciano l’incolumità e la sicurezza pubblica), un’interpretazione ragionevole e sistematica del medesimo impone una lettura congiunta all’art. 50, comma 5, TUEL, che attribuisce al Sindaco l’adozione di ordinanze contingibili ed urgenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale.

 Applicando il combinato disposto, si evince che la competenza sindacale ad emettere ordinanze di rimozione dei rifiuti è ammissibile solamente laddove vi sia una situazione di concreto ed imminente pericolo per l’incolumità e la salute pubblica, ovvero laddove vi sia una situazione di emergenza che non può essere procrastinata: in tali circostanze è il Sindaco l’unica autorità competente ad adottare simili provvedimenti, purché adeguatamente motivati in tal senso.

 Correttamente difatti il TA.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 12 luglio 2011, n. 255, ribadisce che l’ordinanza di rimozione dei rifiuti adottata ai sensi dell’art. 192 T.U. Ambiente non può essere sussumersi nell’ordinanza prevista dall’art. 54 TUEL “in quanto, anche ove il Sindaco avesse inteso esercitare il potere di ordinanza ai sensi dell'art. 54 d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, non sono esplicitati nel provvedimento, al di là della mera citazione dell'art. 54 d.lgs. 2000 n. 267 nelle premesse, i presupposti di fatto che hanno determinato l'urgenza e la contingibilità dell'intervento, in termini di rischio sanitario e ambientale”.

Da ciò emerge anche la profonda differenza tra la natura dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 192 D. Lgs. 152/2006 avente carattere sanzionatorio-ripristinatorio e l’ordinanza “urgente” emessa ai sensi degli artt. 50 e 54 del D. Lgs. 152/2006. In merito il T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 05 maggio 2012, n. 714, afferma che l’ordinanza di rimozione dei rifiuti non ha i connotati tipici della ordinanza contingibile ed urgente prevista dall’art. 54 TUEL in quanto “il profilo della “contingibilità” delle ordinanze, infatti, indica l’urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in odine a situazioni eccezionali di pericolo attuale ed imminente per l’incolumità pubblica, che impone al sindaco di dare adeguata contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad usare tale strumento “extra ordinem”, la cui “ratio” non consiste tanto nell’imprevedibilità dell’evento, quanto nell’impossibilità di utilizzare tempestivamente i rimedi normali offerti dall’ordinamento laddove i potere di ordinanza previsto dall’art. 192 del D. Lgvo 3.4.2006 n. 152, invece, ha un diverso fondamento rispetto alle ordinanze disciplinate dall’art. 54 t.u. enti locali. Ed invero, mentre il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti è atipico e residuale e, cioè, esercitabile, sussistendone i presupposti, tutte le volte in cui non sia conferito dalla legge il potere di emanare atti tipici, in presenza di presupposti indicati da specifiche normative di settore, viceversa l’art. 192 del D.Lgs. n. 152 del 2006 configura una specifica normativa con la previsione d’un ordinario potere d’intervento, attribuito all’autorità amministrativa, a carattere sanzionatorio” (sul punta si veda anche Cons. Stato, sez. III, 12 giugno 2009 n. 3765 e Cons. Stato, sez. V, 08 febbraio 2005 n. 323).

