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Schema di regolamento regionale recante gli indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale adottato con DGRV 38/CR del 07/05/2013 ed inviato alla commissione consiliare competente

14 Mag 2013
14 Maggio 2013

Pubblichiamo copia della deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n. 38 del 7 maggio 2013, contenente la richiesta del parere della commissione consiliare sullo schema di regolamento regionale recante gli indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale, ai sensi dell'articolo 4, comma I, della legge regionale 28 dicembre 2012, n. 50 recante "Politiche per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto".

CR 38 - indirizzi commerciale

 

Cosa penso del nuovo testo dell’art. 44, comma 5, della L.R. 11/2004

09 Mag 2013
9 Maggio 2013
L' Art. 44 – Edificabilità, della L.R. 11/2004, al comma uno stabilisce che: "1. Nella zona agricola sono ammessi, in attuazione di quanto previsto dal PAT e dal PI, esclusivamente interventi edilizi in funzione dell'attività agricola, siano essi destinati alla residenza che a strutture agricolo-produttive così come definite con provvedimento della Giunta regionale ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera d), n. 3. ".
Questa è la regola generale.
L'art. 44 prevede poi una serie di eccezioni, e al comma 5 - nel testo ora vigente - prevede:
5. Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43. Sono sempre consentiti, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria, gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale.

A mio avviso quindi le previsioni del comma 5 sono "speciali" rispetto alla regola generale del comma 1.

Il TAR Veneto nella sentenza n. 605 del 2012  aveva espresso peraltro l'orientamento:"....La derivazione di più unità immobiliari da un originario edificio è viceversa permessa dal comma 5 del predetto art.44 L.R. 11/2004, laddove consente, in zona agricola, gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui alla lettera d), art. 3, del D.P.R. 380/2001...".

 La Circolare Regionale n. 2 del 15 gennaio 2009 prevedeva altresì:

“....5. Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43. Sono sempre consentiti gli interventi di cui alle lettere a), b) e c) dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di case di abitazione fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria.”.

La novità di tale disposizione consiste nell’aver introdotto, tra gli interventi sempre consentiti, anche l’ampliamento fino ad 800 mc., comprensivi dell’esistente e nel rispetto della tipologia originaria. In primo luogo occorre specificare che l’ampliamento è ammesso a favore di tutti coloro che possiedono una casa di abitazione in zona agricola, a prescindere dall’essere o meno imprenditore agricolo e indipendentemente dall’esistenza di un annesso rustico e che l’intervento è possibile solamente sull’edificio oggetto di ampliamento, escludendosi quindi la possibilità di realizzare l’intervento su altri edifici ancorchè situati nella medesima corte agricola. Si fa inoltre presente che l’ampliamento citato trova applicazione esclusivamente a favore degli edifici che, alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 4 del 2008, risultano essere già case di abitazione (e quindi possedere l’agibilità).

Si evidenzia inoltre che la richiesta di ampliamento può essere presentata contemporaneamente ad altre richieste di intervento consentito dalle vigenti norme, da valutarsi da parte del comune (ad es. ristrutturazione ed ampliamento).

Infine, si conferma quanto già definito con la circolare n. 1 del 2007 “Al fine di evitare interpretazioni della norma che potrebbero vanificarne la ratio, si precisa che l’ampliamento concesso di 800 mc va riferito all’immobile/edificio considerato nella sua totalità; eventuali successivi frazionamenti del medesimo non consentono ulteriori ampliamenti di ciascuna frazione così ottenuta. Nell'ipotesi di più case aggregate in un processo avvenuto nel corso degli anni e costituenti un edificio del tipo a schiera, l'ampliamento è ammissibile per ciascuna delle "case" costituenti la schiera. Tale indirizzo risulta conforme alla disciplina fino a oggi applicata nelle zone agricole, posto che la disposizione attuale non differisce rispetto alle previgenti normative (L.R. nn. 58/78 E 24/85).

