28 Dicembre 2021
La sentenza del Consiglio di Stato n. 8348/2021 interessa in modo particolare il Veneto e il Nord-Est, dove ancora sorgono oltre 4000 “ville venete”, cui quasi sempre si affiancano le tradizionali “barchesse”.
Queste ultime sono strutture nate secoli fa per usi agricoli, ma spesso adibite nel tempo ad altri usi.
Nel caso deciso in questa sentenza, la barchessa – dopo l’originario uso agricolo - era stata destinata nel corso del '900 e per decenni ad usi produttivi, e così classificata anche nel catasto. Poi, cessato anche l’uso produttivo - e in realtà qualsiasi uso - la barchessa era stata riclassificata in catasto a depositi e magazzini; e infine è stata venduta e trasformata in albergo.
Il Comune ha dunque richiesto per tale cambio d’uso gli oneri per la nuova destinazione turistico-ricettiva, ma ha assunto come destinazione di partenza una destinazione che la barchessa mai ha avuto: quella residenziale. Ciò in base a una sua asserita natura di “pertinenza” della villa, della quale condividerebbe pertanto la destinazione residenziale.
Il TAR ha avallato questa impostazione, che il Consiglio di Stato ora conferma.
Ma in che senso le barchesse sarebbero pertinenze di qualcosa?
La sentenza del Consiglio di Stato si smarca subito dal concetto civilistico di “pertinenza” (art. 817 codice civile), che del resto – nel caso concreto – neppure poteva ravvisarsi, data la diversità dei proprietari di villa e barchessa.
Richiama invece la nozione di “pertinenza urbanistica”, che però è sempre stata riferita a strutture di modesta dimensione e non suscettibili di autonoma utilizzazione: caratteristiche non riferibili alle barchesse delle ville venete, di dimensioni sempre importanti (spesso più grandi delle ville stesse), e senz’altro utilizzabili per conto loro.
Nonostante ciò, c’è un’idea alla base della sentenza che non viene messa in discussione: la barchessa va considerata attratta alla destinazione della villa perché ne è pertinenza.
Non importano le destinazioni produttive pregresse, anche se documentate, perché non ci sono più e sono superate anche a livello formale dalla successiva classificazione catastale a magazzini-depositi. E in realtà non rileva neanche quest’ultima, che essendo “neutra” non sottrae il fabbricato alla sua natura di pertinenza rispetto alla villa. E, last but not least, non conta neppure che la barchessa un uso residenziale non lo abbia avuto mai.
Ma, allora, da dove deriva la natura di pertinenza? In realtà finisce per essere una petizione di principio, e la contraddizione rimane. Perché delle due l’una: se la barchessa ha una funzione “servente” rispetto alla villa, e ne condivide per questo la destinazione, allora si ricade nel concetto di pertinenza civilistica, che però la sentenza esclude e che comunque è inapplicabile nel caso specifico; se invece la barchessa va considerata una pertinenza urbanistica, come si sostiene nella sentenza, allora non si rientra nella nozione elaborata dalla giurisprudenza amministrativa.
Né sembrano sufficienti a dimostrare che si tratta di pertinenza (e di che tipo?) le espressioni usate dal decreto di vincolo (villa “con le sue notevoli pertinenze agricole”), che hanno solo fini descrittivi e vincolistici.
Probabilmente la decisione del Consiglio di Stato deriva da una certa difficoltà di inquadrare ciò che sono state e che rappresentano le “ville venete” e le loro “barchesse”.
Resta il fatto che la sentenza sembra appartenere alla tipologia del "forse no".
Dal punto di vista pratico, il cambio d'uso da residenziale a turistico-ricettivo è abbastanza costoso e questo di certo non favorisce i costosi interventi di recupero di questi antichi manufatti agricoli, doverosamente protetti dalla Soprintendenza ai monumenti (non ho fatto i conti, ma suppongo che sarebbe meno costoso il cambio d'uso da produttivo a turistico-ricettivo e di più quello da agricolo a turistico-ricettivo).
Post di Dario Meneguzzo - avvocato
Sentenza CDS 8348 del 2021
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