 Alla luce di tali necessarie premesse riguardanti la natura giuridica dell’ordinanza di rimozione dei rifiuti adotta ai sensi dell’art. 192 T.U. Ambiente, parte della giurisprudenza ritiene che: “n via preliminare, va precisato che non sussiste il vizio di incompetenza (sul punto cfr. TAR Basilicata Sentenze n. 388 del 9.7.2008 e n. 198 dell'11.5.2012), in quanto ai sensi dell'art. 107, comma 5, D.Lg.vo n. 267/2000 "a decorrere dall'entrata in vigore del presente Testo Unico" (cioè dal 13.10.2000) "le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al Capo I del Titolo III" (cioè il Consiglio Comunale, la Giunta Comunale ed il Sindaco: cfr. artt. 36-54) "l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai Dirigenti, salvo quanto previsto dall'art. 50, comma 5, e dall'art. 54. Pertanto, poiché la fattispecie in esame non rientra nell'ambito oggettivo delle Ordinanze contingibili ed urgenti di cui agli artt. 50, comma 5, e art. 54, comma 2, D.Lg.vo n. 267/2000, va inquadrata nell'ambito dell'art. 14, comma 3, D.Lg.vo n. 22/1997 (ora sostituito dall'art. 192, comma 2, D.Lg.vo n. 152/2006), in quanto l'Ordinanza dirigenziale, impugnata con il ricorso in commento, assume la configurazione di un atto vincolato rientrante nell'ordinaria gestione amministrativa. Ed il principio stabilito dall'art. 107, comma 5, D.Lg.vo n. 267/2000 si applica anche alle norme emanate successivamente all'entrata in vigore del D.Lg.vo n. 267/2000 e perciò anche all'art. 192, comma 3, D.Lg.vo n. 152/2006, in quanto ai sensi dell'art. 1, comma 4, D.Lg.vo n. 267/2000 "le Leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente Testo Unico, se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni” (T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 21.06.2013, n. 363), ed ancora:la competenza ad adottare ordinanze di rimozione di rifiuti abbandonati in base all’art. 192, comma 3, d.lg. 3 aprile 2006 n. 152 spetti al dirigente e non al Sindaco, in virtù del principio della separazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni gestionali, di cui all’art. 107, T.U. delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali, d. lg. 18 agosto 2000 n. 267” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 10.02.2012, n. 730), oltre a: “Con il secondo motivo d'appello viene dedotta l'erroneità della gravata sentenza, per non aver rilevato l'incompetenza del Dirigente comunale ad emanare provvedimenti ex art. 14 D.Lgs. n. 22/1997, asseritamente di competenza del sindaco. La censura non coglie nel segno. Ed invero, dopo l'entrata in vigore del t.u. enti locali (D.Lgs. n. 267/2000), la più recente e perspicua giurisprudenza anche di questa Sezione ha avuto modo di precisare che il provvedimento in questione rientra nella competenza del responsabile dell'area tecnica, e non del sindaco. Infatti, la lettura della disposizione di cui al 3º comma dell'art. 14 del d.lgs. n. 22/1997 che attribuisce al sindaco la possibilità di emanare ordinanze di ripristino dello stato dei luoghi, deve tenere in considerazione l' art. 107, comma 5, t.u. enti locali, secondo cui le disposizioni che conferiscono agli organi di governo del comune e della provincia "l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti..."; pertanto, la competenza ad emettere l'ordinanza di rimozione dei rifiuti in un'area interessata da deposito abusivo, spetta al dirigente dell'ufficio tecnico comunale a ciò preposto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 2009 n. 3765” (Consiglio di Stato, sez. V, 10.09.2012, n. 4790), nonché: “l’ordinanza con la quale l’amministrazione comunale ingiunge di provvedere a redigere un programma di smaltimento, rimozione, ed avvio al recupero o allo smaltimento di rifiuti, e al ripristino dello stato dei luoghi, in applicazione dei poteri attribuiti dall’art.14, d.lg. n. 22 del 1997, è di competenza del dirigente, in quanto lo stesso art. 14 (che attribuisce bensì’ al Sindaco, quale capo dell’amministrazione locale e non in veste di ufficiale di governo, la competenza ad emettere l’ordinanza de qua) va coordinato con l’art. 107, commi 2 e 5, d.lg. n. 267 del 2000” (T.A.R. Veneto, Venezia, sez. III, 24.01.2006, n. 130, ma si vedano anche T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 04.10.2012, n. 457; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 02.01.2012, n. 6; Cons. Stato, sez. V, 12.06.2009, n. 3765; T.A.R., Lombardia, Milano, sez. IV, 10.06.2009, n. 3942; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. II, 13.10.2009, n. 6453; T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. II, 04.11.2009, n. 1598; T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 31.03.2009; Cass. penale, sez. III. 15.06.2006, n. 23930; T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. III, 24.01.2005, n. 104.).