La disposizione vale esclusivamente per gli edifici non oggetto di tutela da parte dello strumento urbanistico generale. Invero, per tali edifici, individuati quali beni culturali e ambientali ai sensi dell’articolo 10 della L.R. n. 24/85 e disciplinati da specifiche norme di piano regolatore generale, sono confermate le possibilità di intervento previste nello strumento urbanistico vigente”.

Infine, in relazione al concetto di “tipologia originaria”, la scelta del legislatore è rivolta al mantenimento delle forme tradizionali locali dell’edilizia rurale, in coerenza con le scelte di piano vocate alla valorizzazione dell’assetto territoriale tipico delle zone agricole. Per tali motivi possono essere consentiti interventi che, pur se non totalmente rivolti a mantenere l’originario aspetto dell’edifico, rispettino in ogni caso le caratteristiche tipologiche della edificazione rurale e del contesto insediativo in cui tali edifici si inseriscono, componendosi armonicamente con l’edificio esistente....".

La novella normativa rafforza conseguentemente il potere di pianificazione dei comuni nel disciplinare gli interventi in zona agricola in eccezione alla previsione generale dell'art. 44, comma 1 della L.R. 11/2004, prevedendo opportunamente che è consentito: "...l’ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale...".

La norma quindi nel prevedere quasi un automatismo nella facoltà di ampliamento di edifici da destinarsi all'abitazione, detta una precisa condizione e precisamente che vi sia un'esplicita previsione nello strumento urbanistico comunale che consenta la destinazione abitativa, ovviamente in eccezione ai casi già disciplinati dal comma 1 dell'art. 44 LR 11/2004.

La norma novellata si raccorda conseguentemente sul piano logico con il primo periodo del comma 5 dell'art. 44, ove è previsto che:"Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43".

 A sua volta l'art. 43 della L.R. 11/2004 Tutela del territorio agricolo nel Piano Regolatore Comunale, prevede che:

 - il piano di assetto del territorio (PAT) individua le modalità d'intervento per il recupero degli edifici esistenti
 - il piano degli interventi (PI) individua le destinazioni d'uso delle costruzioni esistenti non più funzionali alle esigenze dell'azienda agricola.
 Il "Sono sempre consentiti..." andrebbe quindi letto unitamente alla condizione:"...purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale..."
Conclusivamente è da ritenere che spetta al Piano degli Interventi, a norma dell'art. 43 della L.R. 11/2004, consentire o meno e con quali eventuali limiti, la destinazione abitativa delle costruzioni esistenti in zona agricola.
 Il PI di Verona, ad esempio, prevede che gli interventi di ristrutturazione edilizia in zona agricola possano prevedere anche la modifica della destinazione d’uso legittimamente preesistente a destinazione residenziale nel limite massimo di 400 mq. di SUL per ogni Unità Edilizia.
Geom. Daniele Iselle

Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) – Adozione variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica

07 Mag 2013
7 Maggio 2013

L.R. 23 aprile 2004, n. 11art. 25 e art. 4

La variante parziale al Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) per l'attribuzione della valenza paesaggistica, adottata con deliberazione della Giunta Regionale n. 427 del 10 aprile 2013 [Pdf - 61Kb], è stata pubblicata nel Bollettino ufficiale n. 39 del 3 maggio 2013.

Ai sensi del comma 5, dell'art. 25 della Legge regionale n. 11 del 2004, entro centoventi giorni dalla pubblicazione dell'avvenuto deposito di cui al comma 4 del medesimo articolo, gli enti locali, le comunità montane, le autonomie funzionali, le organizzazioni e le associazioni economiche e sociali, nonché chiunque ne abbia interesse, possono presentare alla Giunta regionale osservazioni e proposte.

 

 

Ai sensi dell’art. 29, comma 2, della L.R. 11/04, dall’adozione del PTRC o di sue eventuali varianti e fino alla loro entrata in vigore, e comunque non oltre cinque anni dalla data di adozione, i Comuni sono tenuti a sospendere ogni determinazione sulle domande relative ad interventi di trasformazione edilizia e urbanistica che risultino in contrasto con le prescrizioni contenute nel piano.

 


Avviso di Deposito.

