28 Agosto 2012
Evviva, evviva ….. sono estasiato dall’intenso sforzo con cui la Regione Veneto – malgrado il periodo festivo – promulga norme di equità edilizia e di salvaguardia del territorio e dell’ambiente!
Mi riferisco a due norme in particolare:
la Legge Regionale 36 del 10 agosto 2012, pubblicata sul BUR il 17.08.2012, e la Legge Regionale 34 sempre del 10 agosto e sempre compresa nel medesimo BUR.
Ma andiamo con ordine.
Con la Legge Regionale 34, si mette mano al vetusto e sopravvissuto articolo 76 della L.R. 61/1985 (Legge oggetto – almeno da parte mia - di sentiti rimpianti), nella parte in cui si classificano gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo.
La modifica – non di poco conto – prevede che siano considerati alla stregua di manutenzione straordinaria anche la trasformazione di una singola unità immobiliare in più unità e – viceversa – anche l’aggregazione di più unità immobiliari.
Però c’è una limitazione: non tutti gli interventi siffatti sono ammissibili, ma solo a condizione che non si intervenga sulle parti comuni, e che non avvenga un cambio d’uso (ci mancherebbe altro!).
Ma allora, quello che fin’ora era soggetto a Permesso di Costruire, d’un botto passa quale attività libera, senza che si adombri nemmeno la possibilità di farlo rientrare in altro titolo edilizio.
La questione non è di poco conto, specificatamente in relazione a Norme di livello superiore ed in fatto di materia concorrente fra Stato e Regioni, dato che – modestamente – rilevo nella norma un palese ed evidente contrasto con quanto prescritto dall’articolo 10, comma 1°, lettera c) del D.P.R. 380/2001, quando indica esplicitamente il subordino al Permesso di Costruire per gli “….interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo del tutto o in parte diverso dal precedente, e che comportino aumento delle unità immobiliari…. “!!
E’ pur vero che il comma 2° del medesimo articolo sancisce la potestà – in capo alle Regioni – di dettare norme che indichino quali siano i “…… mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o loro parti, subordinate a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività …..”, ma ho sempre inteso che tale facoltà regionale fossa rivolta a dirimere l’annosa questione del cambio di destinazione d’uso con o senza opere, dato che si parla specificatamente di “uso di immobili”.
Sono ancora convinto che tale facoltà non legittimi l’azione normativa ora intrapresa dalla Regione Veneto (scimmiottando pari norma adottata dalla Regione Lombardia).
Veniamo ora alla seconda norma edilizia adottata: una piccola chicca.
La Legge regionale 36 modifica gli articoli 2 e 9 della Legge Regionale 14/2009 (Piano Casa), spostando dall’articolo 9 l’indicazione della possibilità – per gli edifici ad uso prima abitazione in zona agricola – di calcolare l’ampliamento sulla volumetria massima assentibile (i famosi mc. 800), ed inserendo tale indicazione all’articolo 2, come “comma 4bis”, ma con una piccola e sostanziosa aggiunta:
per i soli edifici composti da due unità immobiliari, anche se sovrapposte, la volumetria massima assentibile (cioè sempre i famosi mc. 800) è riferita a ciascuna unità immobiliare e non all’intero edificio.
Mi sorge un dubbio: ma non avevamo sempre respinto – fin dalla gloriosa Legge Regionale 24/12985 - l’ipotesi che l’ampliamento fino a mc. 800 potesse essere riferito alle singole unità immobiliari, in modo tale da evitare artificiose gemmazioni dell’edificato?
Ed ancora, mi auguro che per “unità immobiliare” si intenda quella destinazione residenziale (ma perché non l’hanno scritto?), dato che – come è ampiamente noto – anche l’autorimessa è una unità immobiliare: lasciare laschi interpretativi in pasto a professionisti dotati di fervida immaginazione, è molto pericoloso nel campo edilizio.
Ma vorrei fare un piccolo esempio pratico di applicazione di questa nuova norma, che – a mio avviso – rende l’idea comprensibile molto di più di tanti commenti:
Ipotizziamo di operare a Cortina (da un lato perchè origine della vicenda giuridica relativa alla volumetria massima ammissibile relativamente al Piano Casa, e dall’altro perche luogo da sempre oggetto di lucruosi interventi edilizi).
La preesistenza è costituita da un piccolo edificio isolato, su due piani, con due identiche abitazioni (al piano terra ed al piano primo), ognuna della superficie lorda di mq. 70,00 e del volume lordo di mc. 210,00.
Prima della venuta della nuova norma, la Legge Regionale 14/2009 Piano Casa permetteva per tale immobile – se prima abitazione – un ampliamento complessivo (riferito all’edificio e non alle unità immobiliari) tale da portare l’immobile a totali mc. 960,00 (cioè attuali mc. 420,00, ammissibili mc. 800,00, ampliamento del 20% su mc. 800,00 = mc. 160), corrispondenti a circa nr. 4 unità immobiliari da mq. 70: in sostanza dalle due unità originarie era possibile operare un raddoppio di altre due unità delle medesime caratteristiche (rispondente ad una logica di dare alloggio ai figli dello stesso nucleo familiare).
Ben diversa è la questione se l’intervento viene previsto con la normativa attuale:
l’ampliamento, compreso l’esistente, pari a mc. 960,00 (cioè gli 800,00 mc. ammissibili più il 20%) riguarda ogni singola unità e non più il complesso dell’edificio, per cui è possibile realizzare un intervento che porti ad un volume complessivo pari a mc. 1.920,00: siamo quindi passati, in un sol colpo, da un edificio composto da nr. 2 unità residenziali di mq. 70,00, ad un edificio composto da nr. 9 unità immobiliari di mq. 70,00, e tutto questo in zona agricola!!...... nel nostro esempio a Cortina ……… direi un intervento alquanto appetibile commercialmente, certamente non volto a risolvere esigenze residenziali di familiari.
Ma oltre a tale aspetto, volevo sottolineare la peculiarità specifica della norma: si applica solo ed esclusivamente ad immobili composti da due unità immobiliari; ed il cittadino che nel proprio edificio di unità ne ha 3, magari piccole, ed ha effettivamente esigenze residenziali familiari? Sembrerebbe non poter partecipare a tale agevolazione edificatoria……. a meno che non applichi preventivamente la nuova norma di cui alla L.R. 34/2012, per cui – mediante intervento di edilizia libera – riunisce due unità immobiliari in una singola e così – avendo portato l’edificio da tre a due unità immobiliari – rientra nei nuovi criteri.
Ad ognuno le proprie considerazioni, ma resta di fatto la constatazione che produrre normative urbanistiche di dettaglio e specifiche, seppur originate da buoni intenti, ma prive di un’ossatura di ampio respiro e di una inquadratura generale, non aiuta ad uno sviluppo urbanistico coordinato, né garantisce principi di equità e trasparenza dell’azione amministrativa di tutela e gestione del territorio.
dott. Salvatore Abbate
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