 Al contrario, altra parte della giurisprudenza, a cui il T.A.R. Veneto sembra aderire, ritiene che la competenza del Sindaco sancita dall’art. 192 D. Lgs. 152/2006 “prevalga” sulla disposizione dettata dall’art. 107 TUEL in forza del principio lex posterior specialis derogat anteriori generali: “stabilisce, infatti, il comma 3 dell'art. 192 del d.lgs. 152 del 2006 che chiunque viola i divieti di abbandono e deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo, "è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate." Tale norma, che sancisce la competenza sindacale in luogo di quella dirigenziale, viene interpretata, dalla giurisprudenza maggioritaria, quale norma speciale rispetto all'art. 107 del T.U. enti locali (che affida ai dirigenti i compiti relativi alla gestione delle attribuzioni amministrative dell'ente locale) (cfr. ex multis, Cons. St., sez. V, 29 agosto 2012, n. 4635; id., sez. V, 12 giugno 2009, n. 3765; id., sez. V, 10 marzo 2009, n. 1296; ord. sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061); Tar Lazio, sez. II, 01 febbraio 2013 n. 1142; Tar Salerno, sez. I, 17 settembre 2012 n. 1644; Tar Brescia, sez. I, 09 giugno 2011, n. 867). Infatti, non può essere accolta la tesi, ormai minoritaria in giurisprudenza, in base alla quale essendo tale norma, in parte qua, riproduttiva del precedente art. 14, d.lgs. n. 22 del 1997, essa andrebbe applicata nell'interpretazione datane dalla giurisprudenza che attribuisce la relativa potestà ordinatoria ai dirigenti, in base all'ordine di competenze, fra livello dirigenziale e politico, delineato dall'art. 107 T.U. Enti locali. Tale costrutto logico non è condivisibile (cfr. Cons. St. 3675/2009) perché:

a) è insuperabile il dato testuale dell'art. 192, co. 3, secondo periodo, che fa riferimento espresso al " Sindaco";

b) trova applicazione, per il caso di conflitto apparente di norme, il tradizionale canone ermeneutico lex posterior specialis derogat anteriori generali;

c) lo stesso art. 107, co. 4, ha cura di precisare che "Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'art. 1, co. 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative", che è quanto verificatosi a seguito dell'entrata in vigore della norma sancita dall'art. 192, co. 3, cit., sicuramente speciale rispetto all'ordine generale di competenze previsto dall'art. 1, co. 4, e 107, co. 2, T.U. enti locali” (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 04.06.2013, n. 1218, ma si veda anche recentemente T.A.R. Catanzaro, Calabria, sez. I, 07.05.2013, n. 514; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 01.02.2013, n. 1142; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 17.09.2012, n. 1644; T.A.R Lombardia, Brescia, sez. I, 09.06.2011, n. 867).

 A modesto avviso di chi scrive, però, tali assunti potrebbero essere smentiti proprio dall’art. 1, comma 4, D. Lgs. 152/2006 secondo cui: “Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”.

Nel caso di specie, infatti, non contenendo l’art. 192 D. Lgs. 152/2006 una espressa deroga al tradizionale criterio di riparto delle competenze delineato dal TUEL, si può (forse) affermare la competenza del dirigente comunale nell’adottare le ordinanze di rimozione dei rifiuti, come sottolineato anche da attenta giurisprudenza (vedi T.A.R. Basilicata, sez. I, 11 maggio 2012, n. 198).

 dott. Matteo Acquasaliente

TAR Sicilia, Palermo n. 1218 del 2013

TAR Basilicata n. 363 del 2013

La Regione Veneto approva gli indirizzi applicativi in materia di appostamenti di caccia

30 Ott 2013
30 Ottobre 2013

La Giunta regionale del Veneto, ha approvato in data 28 ottobre le disposizioni in materia di appostamenti per la caccia e nello specifico gli indirizzi applicativi in materia di titoli edilizio e paesaggistico per la realizzazione di strutture adibite ad appostamento per l’esercizio della caccia, che si è inteso emanare a seguito della recente Legge Regionale numero 23 del 24 settembre scorso.