Allegato A
Scheda Valutatore n. 10 del 20 marzo 2013 [Pdf - 30Kb]
Allegato A1
Parere n. 10 del 20 marzo 2013 [Pdf - 1,2 Mb]
del Comitato previsto ai sensi del II comma dell’art. 27 della LR 11 del 2004

Allegato B
Relazione illustrativa 
[Pdf - 4,6Mb]

Allegato B1 - Elaborati grafici:
Tav. 01c Uso del suolo – Idrogeologia e Rischio Sismico [Pdf - 2,9Mb]
Tav. 04 Mobilità [Pdf - 8,4Mb]
Tav. 08 Città, motore di futuro [Pdf - 5,3Mb]
Tav. 09 Sistema del territorio rurale e della rete ecologica (n. 23 tavole):

Allegato B2
Rapporto Ambientale – Sintesi non tecnica [Pdf - 45Mb]

Documento di valutazione di incidenza [Pdf - 8,9Mb]

Allegato B3
Documento per la pianificazione paesaggistica comprendente [Pdf - 29,2Mb]:

 1. Ambiti di paesaggio
 2. Quadro per la ricognizione dei beni paesaggistici
 3. Atlante ricognitivo
 4. Sistemi di valori:
   4.1 I siti patrimonio dell’Unesco
   4.2 Le Ville Venete
   4.3 Le Ville del Palladio
   4.4 Parchi e giardini di rilevanza paesaggistica
   4.5 Forti e manufatti difensivi
   4.6 Archeologia industriale
   4.7 Architetture del Novecento

Allegato B4 - Norme Tecniche [Pdf - 1,5Mb]

Cosa vuol dire la Regione Veneto con la modifica all’art. 44, comma 5, L.R. 11/2004 operata con l’art. 34 della L.R. 3/2013?

03 Mag 2013
3 Maggio 2013

Art. 34

Modifica dell’articolo 44 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11

“Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio”

1. Il comma 5 dell’articolo 44 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 e successive modificazioni, è così sostituito:

“5. Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43. Sono sempre consentiti, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria, gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale.”.

2. Per la realizzazione di uno specifico monitoraggio sul recupero a fini abitativi degli edifici esistenti in zona agricola, è autorizzata la spesa di euro 5.000,00.

3. Agli oneri derivanti dall’applicazione del presente articolo, quantificati in euro 5.000,00 per l’esercizio 2013, si fa fronte con le risorse allocate nell’upb U0085 “Studi ricerche ed indagini al servizio del territorio” del bilancio di previsione 2013.

 Quanto da me sottolineato nel nuovo testo è la variazione introdotta rispetto al precedente comma 5 dell’art. 44 della L.R.n. 11/2004 e s.m.i.;

ma questo stà a significare che se ho un pollaio in zona agricola posso ampliarlo fino a 800 mc. e poi trasformarlo in abitazione??? Ma robe da matti….bhè se la sua risposta è affermativa, non ho più parole per definire questo “porcile urbanistico”.

Geom. Seragiotto Tobia – edilizia privata/urbanistica del Comune di Brendola (Vi)

Quando il PAT incide su aspettative assistite da una speciale tutela o da uno speciale affidamento è illegittimo se non è motivato

30 Apr 2013
30 Aprile 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 621 del 2013, già allegata al post che precede, ha ritenuto illegittmo il PATi per difetto di motivazione.

Scrive il TAR: "In particolare risulta fondato il primo motivo di ricorso, laddove si lamenta il difetto di motivazione dell’art. 19.2.5, che imprime all’area della Meccanica Masi una disciplina eterogenea rispetto alla generalità della Z.I.P., disciplina volta alla riconversione ed al blocco di nuovi interventi, andando così ad incidere su di una aspettativa qualificata dell’odierna ricorrente.

2.1. Posto che, secondo la consolidata giurisprudenza, i Comuni godono di un ampio potere discrezionale in materia urbanistica, e che l'adozione di un atto di programmazione territoriale avente rilevanza generale non esige una specifica motivazione delle singole determinazioni assunte, in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano urbanistico. Posto ancora che, in sede di controllo di legittimità, non è consentito al giudice amministrativo di entrare nel merito delle scelte pianificatorie, salvo che siano inficiate da errori di fatto o da vizi evidenti di illogicità e contraddittorietà; sicché anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso.