Nelle seguenti tabelle si riassume il contenuto della disciplina in questione :

“TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO          TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per appostamento precaria/temporanea ai sensi dell’articolo 3 della L.R. 23/2013

Struttura rimossa entro 90 giorni dall’allestimento: comunicazione al Comune;

Struttura rimossa oltre i 90 giorni dall’allestimento: DIA Autorizzazione paesaggistica: procedimento semplificato ai sensi dell’allegato 1, punto 39, del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per la caccia da appostamento agli ungulati, purché in presenza dei requisiti di cui all’articolo 20 bis, comma 3, della L.R. 50/1993

Comunicazione al Comune Non occorre l’autorizzazione paesaggistica

I requisiti dettati dall’articolo 20 bis, comma 3, della L.R. 50/1993 prevedono che dette strutture siano realizzate interamente in legno, abbiano il piano di calpestio, ovvero di appoggio, posto al massimo a nove metri dal piano di campagna, abbiano l’altezza massima all’eventuale estradosso della copertura pari a dodici metri e abbiano una superficie del piano di calpestio o di appoggio non superiore ai tre metri quadrati, siano privi di allacciamenti e di opere di urbanizzazione e comunque non siano provvisti di attrezzature permanenti per il riscaldamento.

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per la caccia da appostamento ai colombacci

Comunicazione al Comune purché in presenza dei requisiti di cui all’articolo 20 bis, comma 3bis, della L.R. 50/1993, che prevedono che le strutture siano correttamente mimetizzate e siano realizzate, secondo gli usi e le consuetudini locali, in legno e metallo, di altezza non superiore il limite frondoso degli alberi e che siano prive di allacciamenti e di opere di urbanizzazione e che comunque non siano provviste di attrezzature permanenti per il riscaldamento.

Autorizzazione paesaggistica:

1) procedimento semplificato ai sensi dell’allegato 1, punto 39, del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139 qualora la struttura abbia i requisiti di precarietà e temporaneità di cui ai punti 1 e 2 della lettera A) del presente allegato (Strutture precarie/ temporanee);

 2) procedura ordinaria qualora la struttura abbia carattere fisso; in tale caso si richiama quanto previsto alla lettera C) del presente allegato.

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per appostamento di caccia in territorio a gestione programmata vallivo lagunare Comunicazione al Comune competente   Nessuna autorizzazione

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per appostamento rimossa giornalmente   Nessuna autorizzazione né comunicazione Nessuna autorizzazione

Appostamenti che non costituiscono opera edilizia

Non costituiscono struttura/opera edilizia e pertanto non sono assoggettati alla disciplina vigente in materia edilizia e paesaggistica, quegli appostamenti approntati esclusivamente mediante l’assemblaggio di elementi vegetali naturali (rami, frasche, canne), senza l’impiego di alcun materiale costruttivo (metallo, mattone,ecc.) appoggiati e non ancorati al terreno e privi di qualsiasi basamento

Strutture fisse.

Le strutture per la caccia da appostamento che non rientrano né tra le strutture precarie/temporanee, né tra le strutture soggette ad apposita disciplina (ungulati, colombacci, appostamenti in territorio a caccia programmata lagunare vallivo, appostamenti giornalieri), né tra gli appostamenti che non costituiscono opera edilizia, si configurano quali interventi soggetti alle disposizioni vigenti in materia edilizia e, nel caso ricadano in aree tutelate dal Decreto Legislativo n.42/2004, alle disposizioni vigenti in materia paesaggistica”.

Appena disponibile, seguirà la pubblicazione della Deliberazione della Giunta Regionale.

Dott.ssa. Giada Scuccato

D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59: DGRV 1775 del 2013 con i primi indirizzi in materia di autorizzazione unica ambientale (A.U.A.).

30 Ott 2013
30 Ottobre 2013

Sul Bur n. 91 del 29 ottobre 2013 è stata pubblicata la Deliberazione della Giunta Regionale n. 1775 del 03 ottobre 2013, recante "D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59. Primi indirizzi in materia di autorizzazione unica ambientale (A.U.A.)".

Si legge nelle note per la trasparenza: "Con il d.P.R. 13 marzo 2013, n. 59, a decorrere dal 13 giugno 2013, è stata introdotta nel panorama legislativo l'autorizzazione unica ambientale (A.U.A.). In attesa che vengano fugati i dubbi interpretativi e le problematiche applicative emerse nella prima fase dispositiva della normativa in argomento, si ritiene utile, in questo stadio, fornire delle indicazioni per accompagnare il processo di attuazione del regolamento in parola".

DGRV 1775 del 2013

Convegno su “Le gare per l’affidamento di servizi assicurativi”: Università di Padova 8 novembre 2013

30 Ott 2013
30 Ottobre 2013

L'Università di Padova e l'A.I.D.A. organizzano un convegno  su "Le gare per l’affidamento di servizi assicurativi", il giorno 8 novembre 2013 - ore 15.00-19.00 presso il Palazzo del Bò, Aula E, Via VIII febbraio, 2 – Padova.

Presiede il dott. Bruno Amoroso, Presidente del TAR del Veneto, relatori il prof. Gianluca Romagnoli dell'Università di Padova, il dott. Riccardo Savoia del TAR Veneto,   la prof. Chiara Cacciavillani dell'Università di Padova, il prof. Giovanni Sala del'Università di Verona, l'avv. Nicola Creuso e l'avv. Stefano Bigolaro. Le conclusioni saranno affidate al prof. Vittorio Domenichelli dell'Università di Padova.

La partecipazione e gratuita e comporta 4 crediti per gli avvocat.

PIEGHEVOLE Padova 8 novembre 2013

MANIFESTO 8 novembre 2013


La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22 della LR 50/2012 nella parte in cui non prevede la verifica di assoggettabilità per i centri commerciali di medie dimensioni

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

La sentenza della Corte Costituzionale è la n. 251 del 2013: "Nel merito, la questione avente ad oggetto l’art. 22 è fondata, nei termini di seguito precisati.

Il legislatore regionale prevede esplicitamente la VIA o la verifica di assoggettabilità a VIA per le «grandi strutture di vendita», aventi superficie superiore ai 2.500 metri quadrati, laddove il legislatore statale richiede che le medesime procedure di VIA o di verifica di assoggettabilità riguardino tutti i «centri commerciali» (d.lgs. n. 152 del 2006, Allegato IV alla Parte II, punto 7, lettera b). Orbene, ai sensi della normativa statale, i centri commerciali sono definiti come strutture di vendita di medie e grandi dimensioni, nelle quali più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente (art. 4, comma 1, lettera g, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 – Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59). Pertanto, la disposizione regionale impugnata si riferisce a una categoria di esercizi commerciali, quella delle grandi strutture di vendita, diversa da quella utilizzata dal legislatore statale. Per alcuni aspetti essa è più ampia, perché al suo interno annovera anche le grandi strutture che non possono essere definite centri commerciali, in quanto non ricomprendono una pluralità di esercizi; per altri aspetti, però, essa è più restrittiva, perché non include i centri commerciali di medie dimensioni.

Posto che la disciplina della VIA rientra senza alcun dubbio nella tutela dell’ambiente di competenza esclusiva dello Stato (sentenze n. 221 del 2010 e n. 234 del 2009), ne consegue che la disposizione regionale impugnata, discostandosi da quanto previsto dal d.lgs. n. 152 del 2006, Allegato IV alla Parte II, punto 7, lettera b), è costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nella parte in cui non include tra le strutture soggette a verifica di assoggettabilità (a VIA) i centri commerciali di medie dimensioni".

sentenza Corte Costituzionale 251 del 2013

Quando il Comune ha acquisito la proprietà di un immobile abusivo con atti diventati inoppugnabili, l’ex proprietario non ha interesse a impugnare gli avvisi di vendita e non può chiedere altri termini

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 1209 del 2013 esamina un caso nel quale il Comune è diventato proprietario di un immobile ai sensi dell'art. 31 del DPR 380 del 2001 (immobile abusivo del quale era stato ordinata la demolizione con ordinanza che non è stata ottemperata) e ha deciso di venderlo. La sentenza precisa che, se gli atti che hanno portato all'acquisizione della proprietà da parte del Comune sono diventati inoppugnabili, il vecchio proprietario non ha interesse a impugnare gli avvisi di vendita.

Gli atti diventato inoppugnabili quando sono scaduti i termini per presentare ricorso oppure quando i ricorsi sono stati decisi in modo definitivo e non più impugnabile ulteriormente con i mezzi ordinari.