Ciò premesso, la stessa giurisprudenza, ritiene necessaria un'apposita e specifica motivazione quando le classificazioni preesistenti siano assistite da specifiche aspettative, in capo ai rispettivi titolari, fondate su atti di contenuto concreto, come quelle che traggono origine da un piano di lottizzazione approvato, da accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree, oppure da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia (Cfr., fra le tante, Cons. Stato, n. 133/2011; n. 7492/2010; n. 2545/2010; n. 4166/2005; n. 2386/2003).

Pertanto, va ricordato che, conformemente al consolidato orientamento giurisprudenziale, quando lo strumento urbanistico incide su aspettative assistite da una speciale tutela o da uno speciale affidamento, è necessaria una motivazione specifica sulla nuova destinazione conferita alle aree interessate

Ebbene, ritiene il Collegio che nel caso di specie sussisteva in capo alla Meccanica Masi una posizione di aspettativa qualificata, meritevole di specifica considerazione, al mantenimento della destinazione preesistente del lotto acquistato, cui occorreva corrispondere con una puntuale e specifica motivazione.

Ciò risulta evidente, ad avviso del Collegio, ove si consideri che la ditta ricorrente, nel 2002, non ha operato un semplice acquisto, dal Consorzio Z.I.P. (costituito dalla Provincia, dal Comune e dalla Camera di Commercio di Padova), di un lotto di terreno edificabile, bensì ha operato un acquisto mirato e vincolato all’edificazione di un complesso produttivo. Questa era infatti la causa concreta dell’atto di acquisto stipulato il 21 giugno 2002, come evincibile dal disciplinare per l’assegnazione delle aree nella zona industriale e portuale di Padova, adottato dal Consorzio e richiamato nell’atto di acquisto. Anzi, in tale disciplinare si prevede che l’area assegnata dovrà essere utilizzata esclusivamente per l’edificazione di stabilimenti industriali, ed addirittura, che le superfici rimaste inutilizzate entro il periodo di sei anni dalla data di stipulazione del contratto di vendita potranno essere rivendicate dal Consorzio. E d’altra parte tale previsione è coerente con la disciplina urbanistica dell’area Z.I.P. impressa dal legislatore del 1969, che ha inteso creare un’area formata da terreni espropriati ai proprietari privati, da destinare esclusivamente e necessariamente all’impianto di stabilimenti industriali. A ciò si aggiunga che il prezzo di vendita del lotto era comprensivo anche degli oneri di urbanizzazione, trattandosi di area già urbanizzata.

Pertanto, dal complesso degli elementi appena considerati emerge che la posizione della Meccanica Masi non è parificabile a quella di un qualsiasi cittadino proprietario di un’ area edificabile, avendo essa un preciso diritto – dovere, derivante dal contratto, dal disciplinare e dalla legge, a realizzare un insediamento produttivo. Piuttosto, la posizione della stessa appare assimilabile a quella del soggetto parte di una convenzione di lottizzazione.

In conclusione, la specificità del caso era tale da determinare un affidamento consolidato nel mantenimento della disciplina urbanistica esistente come impressa addirittura a livello legislativo nazionale, oltre che a livello regolamentare e di piano regolatore generale. Tale posizione di affidamento è confliggente con la scelta delle amministrazioni procedenti di escludere l’area di proprietà della Meccanica Masi dagli “Ambiti di urbanizzazione consolidata con destinazioni prevalentemente produttive – commerciali – direzionali” di cui all’art. 19.2.2, per inserirla, invece, nell’ “Ambito di riconversione e riqualificazione” di cui al successivo art. 19.2.5., con l’effetto di bloccare nuovi interventi di edilizia industriale.

Ne consegue che la scelta pianificatoria - di congelare lo sviluppo della zona Z.I.P., solo con riferimento all’ara residuale all’interno della quale ricade la proprietà della ricorrente, lasciando invece invariate, per la massima parte della zona Z.I.P., le facoltà edificatorie - doveva essere motivata, in maniera incisiva e singolare, con l’indicazione delle ragioni di pubblico interesse che avevano indotto le amministrazioni procedenti all’adozione di tale scelta.