Scrive il TAR: "Come ricorda parte resistente nelle more del presente ricorso è, tuttavia, intervenuta la pronuncia del Consiglio di Stato n. 3854/2011 che ha confermato la pronuncia dei Giudici di primo grado, ribadendo la legittimità dell’ordinanza di rimessione in pristino sopra citata e, nel contempo, dei successivi provvedimenti emanati dal Comune di Zevio, tra i quali va ricordato il provvedimento di immissione nel possesso. Il Comune pertanto, ad oggi, ha acquisito la proprietà dell’immobile con atti che sono divenuti oramai inoppugnabili. E’ pertanto del tutto evidente come l’acquisizione della proprietà, e l’inoppugnabilità degli atti procedimentali, hanno di fatto determinato il venir meno, nei confronti del ricorrente, dell’interesse ad ottenere una pronuncia di accertamento dell’illegittimità degli avvisi di vendita. Detta carenza di interesse è immediatamente evincibile laddove si consideri che anche qualora questo Tribunale dovesse pronunciare l’illegittimità degli atti impugnati il ricorrente non potrebbe più riacquistare la proprietà degli immobili.”; atteso che con successiva diffida il ricorrente ha intimato al Comune di provvedere nuovamente all’esito della richiesta di sanatoria presentata, al fine dell’assegnazione di un ulteriore termine per provvedere, stante la sopravvenuta inefficacia ex lege dell’originaria ordinanza di demolizione, per effetto dell’avvenuta presentazione dell’istanza di sanatoria; che con il presente ricorso viene chiesta la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione in ordine alla suddetta richiesta e la conseguente illegittimità degli atti con i quali l’amministrazione ha dato avvio alla procedura per la vendita, mediante trattativa privata, del bene in contestazione; ritiene il Collegio che il ricorso non possa trovare accoglimento, per le medesime considerazioni già svolte in occasione della richiamata pronuncia n. 641/2012, stante l’intervenuta perdita della proprietà del bene da parte del ricorrente, circostanza questa che, essendo stato dichiarato perento il ricorso in precedenza proposto avverso l’immissione in possesso e trascrizione nei registri immobiliari a favore del Comune, risulta ormai definitivamente consolidata; che quindi il bene risulta ad oggi ed ad ogni effetto di proprietà del Comune, di modo che nessuna ulteriore determinazione può essere operata dall’amministrazione con riguardo alle pregresse vicende che hanno caratterizzato la controversia intercorsa fra le parti per l’abuso contestato;che eventuali censure relative alla sopravvenuta inefficacia dell’originaria ordinanza di rimessione in pristino avrebbero dovuto essere dedotte avverso gli atti con i quali il Comune aveva disposto l’immissione nel possesso dei beni, ma che in occasione del ricorso avverso tali atti proposto non sono state formulate, mentre, come sopra ricordato, il suddetto gravame è comunque perento, con relativa declaratoria ormai divenuta inoppugnabile; ne deriva quindi, come osservato correttamente dalla difesa resistente, che anche nell’ipotesi in cui detta immissione in possesso fosse stata viziata per mancata riedizione dell’ordine di rimessione in pristino dopo il rigetto dell’istanza di sanatoria, detta illegittimità avrebbe dovuto essere evidenziata in occasione del ricorso proposto avverso gli atti che hanno consentito al Comune di acquisire la proprietà del bene; ritenuto che una diversa conclusione costituirebbe un’inammissibile revisione delle pronunce ormai divenute definitive e degli atti per effetto delle stesse divenuti inoppugnabili, risultando così contraria alla certezza della situazione di diritto ormai consolidatasi con l’acquisizione in proprietà del bene da parte del Comune, il quale, proprio in qualità di proprietario, ha disposto l’alienazione con i provvedimenti contestualmente qui impugnati".

sentenza TAR Veneto 1209 del 2013

Le controversie in materia di canalette di scolo spettano alla giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 1212 del 2013.