Ritiene il Collegio che, sotto tale profilo, la motivazione addotta dal P.A.T.I. sia, invece, totalmente assente, pur in presenza di una consistente compressione delle aspettative, in questo caso della Meccanica Masi, assegnataria del lotto rimasto ancora inedificato e ricompreso nell’ambito di riconversione.

Né può dirsi, come sostengono le amministrazioni resistenti, che tale scelta pianificatoria sia stata giustificata dall’intenzione di formare, per mezzo delle aree della zona Z.I.P. più periferiche, come quella della ricorrente, una sorta di “zona cuscinetto” con la zona abitata. Posto che tale finalità non risulta espressa nel piano ed in ogni caso, dall’esame della “carta della trasformabilità” allegata al P.A.T.I., risulta che insediamenti residenziali sono presenti anche in prossimità di altre parti periferiche dell’area Z.I.P. (v. quelle finitime poste a sud di Corso Stati Uniti) le quali, diversamente, mantengono intatte la loro concreta destinazione industriale e le facoltà connesse, ricadendo nell’ ambito di urbanizzazione consolidata di cui all’art. 19.2.2.

3. In conclusione, il ricorso deve essere accolto essendo fondato il primo motivo di gravame".

Il PATI può contenere disposizioni operative e di dettaglio (anche senza avere individuato gli ATO?)

30 Apr 2013
30 Aprile 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 621 del 2013 esamina alcune questioni in materia di PAT e PATI.

La ricorrente è proprietaria di un compendio immobiliare sito nella zona industriale del Comune di Padova, dotato di una superficie complessiva di 2.605 mq sulla quale insiste uno stabilimento industriale.

In particolare, tale area si trova all’interno del perimetro della Zona Industriale e Porto Fluviale di Padova (Z.I.P.), istituita direttamente dal legislatore nazionale con L. n. 158/1958, attualmente disciplinata dalla L. n. 739/1969, e gestita dal Consorzio Zona Industriale e Porto Fluviale di Padova (di cui sono soci il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio di Padova).

A livello comunale l’area è disciplinata dall’art. 21 delle N.T.A. del P.R.G., che, oltre a dettare disposizioni per la “zona industriale”, detta anche disposizioni specifiche per le aree incluse nel perimetro della Zona Industriale e Porto Fluviale.

Con la delibera impugnata la Giunta della Provincia di Padova ha approvato, ai sensi degli artt. 15 e 16 della legge regionale n.11/2004, il piano di assetto del territorio intercomunale (P.A.T.I.) della Comunità Metropolitana di Padova.

Con tale strumento, l’area ricompresa all’interno della Z.I.P. è stata prevalentemente assoggettata alla disciplina di cui all’art. 19.2.2 delle Norme tecniche, rubricato “Ambiti di urbanizzazione consolidata con destinazioni prevalentemente produttive – commerciali – direzionali”, sostanzialmente confermativa della regolamentazione esistente.

Invece, l’area della ricorrente è stata assoggettata alla disciplina prevista dall’art. 19.2.5, avente ad oggetto gli “Ambiti di riqualificazione e conversione”, per cui, in vista di una possibile riconversione dell’area volta ad eliminare l’attuale uso industriale, fino all’adozione del piano degli interventi, è stata ivi, sin da subito, impedita la realizzazione di nuove unità immobiliari.

La ricorrente lamentava l’illegittimità della delibera impugnata, tra gli altri motivi, anche perchè avrebbe violato gli  artt. 13, lett. k) 16 e 17 della L.R.V. n. 11/2004, perchè il P.A.T.I. non  contenere disposizioni operative e di dettaglio (come invece contenute nell’art. 19.2.5, laddove si introducono limiti specifici all’attività edilizia) se non prima di aver individuato gli Ambiti Territoriali Omogenei.

Su questo punto il ricorso non è stato accolto dal TAR.