Scrive il TAR: "le Sezioni Unite hanno costantemente affermato che la giurisdizione di legittimità in unico grado attribuita al Tribunale superiore delle acque pubbliche con riferimento ai "ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche", sussiste quando i provvedimenti amministrativi impugnati incidano direttamente sul regime delle acque pubbliche, nel senso che concorrano, in concreto, a disciplinare la gestione e l'esercizio delle opere idrauliche o a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse od a stabilire o modificarne la localizzazione o a influire nella loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti (cfr. Cass., Sez. Un., n. 27528/08 e 10848/09). Nello stesso senso il Cons. di Stato (Cons. di Stato, n. 928 - 21 febbraio 2012 - Sez. V che conferma T.A.R. Molise 6 giugno 2007 n. 496). Nel caso di specie, è pacifico che il progetto definitivo approvato con le delibere in questa sede impugnate riguardi direttamente complessi lavori di sistemazione e messa in sicurezza della rete scolante di Tavo di Vigodarzene (della quale fa parte la nuova canaletta in discussione), cosicchè le relative censure, stante l'incidenza diretta sul regime delle acque pubbliche (confermata dal carattere tecnico idraulico delle censure) rientrano nella speciale sfera riservata al Tribunale predetto. In particolare, va evidenziato che l’opera idraulica in questione va considerata unitariamente al più ampio progetto di sistemazione della rete idrografica regionale del quale fa parte (come da accordo di programma del 2010), progetto di considerevole rilievo per l’assetto idrogeologico regionale. Inoltre, i canali di bonifica risistemati o nuovamente realizzati verranno acquisiti al demanio idrico comunale, per essere destinati ad un uso di pubblico interesse. Pertanto, non essendo le opere in questione riferibili direttamente al sistema fognario comunale, come riduttivamente asserito dal difensore dei ricorrenti in sede di discussione, non appare conferente il richiamo, dal medesimo difensore effettuato, alla sentenza della Cass. n. 14883/2012. Inoltre, sempre con riferimento agli argomenti avanzati dalla parte ricorrente in sede di discussione, si osserva che il presente ricorso non ha direttamente ad oggetto questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione dell’accordo di programma, sottoscritto dalle amministrazioni interessate nel 2010, così che non si giustifica l’attrazione della presente controversia alla giurisdizione esclusiva del TAR ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, c.p.a. . In conclusione il Collegio ritiene che difetti la giurisdizione in capo al giudice amministrativo spettando essa al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto n. 1212 del 2013

Il Sindaco non può annullare gli atti dei dirigenti e un regolamento comunale non può prevedere tale potere

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

Segnaliamo sulla questione la sentenza del Consiglio di Stato n. 4778 del 2013.