Scrive, infatti, il TAR: "Infatti, come affermato da questa sezione (sent. n. 2954/2010), relativamente ad un caso analogo, in base all’art. 13 lett. k) della L.R. n. 11/2004, il P.A.T. può inserire anche disposizioni di dettaglio o comunque immediatamente conformative della proprietà, com’è quella impugnata in questa sede. La ricorrente sostiene tuttavia, che nel caso di specie tale possibilità sarebbe preclusa dalla mancata individuazione dei singoli Ambiti Territoriali Omogenei. Il Collegio rileva come tale affermazione non corrisponda al vero, in quanto il P.A.T.I. detta una disciplina differenziata per singoli ambiti, che vengono poi specificamente raffigurati con diverse colorazioni nella carta della trasformabilità".

sentenza TAR Veneto 621 del 2013

Nuovo scontro tra il Governo e la Regione Veneto sulla VAS (L.R. 50/2012 sul commercio e L.R. 55/2012 sullo sportello unico)

22 Apr 2013
22 Aprile 2013

Sul BUR n. 35 del 19 aprile 2013 sono stati pubblicati due nuovi ricorsi del Governo contro le leggi regionali venete in materia di VAS.

In particolare, col ricorso n. 36 il Governo chiede che la Corte Costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi gli artt. 17, 18, 19, 22 e 26 della legge della Regione Veneto 28 dicembre 2012, n. 50, intitolata "Politiche per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto", pubblicata nel B.U. Veneto 31 dicembre 2012, n. 110, per contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione.

Col ricorso n. 39 il Governo chiede che la Corte Costituzionale voglia dichiarare l’illegittimità dell’art. 4 e 16 della Legge Regionale 31.12.2012, n. 55, recante "Procedure urbanistiche semplificate di sportello unico per le attività produttive", per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lett. e) ed s) della Costituzione.

Non sarebbe il caso che la Regione Veneto si mettesse una mano sulla coscienza e intervenisse immediatamente con una modifica legislativa, senza bisogno di farsi annullare anche queste leggi, visto il caos in cui si trovano gli operatori?

Dario Meneguzzo

Ricorsi VAS

 

Chi sono i “familiari” previsti dal Piano casa?

19 Apr 2013
19 Aprile 2013

Chi sono i familiari previsti dal Piano casa?

L’articolo 8 della l. r. Veneto 9 ottobre 2009 n. 26, successivamente modificato dall’articolo 7 della l. r. Veneto 8 luglio 2011 n. 13, contiene un’interpretazione autentica degli articoli 7 e 9 della l. r. Veneto 8 luglio 2009 n. 14 (c.d. Piano casa), disponendo che:

Per “prima abitazione del proprietario” di cui all’articolo 7 della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 e “prima casa di abitazione” di cui al comma 3, comma 4, comma 6 e comma 7 dell’articolo 9 della medesima legge, si intendono le unità immobiliari in proprietà, usufrutto o altro diritto reale in cui l’avente titolo, o i suoi familiari, risiedano oppure si obblighino a stabilire la residenza ed a mantenerla almeno per i ventiquattro mesi successivi al rilascio del certificato di agibilità”.

La legge, tuttavia, non specifica il concetto di familiari: essi, dunque, comprendono solo il coniuge ed i figli o anche gli altri parenti e/o affini?

Il Comune di Malo, nella deliberazione della Giunta comunale del 28.11.2011 n. 58, recante: “Legge regionale n. 14/2009 “piano casa” come modificata dalla legge regionale n. 13/2011. approvazione delle modalità di applicazione del “piano casa” nel territorio del comune di malo”, nell’allegato A, contenente le “Modalità applicative - Legge Regionale 13/2011 “Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e modifiche alla L. R. 12/07/2007 n. 16 in materia di barriere architettoniche”, adempimenti di competenza comunale ai sensi dell’art. 6 comma 1 e art. 8 comma 4 della stessa L.R.13/2011”, sancisce che: “Prima casa di abitazione: si intendono le unità immobiliari in proprietà, usufrutto o altro diritto reale in cui l’avente titolo, o i suoi familiari, risiedano oppure si obblighino a stabilire la residenza ed a mantenerla almeno per i ventiquattro mesi successivi al rilascio del certificato di agibilità. Per familiari si intendono i parenti entro il primo grado (genitori e figli) così come definiti dall’art. 59, 1, lett. e) del D.Lgs. 446/97” (art. 2, lett. h)).

L’articolo da ultimo citato prevedeva che: “Con regolamento adottato a norma dell'articolo 52, i comuni possono: (...) e) considerare abitazioni principali, con conseguente applicazione dell'aliquota ridotta od anche della detrazione per queste previste, quelle concesse in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale, stabilendo il grado di parentela”.

 Il D.L. 6.12.2011 n. 121, convertito con modificazioni dalla l. 22.12.2011 n. 214, tuttavia, ha abrogato la lettera e) dell’art. 59 del D. Lgs. 446/1997.

 Una soluzione potrebbe essere l’applicazione analogica al c.d. Piano casa di quanto previsto dall’art. 5, c. 5, D.P.R. 22.12.1986 n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) secondo cui:Si intendono per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado”?

Qualcuno ha altre soluzioni?

dott. Matteo Acquasaliente

Delibera ed Allegato A del Comune di Malo

 

La Corte Costituzionale dichiara illegittimo anche l’art. 3 della legge della Regione Veneto 27 dicembre 2011, n. 30 (orari del commercio e chiusura domenicale e festiva)

16 Apr 2013
16 Aprile 2013

La Regione Veneto continua a collezionare pronunzie della Corte Costituzionale che dichiarano illegittime leggi regionali venete, per violazione delle prerogative legislative statali.

Evidentemente dopo un po' ci si prende gusto a farsi bastonare dalla Corte, a prescindere dai problemi e dai danni che un simile andazzo crea ai governati.

Questa volta la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 65 del del giorno 8 aprile 2013, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3 della legge della Regione Veneto 27 dicembre 2011, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali).

Ripotiamo di seguito cosa stabiliva l'articolo 3:

"Art. 3 - Orari di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio.
1. Gli orari di apertura e di chiusura al pubblico delle attività di commercio al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo e dei criteri emanati dai comuni, sentite le organizzazioni delle imprese del commercio, dei consumatori e dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative.
2. Le attività di commercio al dettaglio possono restare aperte al pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette alle ore ventidue e osservano la chiusura domenicale e festiva. Nel rispetto di tali limiti l'esercente può liberamente determinare l'orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio.
3. L’esercente è tenuto a rendere noto al pubblico l’orario di effettiva apertura e chiusura del proprio esercizio mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione.
4. Le attività di commercio al dettaglio derogano all’obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell’anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell’anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano.
5. Decorso un anno dall’entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, sulla base dell’esito della sperimentazione, sentite le rappresentanze degli enti locali e le organizzazioni di cui al comma 1, previo parere della competente commissione consiliare, può ridisciplinare le disposizioni di cui al comma 4.
6. Nei comuni a prevalente economia turistica e nelle città d’arte, individuati ai sensi della legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62“Individuazione dei comuni a prevalente economia turistica e delle città d’arte ai fini delle deroghe agli orari di vendita” e successive modificazioni, gli esercenti determinano liberamente gli orari di apertura e di chiusura e possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva. I comuni possono individuare le zone del territorio e i periodi di maggiore afflusso turistico, nei quali gli esercenti possono esercitare la facoltà di cui al presente comma, secondo le modalità definite dalla medesima legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62 .
7. Fatta eccezione per le zone del territorio e i periodi di maggiore afflusso turistico dei comuni a prevalente economia turistica e delle città d’arte, individuati ai sensi della legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62 , è prevista la chiusura obbligatoria degli esercizi di vendita al dettaglio nelle seguenti festività: 1° gennaio, Pasqua, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 25 dicembre.
8. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche di cui al titolo X del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59” e successive modificazioni, come attuato con la legge regionale 6 aprile 2001, n. 10“Nuove norme in materia di commercio su aree pubbliche” e successive modificazioni.
9. Le disposizioni di cui al comma 2 e di cui al comma 7 non si applicano alle attività di commercio al dettaglio collocate all’interno delle stazioni ferroviarie, porti e aeroporti".
 