Scrive il Consiglio di Stato: "l’appellante ha denunciato l’illegittimità dell’impugnato provvedimento sindacale, prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, di annullamento in autotutela della precedente determinazione n. 348 del 31 luglio 2001, per l’incompetenza del sindaco.
5.1. Giova al riguardo rilevare che l’art. 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, aveva già stabilito, al comma 2, che “spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti che si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti”, aggiungendo al successivo terzo comma che  “spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservano agli organi di governo dell’ente. Sono ad essi attribuiti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dall’organo politico, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente:…b) la responsabilità delle procedure di appalto e di concorso”. Tale disposizione ha trovato conferma nell’art. 107 del D. Lgs, 18 agosto 2000, n. 267, laddove è stato previsto al comma 4 che “le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative” e al comma 5 che, “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dall’art. 54”. Il principio contenuto nei ricordati articoli 51 della l. n. 142 del 1990 e 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000, circa il riparto tra compiti di governo, di indirizzo e di controllo, spettanti agli organi politici elettivi, e compiti di gestione, spettanti ai dirigenti, costituisce “struttura fondante dell’intera riforma delle autonomie locali” (C.d.S., sez. V, 15 novembre 2001, n. 5833), di per sé immediatamente applicabile senza la necessità dell’interposizione di fonti secondarie, cui spetta soltanto la determinazione delle modalità di esercizio della competenza, comunque indefettibile e tale da non tollerare impedimenti e soluzioni di continuità (C.d.S., sez. V, 23 marzo 2000, n. 1617; 21 novembre 2003, n. 7632). Su un piano più generale è stato sottolineato che, a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, ai dirigenti è stata attribuita la competenza esclusiva nella gestione dell’attività amministrativa, compresa l’adozione degli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, mentre agli organi di governo sono rimaste le funzioni di indirizzo politico, aggiungendosi che, con specifico riferimento agli enti locali, proprio l’art. 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000 dispone che gli statuti ed i regolamenti si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e controllo politico – amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica compete in via esclusiva ai dirigenti (C.d.S., sez. V, 16 ottobre 2004, n. 6029; 5 ottobre 2005, n. 5312; 10 dicembre 2012, n. 6277), con la precisazione che l’attività di indirizzo, riservata agli organi elettivi o politici del comune, si risolve nella fissazione delle linee generali da seguire e degli scopi da perseguire con l’attività di gestione (C.d.S., sez. V, 9 settembre 2005, n. 4654).
5.2. Sulla scorta di tale substrato normativo (e giurisprudenziale) il sindaco del Comune di Avetrana non poteva adottare, come invece è avvenuto, la disposizione prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, di annullamento, in autotutela, della determinazione n. 348 del 31 luglio 2001 e, conseguentemente, dell’intera procedura del concorso pubblico per titoli ed esami per l’assunzione di un istruttore contabile, trattandosi di un’attività di gestione, non appartenente come tale ai compiti di governo, indirizzo e controllo propri di un organo politico, quale appunto è il sindaco. Questi invero, proprio nell’esercizio dei predetti poteri di indirizzo e controllo, avrebbe potuto - e dovuto - sollecitare, anche sulla scorta degli indirizzi forniti dall’organo giuntale, il responsabile del servizio ovvero il dirigente competente all’adozione degli atti opportuni e necessari a rimuovere la pretesa illegittimità verificatasi nella procedura concorsuale in esame, così rispettando il fondamentale ed insuperabile principio di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione (potendo del resto eventualmente utilizzare nei confronti del funzionario o del dirigente, riottoso o inadempiente, gli ordinari poteri
disciplinari fino a giungere anche alla rimozione dall’incarico o dalla funzione). Né, a fondamento della sussistenza del potere esercitato nel caso in esame, possono invocarsi, come indicato nel provvedimento impugnato, l’articolo 50, comma 3, del D. Lgs. n. 267 del 2000 e l’art. 44, ultimo comma, del Regolamento recante l’ordinamento degli uffici e dei servizi del Comune di Avetrana (quest’ultimo nella parte in cui autorizza il sindaco ad annullare, di propria iniziativa o su istanza di parte, per motivi di legittimità gli atti dei responsabili dei servizi degli organi dell’amministrazione).
Sotto un primo profilo deve infatti osservarsi che, se è vero che il ricordato terzo comma dell’art. 50 del D. Lgs. n. 267 del 2000 stabilisce che il sindaco esercita le funzioni attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti, è altrettanto vero che tale norma fa espressamente salvo quanto stabilito dall’articolo 107 che, come già si è avuto modo di osservare, delimita e distingue nettamente l’attività politica da quella di gestione, attribuendo solo ai dirigenti quest’ultima, in cui è  espressamente ricompresa, secondo l’esemplificativa normativa, la “responsabilità delle procedure di concorso”, formulazione in cui deve farsi ragionevolmente rientrare, anche per coerenza sistematica, l’eventuale esercizio del potere di autotutela. A ciò consegue, sotto altro concorrente profilo, che nessun autonomo rilievo può essere attribuito alla previsione contenuta nell’articolo 44 del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, approvato con delibera della Giunta comunale n. 640 del 22 novembre 1999, da ritenersi tacitamente abrogata o comunque inapplicabile per effetto della disposizione contenuta nel quinto comma dell’articolo 107 del più volte citato D. Lgs. n. 267 del 2000, secondo cui “A decorrere dall’entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dell’art. 54”. Ciò senza contare che ad identiche conclusioni del resto si giunge anche disapplicando la predetta norma regolamentare, proprio a causa del suo insanabile contrasto con il disposto legislativo primario, essendo appena il caso di rilevare che la disapplicazione della norma secondaria regolamentare, al fine della decisione sulla legittimità del provvedimento amministrativo impugnato, è in questi casi (di macroscopico contrasto con la norma primaria) consentita al giudice amministrativo, a prescindere dall’impugnazione congiunta del regolamento e quindi anche in mancanza di richiesta delle parti (C.d.S., sez. V, 25 settembre 2006, n. 5625; 11 maggio 2004, n. 2966; 13 novembre 2002, n.6293; sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2142; sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5098)".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4778 del 2013

© Copyright - Italia ius | Diritto Amministrativo Italiano - mail: info@italiaius.it - Questo sito è gestito da Cosmo Giuridico Veneto s.a.s. di Marangon Ivonne, con sede in via Centro 80, fraz. Priabona 36030 Monte di Malo (VI) - P. IVA 03775960242 - PEC: cosmogiuridicoveneto@legalmail.it - la direzione scientifica è affidata all’avv. Dario Meneguzzo, con studio in Malo (VI), via Gorizia 18 - telefono: 0445 580558 - Provider: GoDaddy Operating Company, LLC