Scrive la Corte Costituzionale: "La questione relativa all’art. 3 della legge reg. n. 30 del 2011 è fondata. La norma impugnata detta una serie di rilevanti limitazioni e restrizioni degli orari e delle giornate di apertura e di chiusura al pubblico delle attività di commercio al dettaglio. Essa, infatti, prevede che «Le attività di commercio al dettaglio possono restare aperte al pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette alle ore ventidue e osservano la chiusura domenicale e festiva. Nel rispetto di tali limiti, l’esercente può liberamente determinare l’orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio» (comma 2); «Le attività di commercio al dettaglio derogano all’obbligo di chiusura settimanale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell’anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell’anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano» (comma 4).
Tali disposizioni si pongono in contrasto con la disciplina statale in materia di orari e giornate di apertura e chiusura degli esercizi commerciali e, in particolare, con l’art. 3, comma 1, lettera d-bis), del d.l. 14 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, così come modificato dall’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, che ha stabilito che le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), e di somministrazione di alimenti e bevande siano svolte senza il limite del rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio. Tale ultima modifica è stata oggetto di impugnazione da parte di numerose Regioni che hanno lamentato la violazione della competenza legislativa residuale in materia di commercio ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. Questa Corte, con sentenza n. 299 del 2012, ha ritenuto non fondate le questioni di costituzionalità sollevate dalle Regioni ricorrenti, dovendosi inquadrare l’art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011 nella materia «tutela della concorrenza».
Ne consegue che l’art. 3 della legge reg. n. 30 del 2011 viola l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.".
Dario Meneguzzo

Il P.A.T. è illegittimo per violazione dell’art.78 del d.lgs. n.267/2000 se non si astengono i consiglieri aventi specifici interessi

15 Apr 2013
15 Aprile 2013

Lo afferma la prima sezione del Consiglio di Stato nel parere numero 02332/2012 in data 17/05/2012, riguardante un ricorso straordinario.

Scrive il Consiglio di Stato che il ricorrente sostiene: "che la delibera consiliare di adozione del P.A.T sia illegittima per violazione dell’art.78 del d.lgs. n.267/2000, in quanto è stata adottata all’esito di una votazione cui hanno preso parte ben 5 consiglieri aventi specifici interessi propri o di parenti o affini sino al quarto grado correlati al contenuto del P.A T. In relazione a tale censura il Comune di Gallio si è limitato a evidenziare che non sussiste la lamentata correlazione tra le prescrizioni contenute nel P.A.T e gli interessi specifici dei consiglieri comunali in quanto il P.A.T. stesso avrebbe un contenuto meramente programmatorio delle linee di assetto e sviluppo del territorio, mentre il piano degli interventi(P.I) disciplinerebbe le relative disposizioni operative urbanistiche correlate agli interessi dei singoli cittadini... Nel merito il ricorso è meritevole di accoglimento, in quanto la delibera di adozione del P.A.T n. 61 del 21 dicembre 2007 è avvenuta violazione dell’art.78 del decreto legislativo n.267/2000, avendo alcuni consiglieri, pur titolari di una pluralità di interessi propri o di parenti o affini, non solo partecipato alla discussione del P.A.T senza dichiarare la sussistenza di propri interessi, ma anche alla votazione esprimendo voto favorevole all’adozione del P.A.T. Né può essere fatto valere quanto sostenuto dal Comune in merito al carattere meramente programmatorio del P.A.T , atteso l’evidente vantaggio immediato derivato dall’attribuzione di vocazione edificatoria ai fondi di proprietà dei consiglieri medesimi o loro parenti o affini. Ne discende la illegittimità della deliberazione del Consiglio comunale n.61 del 21 dicembre 2007 e conseguentemente della deliberazione di ratifica della Giunta regionale del Veneto n.103 del 27 gennaio 2009 e di ogni atto presupposto e/o di esecuzione e/o preparatorio e/o connesso e/o consequenziale rispetto agli atti impugnati".

Gallio_parere Consiglio Stato

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